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bombardieri giovanniIntervista al procuratore aggiunto Bombardieri
di Claudia Strangis - Video
Lamezia Terme. Partendo dalle prime operazioni che hanno colpito le cosche lametine fino alle ultime in ordine di tempo, con l’arresto di colui che è considerato il killer dell’avvocato Francesco Pagliuso: un’intervista a 360 gradi con il procuratore aggiunto di Catanzaro Giovanni Bombardieri, in forza alla Procura dal 2012, dopo essere stato sostituto a Roma e prima ancora Gip a Locri.
Inizialmente si è occupato dell’area ionica, dagli inizi del 2014 si occupa anche di quella tirrenica, in cui è compreso anche il territorio lametino, dove ha operato, insieme ai colleghi, in maniera pervasiva e incisiva. Poco dopo questa intervista è arrivata la sua nomina all’unanimità da parte della Commissione per la carica di nuovo Procuratore di Reggio Calabria, dopo che Cafiero de Raho è diventato Procuratore Nazionale Antimafia.
Con lui abbiamo fatto un’analisi del lavoro di questi ultimi anni, per capire a che punto è la situazione criminalità: ha sempre ribadito il suo impegno e quello delle forze di polizia sulla città e il suo territorio ma h
a anche ribadito come serva la collaborazione di tutti e il risveglio e l’impegno della società civile.

Da quando è diventato procuratore aggiunto a Catanzaro ha coordinato tante operazioni contro la criminalità organizzata. A che punto è la lotta alla ‘ndrangheta a Lamezia e vede una reazione positiva da parte della città?
“A Lamezia, come in altri circondari, la Dda di Catanzaro ha inciso parecchio, nel senso che ha portato avanti una serie di operazioni giudiziarie che hanno inciso sulla criminalità organizzata esistente in questo territorio.
A Lamezia la Dda ha operato in maniera sistematica e non episodica, ci sono state tutte queste operazioni fin dal 2011 che, fino ad oggi, hanno riguardato tutte le compagini criminali operanti a Lamezia. Le cosche storiche sono state tutte quante oggetto di attività giudiziaria e di questo siamo particolarmente contenti, perché è stata un’attività a tutto campo. Il collega Elio Romano ha svolto un lavoro egregio, occupandosi non di singoli atti criminali o di singole frange ma di tutte le cosche che operano sul territorio in maniera pervasiva e violenta, con guerre di ‘ndrangheta che hanno anche inciso sugli equilibri criminali di quell’area.Lamezia è un territorio particolare e lo dimostra il fatto che in questi ultimi anni abbiamo avuto un emergere di collaboratori che non ha eguali in tutto il distretto, sia numericamente che per importanza. La ‘ndrangheta non è stata sconfitta ma fronteggiata con colpi importanti, la sconfitta non può passare, infatti, solo dalla parte giudiziaria ma anche dalla società civile. Perché quando noi interveniamo, siamo già nella patologia, la ‘ndrangheta si è dimostrata, si è affermata, la sconfitta passa soprattutto dalla prevenzione di tutti quei fenomeni criminali.
Ciò che evidenziamo è anche la loro capacità di rigenerarsi. Un rinnovo, un germogliare di queste cosche storiche attraverso l’opera di ragazzi molto giovani, come emerso anche nelle recenti operazioni vedi “Nuove leve”, “Filo rosso”, “Crisalide”: soggetti che sono riferibili a cosche storiche sono sconosciuti, sconosciuti perché all’epoca erano ragazzini che hanno cercato di riconquistare quello spazio che lo Stato aveva sottratto alle cosche storiche.
Il territorio è stato bonificato, ma se non vi è la collaborazione della società civile, non solo attraverso la denuncia, che deve essere l’effetto ultimo di una consapevolezza, dell’importanza del ribellarsi alla criminalità organizzata, ma anche e soprattutto il rifiuto di queste logiche di connivenza e di copertura delle organizzazioni criminali”.

