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È morto il capo di Avanguardia nazionale
di Gianni Barbacetto
Cuore nero o cuore di Stato? “Er Caccola” si è sempre presentato come un “soldato politico”, puro militante della destra fascista che lavora per la “rivoluzione nazionale”. Molti dei suoi stessi camerati - primo fra tutti Vincenzo Vinciguerra, all’ergastolo per la strage di Peteano - lo accusavano di farsela invece con gli apparati dello Stato che diceva di combattere, di trescare con i servizi segreti, di essersi messo al servizio dell’Alleanza atlantica e della Cia.
È morto ieri, Stefano Delle Chiaie: aveva 82 anni, era ricoverato al Vannini di Roma.
Fascista, “er Caccola”. A 14 anni aderisce al Movimento sociale italiano, sezione Appio-Tuscolano di Roma. A 20 anni lascia il Msi per seguire Pino Rauti che fonda Ordine nuovo. Nel 1962 non gli basta neppure On e si costruisce un movimento su misura, Avanguardia nazionale. Ordine nuovo e Avanguardia nazionale saranno il vivaio della “guerra non ortodossa” combattuta in Italia a suon di attentati e stragi da attribuire ai “rossi”, per poi tentare il golpe che avrebbe ristabilito l’ordine. Viene teorizzata nel 1965 in un convegno all’hotel Parco dei Principi, a Roma, organizzato dall’istituto Pollio, espressione degli ambienti militari italiani e atlantici. Ha una prima applicazione l’anno successivo, quando lo Stato (l’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno, regno dell’ineffabile Federico Umberto D’Amato) paga e fa stampare “manifesti cinesi” che inneggiano a Mao e attaccano il Pci. Ad attacchinarli sui muri delle città italiane sono le squadre nere di Delle Chiaie e di Ordine nuovo. Poi la parola passa alle bombe. Bombe “rosse”, nel 1969, sui treni, alla stazione Centrale di Milano, alla Fiera. In realtà nere: sono sempre On e An a entrare in azione. Fino all’attentato del 12 dicembre. Nel gruppo anarchico del colpevole designato, Pietro Valpreda, è infiltrato Mario Merlino, fascista e amico di “er Caccola”. Un anno dopo, Delle Chiaie guida la squadra di An che, durante il tentato golpe Borghese, la notte del 7 dicembre 1970 entra in armi fin dentro il Viminale. Sarà uno sconosciuto massone di nome Licio Gelli a ordinare ai golpisti (su input Usa?) la ritirata. Indagato per piazza Fontana, Delle Chiaie scappa nella Spagna franchista, poi nell’America latina delle dittature militari. Non sta con le mani in mano. Forma gruppi paramilitari per combattere l’Eta basca in Spagna e per la repressione nel Cile di Pinochet. Specialista in “lavori sporchi”, “er Caccola”: in Italia e all’estero, per conto di poteri che lo hanno usato mentre lui si vantava di usarli. Dopo la strage dell’Italicus (1974), il suo camerata Augusto Cauchi, generosamente finanziato da Gelli, fugge dall’Italia e all’estero si rifugia proprio da lui. Delle Chiaie è inseguito dalle indagini, ma mai raggiunto dalle sentenze, anche quando, arrestato a Caracas, viene riportato in Italia. Non ci sono prove sufficienti per gli attentati del 1969 a Roma contemporanei alla bomba di piazza Fontana; per gli attentati ai treni al Sud; per le attività eversive ben documentate dal giudice Guido Salvini; per la strage di Bologna. Colleziona assoluzioni.
Torna in azione nei primi anni Novanta, quando scoppia una nuova strategia della tensione. Mani pulite fa esplodere il sistema dei partiti della Prima Repubblica e Delle Chiaie fonda la Lega Nazionale Popolare, che si propone di dare vita - insieme a massoni e ai mafiosi di Leoluca Bagarella impegnato nelle stragi del 1993 - a una Lega del Sud che con la Lega di Bossi provi a spartirsi il Paese. È il momento cruciale della trattativa Stato-mafia. Poi il progetto Lega del Sud, o Lega delle Leghe, tramonta, dopo che Marcello Dell’Utri s’impegna, con Forza Italia, a dare uno sbocco più sicuro alla crisi. Quante storie sotterranee avrebbe potuto raccontare “er Caccola”. Se le porta nella tomba per sempre.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano