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ingroia io ci sto bigdi Giorgio Bongiovanni - 22 dicembre 2012
Abbiamo incontrato Antonio Ingroia 12 anni fa prima ancora che uscisse il primo numero di Antimafia Duemila, conoscevamo già il suo profondo legame con Paolo Borsellino e il suo grande impegno antimafia. In tutti questi anni abbiamo seguito attentamente il suo lavoro: dal processo Contrada al processo Dell’Utri, dal procedimento penale contro Mario Mori al processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, fino alla clamorosa inchiesta sulla trattativa Stato-mafia.

In questo arco di tempo abbiamo assistito agli attacchi indecenti nei confronti della sua persona e di quei giudici che insieme a lui stavano cercando di mettere il pratica l’insegnamento basilare per ogni magistrato e cioè che la legge è uguale per tutti. Abbiamo visto potenti collusi e conniventi con Cosa Nostra scagliarsi contro di lui attraverso modalità congeniali a menti criminali e ad apparati dello Stato-mafia. Allo stesso modo abbiamo assistito allo stillicidio di sproloqui da parte dei vari servi e quaquaraquà che nell’accanirsi contro di lui hanno tentato di uscire dal cestino nel quale erano relegati per rivestire un “ruolo” e diventare finalmente “qualcuno”. Nel momento in cui Ingroia ha deciso di partire per il Guatemala abbiamo analizzato profondamente le ragioni di quel suo allontanamento temporaneo che erano totalmente estranee a qualsivoglia  “fuga” così come ad una scelta di “carriera”. Più volte abbiamo manifestato i nostri timori per la sua incolumità a fronte di un sistema di potere che – da sempre – respinge magistrati integerrimi come lui arrivando anche all’eliminazione fisica qualora rappresentino un “pericolo” o un “ostacolo” al proseguimento di una trattativa criminale fondata su stragi, omicidi e ricatti che non si è mai interrotta. Più volte abbiamo scritto sulle ambigue similitudini con il passato che hanno caratterizzato gli attacchi trasversali nei suoi confronti: a partire dal Csm e dall’Anm che, attraverso azioni dal sapore pilatesco, se non addirittura attraverso modalità palesemente denigratorie, hanno contribuito al suo isolamento e alla sua sovraesposizione. Ci siamo sempre riconosciuti in quel suo essere al di fuori da “clichè” pseudo istituzionali che, con la scusa di una magistratura “imparziale”, circoscrivono i magistrati dentro un recinto, fuori dal dibattito della “polis”. Ed invece, mai come in questo momento, c’è il bisogno di essere parte attiva della “polis”. L’attuale impoverimento dell’Italia rispecchia fedelmente l’imbarbarimento della nostra classe politica e ancora prima della nostra classe dirigente. Se un Presidente della Repubblica come Giorgio Napolitano arriva ad attaccare la procura di Palermo per paura che le sue intercettazioni con Nicola Mancino possano divenire pubbliche siamo ad un passo dal baratro istituzionale. C’è la necessità impellente di un nuovo rinascimento, di una nuova primavera che spazzi via il grigiore che ammorba la politica nel senso più nobile del termine. Ed è per questo motivo che insieme a tutta la redazione di Antimafia Duemila ci riconosciamo profondamente nel manifesto “Io ci sto” che vede Antonio Ingroia tra i suoi promotori. Condividiamo totalmente i dieci punti elencati e rimarchiamo con forza quelli per i quali ci sentiamo impegnati quotidianamente. Anche noi vogliamo una politica antimafia nuova che abbia come obiettivo ultimo non solo il contenimento, ma l’eliminazione della mafia, e la colpisca nella sua struttura finanziaria e nelle sue relazioni con gli altri poteri, a cominciare dal potere politico. Con grande determinazione vogliamo ugualmente che la legalità e la solidarietà siano il cemento per la ricostruzione del Paese. Allo stesso modo anche noi vogliamo che la questione morale aperta in Italia diventi una pratica comune e non si limiti alla legalità formale, mentre ci vogliono regole per l’incandidabilità dei condannati e dei rinviati a giudizio per reati gravi.
Ecco perchè ci schieriamo con quella parte sana del Paese che intende fare un passo in avanti verso questo progetto di rinascita. Indubbiamente sarà una strada di ricostruzione irta e faticosa, ma come diceva il grande giornalista ucciso dalla mafia Pippo Fava:  “a che serve vivere se non c’è il coraggio di lottare?”. Ai promotori del manifesto “Io ci sto” così come ai promotori dell’appello “Cambiare si può” - al quale aderiamo ugualmente - chiediamo di inglobare tra i loro propositi un programma di politica internazionale contro la guerra, senza se e senza ma, che dovrà essere portato avanti da coloro che li rappresenteranno in Parlamento. L’eventuale candidatura di Antonio Ingroia all’interno di un movimento civico rappresenta decisamente una rottura con il sistema partitocratico del passato, nell’arco di una settimana si saprà se sarà confermata. Siamo certi che tutto il suo impegno a favore della verità e della giustizia profuso in questi anni all’interno della magistratura continuerà sotto un’altra veste mentre i suoi colleghi del pool porteranno avanti l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Di fronte allo scempio della Costituzione perpetrato dal centrodestra con il silenzio-assenso dei dirigenti di quello stesso Pd che oggi non contempla alcun dialogo con i promotori del manifesto “Io ci sto” ritenendo che, anche a fronte della querelle su Napolitano, le posizioni che porta avanti Ingroia sulla giustizia “non siano condivisibili” non resta che sostenere con forza, ognuno con il proprio ruolo, chi intende difendere la Carta Costituzionale mettendoci la faccia in questo progetto.
Noi ci stiamo!

Giorgio Bongiovanni
e tutta la redazione di Antimafia Duemila

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