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di Giuseppe Pipitone - Intervista
L'ex procuratore aggiunto di Milano, che ha lasciato la magistratura da un anno e mezzo, commenta lo scontro che ha animato il mondo politico giudiziario: "Se Di Matteo ha chiesto 48 ore di tempo per scegliere, va da sè che il ministro, per la sua qualità istituzionale, ha l'obbligo di mantenere ferma questa doppia scelta per 48 ore. Quindi nel frattempo è accaduto qualcosa". Cosa? "Io non credo abbia subito pressioni, magari semplicemente qualcuno l'ha convinto"

Lo scontro tra Nino Di Matteo e Alfonso Bonafede? “Il ministro deve chiarire perché non ha mantenuto quell’impegno preso con il magistrato”. Cioè? “Deve spiegare cosa è successo e per quale motivo. Perchè non ha aspettato le 48 ore di tempo che gli erano state chieste, prima di modificare la sua proposta? Se ha cambiato idea sul vertice del Dipartimento amministrazione penitenziaria è lecito, ma perché non ne spiega il motivo? È questo il punto centrale della vicenda”. A voler commentare con ilfattoquotidiano.it il botta e risposta che ha animato il mondo della giustizia nelle ultime ore, è un ex magistrato che di scontri tra toghe ne ha vissuto qualcuno in prima persona. Alfredo Robledo, ex procuratore aggiunto di Milano, è stato per mesi al centro di un feroce conflitto con quello che all’epoca era il suo procuratore capo: Edmondo Bruti Liberati.
Uno scontro aspro, con Robledo che nel 2016 era stato trasferito dal Csm al Tribunale di Torino in veste di giudice, Bruti Liberati che lo aveva denunciato per abuso d’ufficio. E l’ex aggiunto che da parte sua aveva fatto ricorso al Tar e pure alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro le decisioni del Csm. “Lei lo sa che la Cedu ammette mediamente il 4% dei ricorsi che vengono presentati? Tra quel 4% c’è il mio”, commenta oggi Robledo, che dal dicembre del 2018 ha deciso di lasciare la magistratura per diventare presidente dell’impresa Sangalli, azienda di servizi ambientali con più di mille dipendenti. Ha appeso la toga al chiodo a pochi anni dalla pensione, ma ovviamente ha continuato a guardare da lontano il mondo giudiziario. Lo stesso che nelle scorse ore è stato animato dallo scontro tra Di Matteo e Bonafede.

Dottor Robledo, ha detto di essere stato colpito dal botta e risposta Di Matteo-Bonafede. Colpito da cosa in particolare?
Dalla disinvoltura con la quale il ministro è passato sopra quest’episodio. Come se non fosse successo nulla di particolare.

In realtà Bonafede, tra le altre cose, si è detto esterrefatto.
Ed è curioso.

Perché?
Perché nel momento in cui un ministro della giustizia fa una proposta a un collega del livello di Di Matteo, e gli dice che ha una doppia possibilità di scelta, tra due incarichi prestigiosi, deve attendere la risposta mantenendo nel frattempo intatta quella proposta.

Cosa che non è avvenuta?
Se Di Matteo chiede 48 ore di tempo per scegliere, va da sè che il ministro, per la sua qualità istituzionale, ha l’obbligo di mantenere ferma questa doppia scelta per 48 ore. Una volta che, passate le 48 ore, Di Matteo avesse comunicato la sua scelta, il ministro avrebbe potuto agire di conseguenza affidando l’altro incarico a un altro magistrato. Così non è stato, visto che – nella ricostruzione di entrambi – il guardasigilli prima chiede a Di Matteo di scegliere tra Dap e ministero, poi gli spiega di preferirlo agli Affari generali del suo dicastero. E intanto ha già contattato un altro magistrato per il vertice dell’Amministrazione penitenziaria.

Quindi?
Quindi è chiaro che nel frattempo è accaduto qualcosa. Il ministro ha fatto un’altra scelta, senza avvertire Di Matteo che erano cambiate le condizioni. E quindi contraddicendo la propria parola. E questa è una scorrettezza.

