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lucano domenico c imagoeconomicadi Simona Musco - Intervista
Per l’ex sindaco di Riace l’unica alternativa alla disumanità e al tradimento della Costituzione è la ribellione dei sindaci. Il decreto sicurezza ha fatto già le sue vittime. E quella italiana è una società allo sbando, come previsto da Pasolini

"La disumanità sta prendendo il sopravvento e Salvini è solo la punta dell’iceberg di una società alla deriva. I sindaci ribelli rappresentano un sussulto d’orgoglio da parte di chi non vuole essere complice". Domenico Lucano non può farlo, ma se non fosse stato sospeso dal ruolo di primo cittadino di Riace di sicuro sarebbe stato dalla stessa parte di Leoluca Orlando, Luigi De Magistris, Giuseppe Falcomatà e tutti quelli che hanno deciso di non applicare il decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Non può, ma di fatto il suo modo di amministrare Riace, città dell’accoglienza, rappresenta l’antitesi politica della strategia leghista, che vuole lo straniero come pericolo e non come risorsa. Una strategia oggi al potere, contro la quale, secondo Lucano - costretto al divieto di dimora per un’indagine della procura di Locri che lo accusa, tra le altre cose, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina - "l’unica via è la ribellione".

Sindaco, cosa ci dobbiamo aspettare ora che il decreto sicurezza da lei tanto temuto è legge?
Non voglio risultare retorico o banale, ma che cosa ci possiamo aspettare? Era ben delineato questo processo che ci avrebbe portato a far sì che uno o tanti, in nome di una presunta legalità, mettessero l’odio e la disumanità al potere. Come dice adesso Salvini? il decreto è stato approvato anche dal presidente della Repubblica e che ci piaccia o no è legge. E che ci piaccia o no lui ha raggiunto il vertice del potere politico e mai, penso, nella storia repubblicana c’è stata una cosa così.

Così come?
Con quale disinvoltura viene ripreso mentre mangia, con quale spregio una persona che ha questo ruolo e sa che da una sua decisione dipende la vita delle persone più deboli fa propaganda sui social. È convinto che facendo del male alle persone, odiando, tuteli gli italiani. Come può dormire di notte una persona che dal 22 di dicembre non permette a donne e bambini, che hanno maggiori difficoltà a resistere al disagio, ma in generale a tutte le persone che sono su quella nave, di poter toccare la terraferma? Dove vuole portarli, in Libia, dove non si sa che fine faranno?

Quindi per lei il decreto è incostituzionale come sostengono alcuni suoi colleghi?
C’è una serie di reati che vengono commessi in nome della legalità. Non c’è rispetto dei diritti costituzionali, perché si reca un danno agli esseri umani. La nostra Costituzione è la cosa più bella del mondo, scritta anche col sangue, per tutelare il rispetto dei diritti umani. Ma si sta venendo meno a tanti principi, anche nel periodo natalizio, quando avrebbe dovuto prevalere maggiormente il sentimento umano.

Salvini per lei sarebbe l’unico responsabile?
È la disumanità che sta prendendo il sopravvento e lui è solo la punta dell’iceberg di una società alla deriva. Aveva ragione Pasolini: il totalitarismo perfettamente realizzato è quello della civiltà dei consumi, che ha ridotto le persone a pura materialità, a comportamenti coatti. Da qui si spiega perché ha tanto consenso. Ed è per questo che non ha remore a dire quelle cose.

"C’è una serie di reati che vengono commessi in nome della legalità"


C’è un’alternativa all’odio?

Certo e la storia di integrazione vissuta a Riace lo dimostra. Quando dico che vorrei una società in cui nessuno può dichiararsi autoctono lo faccio perché voglio rispetto per tutti gli esseri umani. Lo spazio che qualcuno sta prendendo venendo dal mare è lo spazio che qualcun altro ha lasciato vuoto. Perché dovrebbe essere un reato? Nessun pezzo di terra ci appartiene.

Che clima vede in Italia?
È un paese alla deriva. Quando queste persone che fanno dell’odio il loro mantra vengono intervistate non nascondono il loro sentimento e le loro intenzioni. Dicono anzi di voler proseguire. Come con la legittima difesa, ad esempio: stiamo diventando un paese di armi, odio, catene e luoghi chiusi. Una vera tristezza. Ma il decreto sicurezza ha già provocato queste conseguenze. È un processo politico che è partito prima delle elezioni e ha già portato i suoi effetti devastanti. È un decreto di disumanità, contro la Costituzione e la giustizia, gli esseri umani e la loro dignità.

Cosa ne pensa di questi sindaci che si stanno esponendo contro il decreto sicurezza?
Rappresentano un sussulto di orgoglio, la volontà di non essere complici, in nessun modo, di quella che è la vera illegalità. Se fossi stato ancora in carica avrei subito aderito alla loro protesta, avrei disatteso questa legge, tanto cosa potrebbero farmi ancora rispetto a quanto non mi abbiano già fatto? Un giorno si dovranno vergognare di aver scritto queste brutte pagine, di aver creato le reti dell’onda nera.

Qual è la sua controproposta politica?
Non ci vuole molto: noi sentiamo sulla nostra pelle le ingiustizie, come diceva Che Guevara, sentiamo di non riuscire a rimanere insensibili rispetto ai drammi che vivono gli altri esseri umani. Così comincia il cambiamento: con la ribellione di pochi. Anche io ho fatto la mia parte come ho potuto e ognuno deve fare la propria. C’è indignazione, ma c’è anche speranza di poter andare verso un’altra dimensione e Riace ha insegnato che è possibile. Quella è la mia proposta politica.

Ma può bastare una manciata di sindaci a cambiare le cose? Basta dire “non ci sto”?
Questa protesta deve dilatarsi, perché il numero dei sindaci che hanno aderito per ora è esiguo.