Ha citato l’operazione Crisalide, che a breve approderà anche alla fase processuale, che ha sgominato la compagine dei Cerra-Torcasio-Gualtieri ma che ha visto il coinvolgimento di due ex consiglieri di Lamezia. Un’operazione che diede il là anche all’arrivo della Commissione d’accesso al Comune. Lei parlò più volte di spregiudicatezza. Le chiedo, anche in base a quanto emerso nel corso delle indagini, quanto è radicato il rapporto, l’interscambio, tra politica e ‘ndrangheta?
“Non bisogna confondere i piani di intervento che sono completamente diversi: piano giudiziario, amministrativo e di pubblica sicurezza. Come direzione distrettuale abbiamo perseguito dei fatti specifici di criminalità e collusione di soggetti politici, perché in questo caso non è corretto parlare di collusione tra forze politiche e criminalità, la collusione è fra singoli soggetti e appartenenti alla ‘ndrangheta. Purtroppo è quello che abbiamo constatato.
Crisalide interviene contro i giovani dei Cerra-Torcasio-Gualtieri, dopo che già si erano avute le precedenti operazioni, come Chimera, e dopo che già c’era stato un accertamento giudiziario, di una realtà criminale che era nota a tutta la società civile di Lamezia, quindi assistere alla ricerca del consenso da parte di questi soggetti, è evidente che fa pensare che a nulla è servito l’intervento giudiziario degli anni precedenti se ancora alcuni soggetti che si presentano alle elezioni fanno a gara per rivolgersi a queste cosche e, addirittura, si presentano a casa di questi soggetti per richiederne l’appoggio elettorale, è evidente che c’è qualcosa che non funziona. Perché posso pensare ad un rivolgersi ad un soggetto di cui non ho la piena consapevolezza della sua intraneità a cosche criminali. Ma, da come emerso dagli atti, rivolgersi, addirittura con accorgimenti e addirittura per non farsi identificare, per l’appoggio politico di alcuni soggetti, è evidente che è spregiudicato. Il termine spregiudicatezza non può che far pensare a questo.
Questo non vuol dire che tutta la società civile di Lamezia sia compromessa, ci sono tante forze nuove, di associazioni, di giovani, che sono pulite e hanno voglia di liberarsi di questa nomea di “città della criminalità organizzata”.

Tornando agli imprenditori, purtroppo sono stati molti i casi in cui ad una denuncia in fase iniziale, non è corrisposto altrettanto in fase processuale. Diversi i casi di commercianti o imprenditori che hanno ritrattato davanti al giudice, alcuni di loro rischiando anche il processo.
“Questo è un meccanismo complesso, che va dalla paura, forse, alla rassegnazione. Questa è la cosa più sbagliata che ci possa essere, pensare di non essere importanti nel meccanismo di riconquista delle proprie libertà sociali ed economiche. Purtroppo è vero, si sono verificati questi casi, procedendo anche nei confronti di alcune persone che in un primo momento hanno denunciato per poi ritrattare. Ne prendiamo atto: è un segno di mancata crescita, il segno di mancata consapevolezza del proprio ruolo, è quello che combattiamo.
Combattere la ‘ndrangheta non è solo arrestare gli ‘ndranghetisti ma creare consapevolezza dell’importanza dell’affermazione della legalità. In questo la società civile deve essere forte rimanendo al fianco di chi si ribella, perché la lotta alla criminalità passa anche da questo: non abbandonare chi ha il coraggio di prendere una posizione e, purtroppo, abbiamo assistito anche a questo.
L’isolamento è il peggiore pericolo nella lotta alla criminalità organizzata. Perché lasciare soli chi ha il coraggio di ribellarsi è l’errore più grande che possa fare la società civile. È questo in un momento storico in cui nessuno chiede a nessuno di fare l’eroe, si tratta di assumersi le proprie responsabilità, non demandare agli altri una responsabilità che ci appartiene singolarmente e nella società civile”.

