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di Gian Carlo Caselli
I sacrifici, i patimenti e le morti dei partigiani hanno avuto come risultato quel riscatto in termini di dignità, libertà ed uguaglianza che è la nostra Costituzione Repubblicana

Sempre gli stessi gesti, sempre le stesse parole. Le ricorrenze comportano questo rischio. Non sarà così il 25 aprile di quest’anno. Le molte, troppe ferite nei corpi e nelle anime causate dall’emergenza Covid-19 sono ancora incombenti. Stare insieme fisicamente è impossibile: ed ecco che si moltiplicano le iniziative per ritrovarsi, ma virtualmente, una modalità assolutamente nuova, a ricordare la Resistenza.
Prove di quel coraggio e di quella fiducia che Aldo Moro, in altri terribili frangenti, aveva evocato con le parole: “Se fosse possibile dire saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani, credo che tutti accetteremmo di farlo. Ma non è possibile. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà”.
Non occorre essere un portento di perspicacia per stabilire che la Resistenza è una vicenda complessa che si può leggere in vari modi, a seconda del profilo scelto. Se ne diamo una lettura parcellizzata, ferma ad un singolo segmento, ecco nascere valutazioni confliggenti. Ma se la lettura è complessiva, risulterà innegabile - parafrasando Italo Calvino - che anche il più idealista, il più onesto, il più dolce dei repubblichini si batteva per una causa sbagliata, la dittatura. Mentre anche il più ignaro, il più balordo, il più spregiudicato dei partigiani si batteva per una causa giusta, la democrazia.
Usa dire che ormai i morti sono morti e che la morte li ha resi tutti uguali. E’ giusto, com’è giusto sforzarsi di costruire pace fra tutti gli italiani. Nel rispetto però della verità e della storia, vale a dire tenendo ben salda la distinzione tra chi ha combattuto per la dittatura e chi invece ha combattuto per la libertà: la libertà di tutti, anche di quelli che erano dall’altra parte.
Dalle violenze, dalle torture, dalle rappresaglie, dalle discriminazioni e dalle guerre dei nazi-fascisti nasce la Resistenza. I sacrifici, i patimenti e le morti dei partigiani hanno avuto come risultato quel riscatto in termini di dignità, libertà ed uguaglianza che è la nostra Costituzione Repubblicana.
Dopo i disastri della dittatura fascista (provocati da un signore che amava indossare divise confezionate in orbàce nero; che ogni tanto si affacciava a un balcone gonfiando il petto e indurendo le mascelle; che voleva comandare tutto lui, da solo), gli italiani si sono detti che bisognava evitare in futuro che potesse ancora esserci un uomo solo al comando. E 556 eletti dal popolo hanno lavorato sodo per 18 mesi, elaborando insieme - nell’Assemblea Costituente - la Costituzione del ’48. A scriverla sono stati uomini e donne che la pensavano in maniera tutt’affatto diversa: socialisti, comunisti, democristiani, liberali, azionisti, repubblicani, monarchici, cattolici, laici, credenti e non credenti…C’era di tutto.
Dirà Calamandrei: “Sotto questa Costituzione ci sono tre firme che sono un simbolo, De Nicola, Terracini, De Gasperi. Tre nomi, tre idee, tre concezioni che costituiscono le correnti più importanti del nostro Paese. Vuol dire che intorno a questo Statuto si è formato il consenso dell’intero popolo italiano”.
Questo è il valore della nostra Costituzione. Non è l’imposizione di qualcuno sugli altri. È il consenso di tutti.
Sta in questa unità il formidabile propellente, valido ancora oggi, della Costituzione, se la intendiamo come un programma per una “democrazia emancipante”: dove lo “status” del cittadino comprende non solo il diritto di voto, ma anche il diritto a condizioni di vita decorose e civili, anche per i disoccupati ed i precari, anche per gli anziani, i malati, i meno protetti, gli stranieri onesti, i poveri.
Questo il lascito della Resistenza, che va ricordato con orgoglio ogni 25 Aprile. E difeso. Soprattutto se si profilano tentativi di chiudere la stagione costituzionale per tornare ad un vecchio modello, nel quale status e libertà dei cittadini dipendono non dalle regole uguali per tutti, ma dai rapporti di forza.
Tentativi che potrebbero rispuntare quando si dovranno affrontare le difficoltà della ricostruzione dopo i terribili guasti della pandemia.
(25 aprile 2020)

Tratto da: liberainformazione.org

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