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borsellino s c emanuele di stefanoMafia
di Katya Maugeri
Intervista a Salvatore Borsellino
Palermo. Ritrovare nel dolore la forza per mettersi in prima linea sensibilizzando la gente contro la criminalità organizzata, informandola delle collusioni tra mafia e politica, garantendo l’onestà intellettuale che va estinguendosi sempre di più. Salvatore Borsellino è un uomo che cammina a testa alta, che ha risposto alle nostre domande con dignità e commozione perché nonostante i 24 anni trascorsi dalla strage di via D’Amelio in cui perse la vita suo fratello, Paolo Borsellino, giudice ucciso da Cosa nostra, ne parla con dolore ma con la consapevolezza di dover andare avanti e continuare quello che la mafia ha cercato di interrompere: la ricerca della verità. E occorre parlarne senza stancarsi mai, di questa organizzazione criminale che cambia volto e prospettiva, i suoi occhi sono lucidi e lo sono anche i nostri, che stiamo ad ascoltare e a percepire quanto sia sempre stato delegato il compito di parlare di mafia illudendoci che non fosse un nostro problema.

Salvatore Borsellino, nel 2008 fonda il sito www.19luglio1992.com e l’anno seguente, in occasione del 17° anniversario della strage di via D’Amelio, organizza la prima “Marcia delle agende rosse” in collaborazione con il comitato cittadino antimafia “19 luglio 2009″.
Una iniziativa che fa riferimento al taccuino su cui il giudice Borsellino scriveva appunti personali, dichiarazioni di collaboratori di giustizia. “Un’agenda dalla quale non si separava mai, soprattutto dopo la morte di Giovanni Falcone”ha spesso dichiarato il fratello, “Misteriosamente sparita dalla borsa che aveva con sé il giorno dell’attentato. Il processo a carico del carabiniere che si sarebbe appropriato degli effetti personali di mio fratello non è mai arrivato alla fase dibattimentale. Eppure l’agenda rossa quel 19 luglio 1992 c’era, eccome se c’era”.

Oltre l’antimafia del ricordo – le stragi, gli omicidi, le ricorrenze – ritroviamo anche un’antimafia del presente e del futuro, che si propone in modo attivo, attuale?
«Qui a Palermo ci sono realtà importanti come AddioPizzo, gente che si impegna quotidianamente.
Noi del “Movimento delle agende rosse” non vogliamo sentire parlare di ricordo, ma di memoria – attiva – e significa lottare per tutelarla, difendere la verità e la giustizia che ormai a 24 anni di distanza continua a non arrivare. Lottare non solo per i giudici morti, ma per quelli vivi che oggi vengono sottoposti alle stesse persecuzioni di Paolo e Giovanni: chiamati professionisti dell’antimafia, Falcone era accusato di prepararsi da solo l’attentato, la storia si ripete e il nostro è un Paese dalla memoria corta».

Il ruolo della mafia è cambiato, non più sanguinaria ma presente ai piani alti  del potere politico ed economico.
«La mafia è un’organizzazione criminale che ha sempre avuto la caratteristica di adeguarsi, si è globalizzata prima ancora che ci pensasse la Fiat a costruire  gli stabilimenti in Polonia, Romania o in Albania per diminuire i costi. La mafia, oggi, è una vera e propria società che è in grado di sfruttare gli immensi capitali di cui dispone, accumulati grazie alla violenza e alle proprie attività criminali. Il traffico di droga viene gestito direttamente dalla Colombia con la presenza di uomini mandati sul posto. Con questi capitali, che sono a basso costo, in questo periodo storico di crisi pesano molto ed è in grado, persino, di andare a colonizzare il nord Italia, quello che una volta pensava di essere esente dall’avvento della mafia. Oggi la mafia è sicuramente più pericolosa in Lombardia, in Liguria, in Veneto, qui da noi le persone sono state in grado di farsi gli anticorpi, purtroppo al nord non succede così, gli adulti tendono a delegare a noi siciliani il “problema mafia”, non sanno quanto sbagliano. La mafia è penetrata nella finanza, negli appalti, nelle amministrazioni pubbliche, è ovunque».

Qual è il ruolo degli intellettuali adesso?
«Non vedo partecipazione da parte loro. Solo chiacchiere e parole inconcludenti, il nostro Paese ha bisogno di fatti concreti».

Cosa ne pensa dell’iniziativa “NOma – luoghi e storie NOmafia”?
«La apprezzo molto. È importante far conoscere Palermo ai giovani, raccontare la storia delle strade che hanno visto vittime di mafie. È meglio che ricordino, queste mappe rappresentano tutto ciò che è stato Palermo e per i giovani, che non hanno vissuto quegli anni, ritengo sia un patrimonio prezioso dal quale apprendere le giuste nozioni per conoscere e ricordare.

“La paura è umana, ma combattetela con il coraggio”, da cosa possiamo attingere per trovare quel coraggio che ha animato l’animo di Paolo e Giovanni?
«Dal desiderio di non arrendersi e continuare a lottare. Così come Paolo sapeva che era arrivato il tritolo per lui lo sa oggi Nino Di Matteo, hanno fatto persino delle collette per comprare l’esplosivo.
Coraggio è stare accanto a questi magistrati e dimostrarlo con quel poco che possiamo fare, ogni giorno, nel nostro ambito per evitare che certe storie, nel nostro Paese, si ripetano».

Tratto da: siciliajournal.it

Foto © Emanuele Di Stefano

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