Un fenomeno che si evidenzia è che la ‘ndrangheta ha uomini chiave in diversi settori, una infiltrazione a tutti i livelli.
“La pervasività della ‘ndrangheta è proprio questo. Le estorsioni si palesano attraverso le assunzioni dei propri sodali, attraverso l’ottenimento dei vantaggi per la propria società, far ottenere ad una attività commerciale di rifornirsi dei propri servizi, delle proprie merci rispetto ad un libero mercato, una libera concorrenza. Ha assunto forme nuove e sofisticate, vantaggi economici che si realizzano in maniera diversa”.

Si può parlare di mercato del lavoro drogato?
“Certo nel momento in cui alcune catene commerciali, ribadisco ciò non riguarda Lamezia ma in generale, svolgono gli investimenti in determinati settori, c’è un inquinamento della economia libera, un inquinamento che evidentemente va a discapito degli operatori commerciali onesti, che opera con personale assunto regolarmente, che pagano le tasse e per i quali il costo del mercato del lavoro incide in maniera netta. Così spesso si tende a dire che un’attività appartenente alla criminalità prima lavorava in un certo modo ma che dopo il sequestro comincia ad andare in perdita e alla fine rischia la chiusura.
Questo però è un problema più ampio: accade infatti che con la criminalità queste attività commerciali avevano un costo pari a zero o comunque bassissimo, mentre in mano allo Stato hanno un costo del lavoro che corrisponde a quello legale. Dire che con la criminalità la gente lavora è la cosa più errata che ci possa essere, perché al guadagno di quel giorno, non corrisponderà mai il pagamento di quel lavoratore per la vita, ed è quello che poi richiede un mercato del lavoro sano”.

Ci sono state, nel corso degli ultimi anni, diverse inchieste che hanno riguardato alcune Fondazioni. Sono queste terreno fertile per generare consenso?
“È evidente che già con le indagini che hanno riguardato Calabria Etica, Calabria Verde o in ultimo Calabresi nel mondo, si è dimostrato come questi enti, che sono enti in house, strumentali della Regione, purtroppo in alcuni casi hanno costituito un serbatoio di fondi che sono stati destinati a favorire determinati soggetti. E ciò evidentemente con uno scambio clientelare. Già nelle contestazioni che sono state fatte all’epoca dalla collega Viscomi, nell’ambito dell’inchiesta Calabria Etica, si parlava di assunzioni “a fini clientelari”, utili ad ottenere un consenso elettorale. Però si trattava di indagini in cui non si evidenziavano contatti diretti con la criminalità organizzata.
Si parlava di distrazioni di fondi di amministratori o pubblici funzionari, a scopi clientelari, in cui in una terra come la nostra dove c’è poco lavoro e c’è una forte richiesta di assunzioni, è evidente che tutto ciò trova terreno fertile”.

bombardieri giovanni video intervista il lamentino

Passando alle recenti indagini, è stato arrestato colui che è considerato l’assassino dell’avvocato Francesco Pagliuso, che è Marco Gallo. Penso ad un altro killer come era Francesco Vasile, il killer insospettabile della cosca Giampà ora collaboratore di giustizia. A distanza di anni, un altro giovane insospettabile, è stato accusato di ben tre omicidi.
“Quello che posso dire è che ci imbattiamo spesso in soggetti insospettabili che poi si rivelano cinici, freddi e spietati nell’assassinare la gente. Un collaboratore recentemente mi diceva che avrebbe avuto qualche timore nel compiere una rapina ma che se gli avessero chiesto di uccidere una persona l’avrebbe fatto un secondo dopo. Ammazzare una persona per lui era come fosse niente.
Si può fare riferimento al decadimento dei valori, ma si tratta di discorsi più ampi: perché passiamo da coloro che vengono pagati 500 euro per uccidere una persona a quelli che ammazzano perché non ne sentono il disvalore, e queste sono le figure che fanno pensare. Persone della porta accanto che poi si rivelano killer spietati. Gallo è attualmente in custodia per tre omicidi ed è una figura particolare. Soprattutto se si pensa alla freddezza che ha usato nei due episodi che mi competono, la preordinazione nei due omicidi, tutto ciò che è stato preparato nei giorni precedenti, tutto l’atteggiamento che ha dimostrato con una determinazione, una finalizzazione all’assassinio che è stata feroce e spietata”.

