Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

beha oliviero 2di Stefano Corradino
Lo intervistammo su informazione e tv: ''Non mi piacciono le trasmissioni pensate per non pensare''

Se n’è andato a 68 anni Oliviero Beha. Dopo una breve malattia scompare una voce controcorrente del giornalismo cartaceo, televisivo e radiofonico. Ripubblichiamo una sua intervista sui temi dell’informazione che ci rilasciò alla vigilia del programma “Telepatia” da lui condotto qualche anno fa su Rai3.

Partiamo dal titolo: “Telepatia”. “Patia” deriva dal greco, vuol dire “sofferenza”
Sofferenza ma anche provare emozioni; sim-patia, anti-patia… Le emozioni nella televisione. Tuttavia il titolo vuole alludere anche alle facoltà “telepatiche”: pensare insieme a un’altra persona, condividere un percorso mentale. Spero che almeno in parte questo accada con il programma.

In “Telepatia” rispolveri vecchie inchieste firmate da grandi protagonisti della tv dell’epoca e le fai “dialogare” con inchieste nuove sulla realtà di oggi. Che operazione è?
Un’operazione di memoria e al tempo stesso di confronto e aggiornamento. La scelta di partenza non è quella della semplice descrizione del “come eravamo” e del “come siamo” ma quella di recuperare una televisione di spessore sulla realtà (le inchieste di Nanni Loy, Ugo Gregoretti, Sergio Zavoli…) e metterla in relazione con il punto di vista più contemporaneo.

“La memoria diminuisce se non la tieni in esercizio” asseriva Cicerone.
Penso sia esattamente così, al punto che uno dei maggiori guai di questo paese è proprio l’assenza di memoria.

E come fa la tv ad esercitarla?
Far vedere cose degli anni precedenti e cercare di capire cosa è rimasto di allora è un’operazione utile di recupero della memoria.

Districare questo filo tra passato e futuro serve per scoprire analogie e differenze con il presente o ad evitare di commettere gli stessi sbagli?
Tutto questo e altro ancora. Quello che mi muove è la curiosità. Associare le idee è un’operazione che dovrebbe allargare i cervelli, e forse anche i cuori. Non a caso si chiama “telepatia”. Per allargare la “patia” perché poi il rischio vero è “l’apatia”…

Anche lo spot del programma è un omaggio al passato. Rievochi il film di Antonioni “Zabriskie Point” e quegli apparecchi televisivi che scoppiano e che rotolano rovinosamente sulla strada. Come dire, per usare un termine di moda, rottamiamo una certa tv?
E’ un modo per dire che bisogna svegliarci. Riguarda sia la tv che la realtà che racconta la tv.

In che misura la tv ha cambiato gli italiani?
Facciamo una premessa storica: l’Italia nel secondo dopoguerra doveva affrontare la scommessa di una trasformazione da contadina in industriale. Una trasformazione che tuttavia è stata un pò troppo “frettolosa”. Ci ispiravamo a Paesi che tra l’altro avevano vinto la guerra come la Francia e l’Inghilterra e che avevano avuto rivoluzioni industriali molto prima e più in profondità. L’Italia fa tutto troppo in fretta. In questa accelerazione la tv ha giocato un ruolo molto importante ad esempio con una unificazione del linguaggio.

Unificazione e anche alfabetizzazione. “Telescuola” di Alberto Manzi permise a oltre un milione e mezzo di italiani di ottenere la licenza elementare…
Indubbiamente, un ruolo molto importante. Successivamente però nel buco nero della trasformazione, con una cultura contadina che non c’era più e una cultura operaia che non aveva fatto in tempo ad affermarsi, la tv ha assunto progressivamente un altro ruolo. Prima unificava il linguaggio poi è servita quasi esclusivamente come cassa di risonanza per vendere un prodotto. Il consumismo italiano ha conosciuto nella televisione il suo strumento più efficace.

Quali italiani in meglio e in peggio hanno cambiato la tv?
Rispondo con un’altra domanda, senza voler mitizzare né demonizzare: come mai oggi non c’è un Nanni Loy, un Gregoretti o uno Zavoli in tv?

Come mai?
Perché c’è “il Grande Fratello”.

Vale a dire?
Oggi se un giovane Loy, Gregoretti o Zavoli si presentasse sarebbe preso a calci nel culo se non si prostituisse ai vari poteri e subpoteri.

All’epoca però non erano tutti liberi e indipendenti…
No, ma rivedere certe inchieste del passato ti conferma che allora c’era una libertà di pensiero che oggi è impensabile.

Un giudizio quasi implacabile sulla tv di oggi
Su un certo modo di fare televisione.

Le trasmissioni tv che non ti piacciono
Quelle morte, quelle pensate per non pensare e che non ti comunicano niente. Mi sembra che ci sia sempre meno creatività.

Oggi abbiamo molte più emittenti televisive, migliaia di programmi in più…
Il problema non è la quantità ma il senso di responsabilità di chi manovra e maneggia la televisione, e negli ultimi anni questa responsabilità è finita sotto i tacchi…

Poi ci sono i nuovi mezzi di comunicazione. Internet è una miniera d’oro.
Anche per il web vale lo stesso concetto: ci puoi trovare cose straordinarie ma anche giganteschi raggiri (penso a chi ha tentato di convincerci che il cancro si possa combattere con il bicarbonato).

La prima puntata è sui “Ladri”. Ce ne sono svariati… Quale tipologia passi in rassegna?
Quelli che rubano in Italia e quelli che l’Italia ce l’hanno rubata.

La seconda ha un titolo d’effetto: “Un Paese troppo raccomandabile”. E’ possibile lavorare, fare carriera senza raccomandazioni? Ed eventualmente, ci sono “buone” raccomandazioni?
Il problema è che normalmente nel raccomandare non si guarda in faccia a nessuno, non si verifica se il soggetto raccomandato, consigliato è uno bravo. Anche questo concetto ovviamente sarebbe discutibile  perché significherebbe comunque aiutare qualcuno a scapito d’un altro ma almeno ci sarebbe di mezzo il merito. In realtà, normalmente, quello che viene raccomandato è un co…

ARTICOLI CORRELATI

La ''libertà è un lusso di pochi'' mi ripeteva…