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della volpe santo fbdi Rino Giacalone
E’ un legame che nessuno può rompere, quello tra Santo Della Volpe e la Sicilia, tra Santo e la città di Trapani che per lui non era solo un luogo di transito per arrivare, quando poteva, nella sua Pantelleria, ma aveva ben capito che questa città era spesso punto di origine quanto terminale di tante di quelle cronache delle quali lui si occupava. E per questo spesso decideva di fermarsi e non di soffermarsi. La lotta alla mafia, la tutela dell’ambiente, la lotta per i diritti, la difesa dei deboli; Articolo 21, Libera Informazione, la Fnsi, hanno poi permesso a Santo di conoscere ancora meglio questa città, i fremiti, l’impegno di tanti, le forti contraddizioni. Alla sua guida ci siamo affidati quando abbiamo ricordato a Palazzo di Giustizia, il magistrato Gian Giacomo Ciaccio Montalto, a 30 anni dal suo omicidio ad opera di Cosa nostra.

Ancora a lui è toccata la guida di quell'”agorà” fatta da tante associazioni e cittadini scesi in piazza per la manifestazione “Trapani dice di no”, erano i giorni delle intimidazioni ai magistrati, della politica che girava il volto dall’altra parte, e invece c’erano i cittadini che volevano distinguersi, che volevano dire che Trapani non è una città normale, semmai una città dove l’illegalità è diventato sistema tanto da mischiarsi con la legalità, facendo scomparire quest’ultima. Non sono questi giorni lontani, ma ancora a noi vicinissimi. Santo abbracciò quegli impegni come pochi avrebbero saputo fare. E colse subito che il primo problema da affrontare era quello dell’informazione. Il suo ultimo intervento, quando già stava male, ma non mollò mai per un attimo la presa sulle cose da fare, fu proprio dedicato a Trapani e all’informazione. A un anno dalla sua scomparsa a Trapani, ma anche altrove, dobbiamo ripartire da quelle sue parole. Spesso ancora c’è chi, anche tra noi giornalisti, ma non dimentichiamo anche certi editori, vuole piegare la nostra professione a fini diversi “da quelli per i quali siamo chiamati a rendere conto all’opinione pubblica”.

Scriveva così Santo, quando intanto era già diventato presidente della Federazione Nazionale della Stampa, il sindacato dei giornalisti. “Che Trapani sia un luogo difficile per la nostra professione è certezza; ma proprio per questo il giornalismo deve essere limpido e ben ancorato ai capisaldi della professione… Trapani, dove gli schizzi di fango possono far male, molto male”. Queste parole furono così forti da finire inghiottite dal silenzio, come da queste parti di Sicilia anche per altre cose accade e non di rado. Ma ad aprire bene le orecchie sono parole che ancora si possono sentire, chi ha fatto finta di non sentire, anche all’interno del nostro ordine, anche dello stesso sindacato, ha ancora oggi modo e maniera di rimediare, di non stare ancora disattento, o , peggio, ridurre certe cose a “scene di gelosia” tra colleghi. Sono parole attuali quelle di Santo Della Volpe, perché da queste parti di Sicilia i giorni sono tornati a farsi parecchio bui, la macchina del fango non si è fermata e ha scelto nuovi obiettivi da colpire, da aggiungere agli altri già colpiti, ma mai domiti. L’intento è chiaro colpire laddove c’è da limitare la funzione sociale di qualcuno, un magistrato, un giudice, un giornalista, era già accaduto con un prefetto e un poliziotto. La mafia non spara più, ma è armata di picconi ed ha uomini nuovi che hanno braccia forti per tentare di demolire, per tentare di annientare quello che di buono e bello è cresciuto.

L’informazione che si è piegata a questi nuovi poteri, che poi sono quelli di sempre, mafia e massoneria, vuole creare in chi ascolta una nuova paura, non quella che una volta veniva dalle armi e dalle bombe, ma quella fatta dalle parole di delegittimazione. Vogliono mettere paura alla società civile , riducendola alla insensibilità! Santo Della Volpe aveva percezione netta di tutto questo, perché lui non era solo un giornalista, un sindacalista, un amico, era sopratutto un partigiano, un uomo che aveva scelto bene da che parte stare. Ed allora è da Trapani che il cammino deve ripartire per difendere l’articolo 21 della Costituzione e la libertà di informazione. A Trapani con quel suo articolo Santo fermò la sua vita, ma quei sentimenti, quell’impegno non sono morti, restano, basta poco per farli ripartire. Se saremo in tanti e ci ritroveremo presto questo può accadere, questo deve accadere. Trapani non è una terra qualsiasi, è la terra dove mafia e politica hanno stretto una forte alleanza, dove la massoneria ha fatto da amalgama. Trapani si sono fatte le prove generali di tante cose, l’ultima prova generale in corso è quella di restaurare in Italia inciuci e accordi di un tempo, se mandiamo all’aria questa prova generale, non ci sarà mai alcun debutto, e tutti allora saremo più Liberi…e più vicini all’amico Santo.
8 luglio 2016

Tratto da: articolo21.org