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cantone-raffaele-3di Luisella Costamagna - 27 giugno 2015
Caro Raffaele Cantone, lei dice “la mia storia parla per me”. Vero: grande magistrato anticamorra, è insieme orgoglio, garanzia e baluardo di legalità nel nostro paese martoriato dal malaffare. Le arrivi il nostro sincero e convinto grazie.
Da quando però ha cominciato a collaborare con la politica – prima come componente della Commissione che doveva elaborare proposte anticorruzione per il governo Monti, poi nella task force sulla criminalità organizzata di Letta, infine (e soprattutto) come presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione nominato da Renzi – sembra aver cominciato a parlare un’altra lingua.

LEGGE SEVERINO: sicuramente avrà pesato anche il suo parere nell’elaborazione della legge, che infatti lei difese quando si decise la sospensione dalla carica per la condanna in primo grado per abuso d’ufficio del sindaco de Magistris (“misure conformi alla Costituzione” e “corretta applicazione della sospensione”, disse nel dicembre 2014). Come mai adesso che a essere sospeso sulla base delle stesse norme (e della stessa condanna) deve essere De Luca, propone – con più realismo del Re Renzi, che martedì ha annunciato la sospensione – 25 “miglioramenti” necessari? Cosa possono pensare gli italiani già frastornati – e che si fidano di lei – quando la sentono bollare la lista degli impresentabili della commissione Antimafia come “grave passo falso”?
Lingua duplice, la sua, anche sulla responsabilità civile dei magistrati: “Nell’87, al referendum, votai no. Ora sono favorevolissimo”, ha detto. Anche qui resta da capire come mai non andava bene allora e va bene oggi, che con Renzi è diventata legge.

Poi c’è la legge anticorruzione: “Ritorna il falso in bilancio, introdotta attenuante x chi collabora, rafforzati i poteri Anac. Bene così!”, ha twittato raggiante il 21maggio, all’approvazione. Peccato che, alla prima applicazione, il nuovo falso in bilancio si sia dimostrato più morbido di quello di Berlusconi, cancellando anche quel poco che era rimasto (e pure la condanna per bancarotta dei fratelli Crespi). Possibile che un esperto come lei non si sia accorto d ell’ennesima “manina”?
Infine, i rapporti tra mafia e amministrazioni locali: a ottobre proponeva addirittura di “estendere lo scioglimento dei consigli comunali anche alle regioni”, poi però a dicembre Mafia Capitale e lei ha cominciato a frenare: “La norma sullo scioglimento è nata per i piccoli Comuni. Bisogna dimostrare che il livello d’infiltrazione è all’interno della macchina comunale”. E oggi che, con la seconda ondata, l’“inquinamento” sembra evidente, al punto che il sindaco Marino e il commissario del PD romano Orfini sono stati messi sotto scorta, e tutti si aspetterebbero da lei parole scandalizzate e nette, dice che il commissariamento della Capitale “è un’ipotesi complicata”. Un po’ come Renzi, che infatti lo esclude.

CARO CANTONE, la politica – ormai lo sa bene – è un ginepraio, da cui non ci aspettiamo parole di verità. Da lei sì. Non sa come uscirne o non vuole? A forza di fare da sigillo di garanzia di tutti i prodotti a marchio Renzi, anche quelli che paiono avariati, non rischia di compromettere la sua – ancora indiscutibile – credibilità?
Un cordiale saluto.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 27 giugno 2015