E cosa possono fare concretamente?
Devono unirsi per demolire dal punto di vista giuridico il decreto. C’è una giurisprudenza molto incerta sul tema dell’immigrazione. Il decreto Minniti, ad esempio, ha ridotto da due a uno le possibilità di fare appello contro il diniego della protezione, cosa incostituzionale in un Paese che prevede tre gradi di giudizio. E se non ci fosse stata questa legge, Becky Moses sarebbe ancora viva.

Cioè?
Becky ha lasciato Riace dopo il diniego ed è finita alla tendopoli di Rosarno, dove è morta per un incendio. Avremmo dovuto insistere per tenerla da noi, in qualche modo: sarebbe ancora viva. Ma quando ho fatto la riunione con gli operatori, all’epoca, si sono dimostrati tutti molto cauti di fronte alla possibilità di fare qualcosa per trattenere lei e gli altri nella sua situazione.

Non potevate più per legge.
Ho capito che la burocrazia ha sempre una interpretazione restrittiva e chi amministra preferisce mettersi al sicuro e dire: “me ne frego degli altri”. Invece la tensione dovrebbe essere al contrario: capire come far passare legalmente certi principi, la tutela delle persone, non chiudere la partita di fronte alla burocrazia. Avrei voluto spostare Becky nello Sprar, dopo la chiusura del Cas, ma mi hanno detto che non era possibile.

Cosa dovrebbero fare questi sindaci, dunque?
Orlando, Nardella, De Magistris e gli altri non fanno altro che ciò che mi ritrovavo a dover fare ogni giorno: combattere contro questa burocrazia. Se non hai i documenti diventi invisibile, rischi di tornare nelle carceri libiche. Bisogna fare leva sul contrasto di questa norma con la Costituzione, con le leggi sui diritti umani. Non possiamo chiudere gli occhi in questo modo su un fenomeno migratorio che è provocato dagli occidentali, come se queste persone venissero a fare turismo o una crociera, mentre noi “a casa loro” ci andiamo per saccheggiare, imporre armi, guerra e dittature politiche.

"Permettono al ministro dell’Interno di essere intervistato mentre dice a tutti che l’unica alternativa è l’odio per proteggere gli italiani, che siamo una razza eletta"


Dovrebbero diventare maggioranza?

Quando lo siamo stati abbiamo visto com’è andata a finire. Col potere si perdono, poi, certe spinte. Non basta, però, limitarsi allo scontro: bisogna unirsi e creare un’opposizione politica, sociale, non solo limitarsi a dire che non ci sta bene. Il decreto sicurezza è autoritario, basato su misure repressive e ci fa ripiombare nel fascismo. Devono insistere, coinvolgere più sindaci, scardinare il decreto.

Servirebbero altre Riace?
Sì. A me è capitato per caso di entrare dentro questa storia: a Riace non ci sono porti, ma è stato il vento a portare da noi i migranti, gli sbarchi. Questa umanità arrivata da noi per una casualità e questo ha permesso di dire che è possibile un’altra via, una via cristiana.

A proposito di cristianità: la Chiesa non dovrebbe fare nulla?
C’è anche una Chiesa ribelle, quella di padre Alex Zanotelli, del vescovo Giancarlo Bregantini, di don Massimo Biancalani. Io sono un sindaco ribelle, sono orgoglioso di essere così. Se siamo tutti in silenzio vuol dire che c’è una passiva accettazione di ciò che è disumano, vuol dire che siamo indifferenti. Invece siamo amareggiati, prevale la tristezza dell’anima. Cosa conto io da solo? Nulla, sono una sola persona. Ma dentro questa amarezza, insieme agli altri, posso cambiare le cose.

Cos’è per lei il suo paese?
Spesso dico che è come se avessimo fatto una piccola opera d’arte. C’era questa mescolanza umana, in questo borgo, dove insieme alle donne vestite di nero c’erano le donne con il velo. Era strana questa geografia umana per i paesini del sud, arroccati, con queste stradine strette, dove però era racchiuso un intero mondo. Rappresentava la consapevolezza che ognuno di noi ha gli strumenti per costruire un mondo migliore.

Molti migranti hanno lasciato Riace dopo la chiusura del progetto da parte del Viminale. Come hanno reagito all’aut-aut del ministero?
In tanti vogliono tornare. Molti sono in attesa che chiuda lo Sprar, sono nelle nuove realtà assegnate loro dal Viminale, ma i titolari di protezione umanitaria e i richiedenti asilo hanno la consapevolezza che saranno lasciati soli. Ma visto che si parla sempre degli italiani, bisogna ricordare che questo decreto comporta danni proprio a quegli italiani che lavoravano in questi progetti e che ora vivono un serio disagio, perché hanno perso il lavoro.

E lei come si sente per aver dovuto lasciare il suo paese?
Ora che non c’è più il bando sui rifiuti, che è uno dei provvedimenti che mi ha creato problemi con la giustizia, ora che hanno chiuso lo Sprar, perché non ci posso ancora mettere piede? Qual è il pericolo? Cosa ho fatto di male per non poter andare a Riace? Prima dell’accoglienza il mio paese era noto per la ‘ndrangheta, per gli spargimenti di sangue. Che male ho fatto io, averlo fatto conoscere in tutto il mondo? Aver detto che non è solo dimensione di mafia? Non è giusto. E poi, però, permettono al ministro dell’Interno di fare del male, di fare quello che vuole della legge, di essere intervistato mentre dice a tutti che l’unica alternativa è l’odio per proteggere gli italiani, che siamo una razza eletta. Sono elementi razziali, elementi che vanno contro la Costituzione. Ed io mi dovrei vergognare?

Tratto da: linkiesta.it

Foto © Imagoeconomica

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