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davigo piercamillo c imagoeconomicadi Piercamillo Davigo
L’ex pm di Mani pulite ora al Csm: “Deterrenza contro chi fa causa sapendo di avere torto”

Pubblichiamo stralci dell’intervento pronunciato da Piercamillo Davigo, in rappresentanza del Csm, all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Torino.

Il Consiglio superiore della magistratura si è insediato il 25 settembre 2018, ancora nuovissimo, ma la sua attività ha segnato delle discontinuità rispetto alla precedente consiliatura. Il primo dato di difformità riguarda le nomine degli incarichi direttivi e dei semidirettivi degli uffici giudiziari.

Il precedente consiglio, anche in conseguenza dell’abbattimento dell’età pensionabile da 75 a 70 anni, ha proceduto alla nomina di oltre mille direttivi. Si diceva durante la campagna elettorale per il Csm che questo sarebbe stato il consiglio delle conferme e non più il consiglio delle nomine. Purtroppo non è così perché sia per le continue vacanze determinate dall’età o dalle dimissioni, non soltanto ci sono più di cento nomine da effettuare, ma ce ne saranno altre cento.

È intervenuto un atteggiamento più collaborativo nel rispetto delle regole e non nelle ripartizioni dei posti. Se c’era una cosa che io trovavo insopportabile erano le nomine all’unanimità nelle cosiddette nomine a pacchetto che qualche volta nascondevano l’oscuro patto: uno a me, uno a te e uno a lui. Siamo investiti anche dall’ondata di ritorno degli annullamenti da parte del giudice amministrativo di numerose nomine effettuate dal precedente consiglio. Anche qui è cambiata radicalmente la posizione del Csm: anziché cercare di resistere contro la decisione del giudice amministrativo limitandoci a rimotivare le delibere di nomina, riesaminiamo ex novo la pratica tenendo conto delle indicazioni dei Tar e del Consiglio di Stato senza però che questo possa significare l’azzeramento della discrezionalità del Csm. L’attenzione verso le esigenze dei distretti è massima. Per esempio in via d’urgenza è stata pubblicata la copertura delle vacanze del distretto di Genova dopo il luttuoso avvenimento che avrà conseguenze sul carico di lavoro giudiziario rilevantissime.

Vorrei aggiungere che dovremmo fare bene a ricercare con pazienza una collaborazione stretta tra Csm, le singole corti e soprattutto col ministero della Giustizia per evitare che ottime intenzioni possano portare a guasti. Qualunque incremento di organico se non è accompagnato dall’arrivo effettivo dei magistrati ha come conseguenza l’aumento delle scoperture. Forse sarebbe il caso di rimeditare la norma che consente la pubblicazione dei posti vacanti e quelli che si renderanno vacanti nell’anno successivo. (…) Da quando un posto viene bandito a quando un magistrato inizia a esercitare passano quattro anni. Questo significa che abbiamo costantemente una scopertura d’organico. (…) Un’altra nota sulla giurisprudenza disciplinare. (…) C’è stata un’inversione di tendenza perché sono aumentate di molto le assoluzioni per i ritardi nel deposito di provvedimenti. Nella situazione della giustizia italiana a me sembra sia come contestare di avere le scarpe slacciate a chi è sopravvissuto a uno tsunami. Il più delle volte i ritardi nei depositi dei provvedimenti riguardano magistrati che lavorano più degli altri. In compenso c’è stato un particolare rigore nei confronti di comportamenti gravi. (…) Sento parlare di giustizia da quando ho cominciato a indossare la toga. Tutti gli anni si scopre che, salvo piccoli miglioramenti locali, la situazione è sempre la stessa. Addirittura quando c’erano risorse avevamo raddoppiato il numero di magistrati, del personale amministrativo e delle dotazioni finanziarie, ma il contenzioso è triplicato.

Correre dietro a una domanda di giustizia patologica con l’aumento dell’offerta non serve a niente. Ogni incremento di produttività viene immediatamente riassorbito dalla crescita della domanda. Allora è necessario introdurre adeguate deterrenze contro chi agisce o resiste in giudizio sapendo di avere torto. (…) Non possiamo far finta che non esistano impugnazioni dilatorie e qualche volta temerarie. Sono stato per più di 30 anni in Cassazione e il 15% dei ricorsi erano contro sentenze di patteggiamento. È una cosa indegna. In altri Paesi comporterebbe conseguenze gravi per chi propone questo tipo di impugnazioni. E allora, se pur io approvo gli interventi normativi in materia di prescrizione, penso che non possano andare disgiunti dall’introduzione di efficaci rimedi contro la proposizione di impugnazioni dilatorie. Come avviene ad esempio in Francia, dove solo il 40% delle sentenze di condanna viene appellato, mentre in Italia pressoché tutte, per la semplice ragione che in Francia non esiste il divieto di ‘reformatio in peius’.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

Foto © Imagoeconomica

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