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suicidate attilio mancaLorenzo Baldo ricostruisce il caso dello strano suicidio di Attilio Manca all’ombra di Cosa Nostra
di Attilio Bolzoni

L’uomo è seminudo, disteso sul letto. Il viso sporco di sangue, sul suo braccio sinistro i segni di due iniezioni. È morto da diverse ore. Un sopralluogo frettoloso e un’indagine molto approssimativa portano i poliziotti a una facile conclusione: «Si è tolto la vita». Il caso è chiuso. È il 12 febbraio del 2004 e a Viterbo viene ritrovato il cadavere di Attilio Manca, un giovane urologo di origini siciliane. Il suo paese è Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. È una piccola grande capitale di mafia dove si è nascosto per qualche tempo anche Nitto Santapaola, il capo della Cosa Nostra catanese. L’autopsia che viene ordinata sul corpo di Attilio Manca sentenzia: un buco. È stato ucciso da un cocktail di eroina, sostanze alcoliche e ansiolitici. La pratica finisce rapidamente in archivio. Ma c’è qualcosa che non quadra, qualcosa che racconta altro del giovane urologo e della sua morte.
Tutte le incoerenze (e forse anche qualche depistaggio) di un’investigazione rapida e per certi versi molto sospetta sono raccontati nel libro Suicidate Attilio Manca (Imprimatur edizioni, pagg 259, euro 16,50) scritto da Lorenzo Baldo, giornalista di ANTIMAFIADuemila che ha ricostruito nel dettaglio l’incredibile inchiesta poliziesca e giudiziaria intorno a un cadavere che faceva paura. Sono passati dodici anni dal ritrovamento di quel cadavere. E nessuno ancora sa perché Attilio Manca era quel giorno in quel letto, con la faccia deformata e con quei due segni d’iniezione sul braccio sinistro. L’approfondimento giornalistico di Lorenzo Baldo è considerevole, anche se la tesi che sostiene non è sufficientemente supportata dalle indagini sulle indagini che si sono sviluppate intorno al giallo. E cioé che sia stata Cosa Nostra a ordinare l’uccisione dell’urologo. In servizio all’ospedale di Viterbo, Attilio Manca, specializzato nella tecnica laparoscopica, secondo l’autore del libro (e gli avvocati della famiglia Manca, Antonio Ingroia e Fabio Repici) potrebbe avere assistito - e comunque avere avuto un ruolo - all’intervento alla prostata al quale si era sottoposto Bernardo Provenzano nel 2003 in una clinica di Marsiglia. Il boss di Corleone era al tempo ancora libero (fu arrestato nel 2006 dopo 43 anni di latitanza) e con una falsa carta d’identità rilasciata dal sindaco di un comune del palermitano viaggiava tranquillamente dalla Sicilia alla Francia. Forse l’urologo ha visitato il boss, prima o dopo l’operazione chirurgica. Forse la mafia ha eliminato uno scomodo testimone. Forse gli uomini di qualche apparato di intelligence (durante le ricerche di Provenzano i poliziotti si sono più volte accorti delle “protezioni” di cui il corleonese godeva) vogliono nascondere la verità su Attilio Manca. Nel libro c’è una ricomposizione completa di tutti gli indizi che allontano dall’ipotesi di un suicidio, c’è mestiere, c’è passione. Ma i mandanti del probabile omicidio di Attilio Manca restano sempre avvolti nell’ombra.

Tratto da: La Repubblica