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maggiani chelli giovanna web11Lettera aperta dell'Ass. Georgofili
di Giovanna Maggiani Chelli
Non ci sono più dubbi, si vuole mettere mano al “41 bis” e al “4 bis” in favore della mafia stragista.
Torniamo agli anni più bui delle prime modifiche al carcere duro, modifiche che hanno poi reso il “41 bis" un colabrodo, tant’è che oggi Giuseppe Graviano e molti altri “socializzano”, come se ce ne fosse bisogno nel sociale di uomini mafiosi come i fratelli Graviano.
Stiamo tornando con la mente a quando il Proc. Gabriele Chelazzi cercava nelle carceri la corrispondenza che provasse il malessere dei detenuti mafiosi contro il “41 bis”.
Intorno agli anni 2000 l‘allora partito di “Rifondazione Comunista" voleva che gli ex brigatisti irriducibili uscissero da “41 bis”, perorando inevitabilmente anche i desideri di “cosa nostra”. Andammo infatti a parlare con il loro rappresentante di giustizia, portando lui il “curriculum vitae” di Giuseppe Graviano, condannato all’ergastolo insieme a tutti gli altri per le stragi del 1993.
Nei giorni scorsi avevamo scritto che il movimento anarchico era strumentale a “cosa nostra” per l’annullamento del “41 bis”, lo abbiamo scritto quando il movimento anarchico ha protestato davanti ai penitenziari contro il carcere duro, oggi l’ignominia si allarga e scendono in campo uomini ex SEL come Migliore, oggi PD e, ancora più grave, funzionario Governativo.
In queste ore la nostra opinione di familiari di vittime, di quanti sono stati massacrati sotto il tritolo stragista del 1993 in via dei Georgofili a Firenze in nome e per conto dell’annullamento del 41 bis, è sempre la stessa:
Temiamo essere di nuovo in atto “la trattativa” per “ammorbidire" attraverso maneggi sul “41 e il 4 bis” la detenzione di “cosa nostra” stragista, affinchè nei prossimi incontri elettorali faccia proselitismo e indirizzi il voto dal carcere verso chi gli “promette” ancora una volta di ammorbidire il carcere duro o meglio ancora, andare verso l’annullamento di una detenzione aborrita dalla mafia tutta, un dato processuale ormai incontrovertibile.
Per maneggi di questo tipo, per “promesse” fatte alla mafia “cosa nostra”, siamo certi, aver perso i figli, Egregio Signor Sottosegretario Migliore, i nostri di figli, non quelli di altri.
Ce la metteremo tutta, perché la mafia resti in carcere a “41 bis" e non abbia Skype, perché i nostri figli che erano bambini o ragazzi il 27 Maggio 1993 non l’hanno neppure visto l’uso del telefonino, mentre gli “uomini d’onore" di Salvatore Riina, già allora in quel 1993, avevano i cellulari in via dei Georgofili per chiamare i loro referenti istituzionali e politici dell’avvenuta strage.

Giovanna Maggiani Chelli
Presidente
Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili

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