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ingiustiziaLa sentenza nei confronti di Luciano Mirone in un Paese di impuniti
di Lorenzo Baldo
La recente condanna per diffamazione del collega Luciano Mirone rispecchia l'immagine di un Paese che è sempre di più al contrario. Anche - e soprattutto - nel mondo dell'informazione. La decisione del Giudice monocratico della Quarta sezione penale del Tribunale di Catania di comminare al collega una provvisionale - immediatamente esecutiva - di 10mila euro quale risarcimento per la parte civile rappresenta una scelta ben precisa. Che sembra mirare al solito refrain “colpirne uno per educarne cento”. Al di là del fatto che il dott. Domenico Stilo può aver ritenuto diffamatorio l'articolo di Mirone, è una sentenza che stride fortemente in un Paese di impuniti dove un ex procuratore generale di Messina come Franco Cassata viene condannato alla cifra “stratosferica” di 800 euro per diffamazione, pur essendo stato riconosciuto come il “corvo” che aveva cercato di sommergere nel fango l’immagine del professor Adolfo Parmaliana con un losco dossier anonimo meno di un anno dopo il suicidio di quest'ultimo.

Siamo un Paese dove chi vuole rendere onore al mestiere di giornalista, seguendo l'impronta di uomini come Pippo Fava, viene messo a tacere a suon di querele a quattro zeri. Resta il dubbio che, anche in questo caso, la querela non riguardi solo l'articolo in questione. Sembra piuttosto che si voglia far pagare il conto al giornalista per aver avuto il coraggio di scrivere in questi anni su tanti casi a dir poco spinosi. E il problema allora non riguarda solo Luciano Mirone, ma chiunque, in questa Italia a “larghe intese”, abbia ancora a cuore questo mestiere. Che, come diceva il direttore de I Siciliani, se fatto con spirito di servizio e di verità, può rappresentare “la forza essenziale della società”.

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