Ha compiuto qualche passo falso?
“Ha compiuto dei passi falsi ma dettati probabilmente dalla sicurezza con cui ha agito ma c’è da dire che sono stati molto bravi i carabinieri. Siamo arrivati all’omicidio Pagliuso perché siamo partiti da una conoscenza derivata dall’omicidio Mezzatesta che ci ha consentito di abbinare e di fare una indagine ristretta nei confronti di Gallo, altrimenti sarebbe stato difficile arrivare a lui dall’omicidio Pagliuso. Anche nell’omicidio Mezzatesta è stata la bravura degli investigatori a fare la sua parte nella ricostruzione del percorso da quando è uscito da casa, fino a quando è rientrato nel garage in cui custodiva la moto. Non è stato semplice.
Quella che qualcuno potrebbe identificare come superficialità, potrebbe essere intesa, invece, come freddo calcolo: chi avrebbe potuto pensare che un killer avrebbe potuto usare la sua moto, la sua macchina, per un omicidio. L’abilità degli investigatori e un pizzico di fortuna nel primo episodio, ci hanno consentito di arrivare a questi risultati e ora vedremo cosa succederà anche in fase processuale. Sicuramente si tratta di una risposta che volevamo dare e che abbiamo perseguito per tutto il tempo, sia noi che la polizia giudiziaria, lavorando in silenzio, senza rilasciare commenti, anche a fronte di tutto quello che appariva sui giornali, alle sollecitazioni, leggesi critiche o altro, e abbiamo cercato di lavorare sodo e di arrivare ad un risultato che fortunatamente fino ad ora abbiamo ottenuto”.

Quello che in un primo momento era stato identificato come killer a pagamento, successivamente è stato definito da voi inquirenti come un killer “che sposa a pieno la filosofia criminale” e avete fatto riferimento agli Scalise. Emerge dagli atti come fossero considerati un gruppo che, dal Reventino volesse spostare i suoi interessi “con una nascente supremazia criminale”, approfittando della vacatio data dalle operazioni contro le cosche lametine.
“Intanto si tratta di indagine in corso, quindi, per quello che posso dirle, sono emersi collegamenti tra Marco Gallo e alcuni appartenenti alla famiglia Scalise che, incidentalmente, in alcune sentenze sono stati attinti da provvedimenti giudiziari che incidentalmente li hanno riconosciuti come criminalità organizzata. Ma è una indagine ancora aperta e il provvedimento si è fermato a Marco Gallo”.

Facendo riferimento all’omicidio di Francesco Berlingieri, al fatto che il fratello della vittima fosse stato coinvolto nella maxi operazione internazionale “Columbus”, secondo lei, è possibile che i rom, facciano una sorta di salto di qualità, passando alla criminalità organizzata?
“Che la criminalità dei nomadi, nella storia calabrese, abbia avuto punti di contatto o che sia diventata di stampo criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista, in generale, ne abbiamo avuto prova anche a Cosenza, con la cosca Rango-Zingari assunta come vera e propria cosca di ‘ndrangheta, oppure penso anche alla situazione a Catanzaro. Punti di contatto, di collegamento e coinvolgimento ci sono stati, quindi non si può escludere ciò. In generale sì, è possibile che ci siano infiltrazioni”.

Tra le tante cosche che avete colpito, c’è stata anche la cosca Iannazzo. Ad oggi è ancora pervasiva sul territorio di Lamezia?
“Le forze dell’ordine non hanno mai cessato il loro controllo il territorio, nel momento in cui ci saranno elementi che porteranno a individuare responsabilità per singoli fatti delittuosi e contesti associativi nuovi interverremo. L’attenzione sul territorio di Lamezia non è mai scesa e lo dimostra anche l’istituzione del gruppo di carabinieri, un altro caso di istituzione di un Gruppo in Calabria avvenne ad esempio nella locride all’epoca dell’omicidio Fortugno. Questo dimostra l’attenzione dello Stato nei confronti di questi territori Lamezia”.

Tratto da: lametino.it