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frank anna romadi Daniele Cerrato
Nella calca di una curva da stadio, fra trombette, tamburi e cori, non mi ci ritrovo da tanti anni. Per questo dichiaro subito di non intendermene delle evoluzioni crudeli che il tifo può aver subito nel corso di decenni. I miei ricordi risalgono a quelle passioni che sospinsero il Toro di Gigi Radice allo scudetto del ‘976 e mi rendo conto che detta così sa di memoria di guerra, di odore di trincea. L’odore che si sente aleggiare oggi, dopo l’abuso sull’immagine di Anna Frank è affatto glorioso e se sa di qualcosa sa di stallatico. Preoccupa che in qualche modo, per ragioni misteriose come le circonvoluzioni del cervello di chi non lo sa usare, altre tifoserie si siano sentite a casa in quel lezzo, abbiano sentito il dovere di distinguere se stesse dalla ripulsa generale, da quel minuto di silenzio che farà seguito alla lettura di un brano del diario di una ragazza di sedici anni mandata a morire in un campo di concentramento dopo oltre due anni di tragico nascondino contro il nazismo. Il suo diario diventò una Bibbia laica, sarebbe diventata una preziosa intellettuale, una grande testimone dello scempio nazifascista se fosse sopravvissuta, nulla più perché una grande scrittrice lo era già.

Sentire che questo oltraggio, mi importa poco se di questa o quella tifoseria, fa proseliti in altre tifoserie, cioé gruppi di persone che hanno famiglia, figli, figlie, paure e progetti per il futuro, deve interessare psichiatri e sociologi (se ci sono cure perché evitarle?) ma deve soprattutto interessare ognuno di noi. Perché se domani ci capiterà una disavventura collettiva, speriamo più piccola di un Olocausto, ci farebbe forse piacere sentirci accompagnati se non dalla vicinanza almeno dal silenzio, se non dalla comprensione e dalla condannna almeno dalla consapevolezza che nessuno irriderà alle nostre pene, batterà le mani al nostro dolore. Nessuno avrà il diritto, si spera, di trincerarsi dietro allo scherzo o chiamerà in causa la Goliardia, che irride con cultura, ancorché smodata, ai nostri difetti ma non alle nostre pene... Se, come leggo, un’altra squadra di calcio, mi pare di serie B, vorrà entrare dopo il minuto di silenzio per non rendere omaggio alla piccola riparazione di un grande insulto alla storia di tutti noi, sappia che può farlo perché tutelata dal sacrificio per la libertà che persone come Anna Frank ci hanno regalato. Entrino però in campo come si conviene a chi fa questa scelta: entrino strisciando.

Tratto da: articolo21.org

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