Bonafede, però, dice che in un primo momento era convinto di aver incassato il via libera del magistrato per il posto agli Affari generali del ministero.
Va bene, ma il ministro oggi deve chiarire perché non ha mantenuto quell’impegno preso con Di Matteo. Deve spiegare cosa è successo in quelle 48 ore e per quale motivo ha cambianto idea. A meno che non si tratti di qualcosa non cofessabile, ma credo proprio di no.

Magari ha semplicemente cambiato idea.
Bene, legittimo. Ma allora oggi spieghi perché. Deve rendere trasparente un comportamento che così lascia delle ombre.

di matteo robledo vertical c imagoeconomica 1084804Secondo lei, preso atto che Di Matteo voleva andare al Dap, Bonafede avrebbe potuto semplicemente chiedere a Basentini di scegliere un altro incarico?
Certamente, ma questo sarebbe potuto accadere se ci fosse stata soltanto una sorta di leggerezza del ministro. Cioè se si fosse fatto scappare una proposta a un altro magistrato quando ancora aspettava la risposta di Di Matteo. Invece evidentemente in quelle 48 ore è accaduto qualcosa per cui il ministro ha preso una decisione che non ha voluto revocare. E che oggi non spiega.

Si è parlato delle minacce dei mafiosi sull’ipotesi di Di Matteo capo del Dap. Quelle parole però erano già note a Bonafede da giorni, quando ha avanzato la sua proposta al magistrato. Come avrebbe potuto farsi influenzare ex post? Questa ricostruzione a livello cronologico non può reggere, non crede?
Intanto vorrei dire che se i mafiosi non sono contenti quando sentono il nome di Di Matteo, questo mi sembra un segno di salute dello Stato. Ma a maggior ragione, proprio perché ci sono di mezzo i mafiosi e le loro parole, il ministro doveva essere chiaro e spiegare i motivi della sua scelta.

Bonafede in ogni caso nega qualsiasi tipo di pressione.
Io non credo abbia subito pressioni, magari semplicemente qualcuno l’ha convinto sulla necessità di nominare Di Matteo al ministero e un altro magistrato al Dap. Ripeto: tutto assolutamente legittimo. Ma se ha legittimamente cambiato convincimento non c’è alcun motivo ostativo affinché possa chiarirne i motivo. E invece non lo fa.

In molti hanno attaccato Di Matteo per aver raccontato questa vicenda quasi due anni dopo. Lei che ne pensa? Non è un po’ tardi?
Da parte di Di Matteo è stata una tempistica necessitata, perché avrebbe dovuto intervenire prima? Si trattava di una questione interna, ma adesso che viene data un’indicazione pubblica diversa allora è comprensibile che abbia deciso di porre il problema.

Ovviamente questa vicenda ha avuto riflessi sul mondo della politica ma anche dentro al Csm, di cui Di Matteo fa parte. I consiglieri laici eletti dal M5s a Palazzo dei Marescialli hanno fatto una nota per dire che gli esponenti del Csm devono “osservare continenza e cautela” quando esprimono “le proprie opinioni”. Che ne pensa?
Io penso che Di Matteo abbia avuto misura e garbo, come sempre. Contrariamente a quello che si vuole fare passare, Di Matteo non ha lanciato accuse verso alcuno, ha parlato di fatti. Secondo me non ha travalicato alcuna misura, anzi è stato misurato come è nel suo carattere e come sempre ha fatto. La strumentalizzazione politica si mette in moto sempre in queste occasioni ed è normale che sia così. Ciò non toglie che, come diceva Nenni, i fatti sono testardi.

Lei ha lasciato la magistratura ormai più di un anno fa: le manca la toga?
Mi manca il mondo che ho conosciuto nei primi 35 anni in magistratura. Non quello degl ultimi cinque. Non mi manca quel mondo, però mi mancano le persone. Anzi: alcune persone.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

Foto © Imagoeconomica

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