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dellutri-marcello-big3di Guido Ruotolo - 10 maggio 2015
Roma.
Sapeva. Nulla a che vedere con il «non poteva non sapere». Silvio Berlusconi sapeva che l’ex parlamentare reggino Amedeo Matacena, condannato per mafia, dagli Emirati Arabi stava per trasferirsi a Beirut. E, naturalmente, era anche consapevole che il suo collaboratore di sempre, Marcello Dell’Utri, voleva entrare in clandestinità, si fa per dire, anche lui a Beirut, condannato in via definitiva per i suoi rapporti con Cosa nostra.
La procura di Reggio Calabria sta valutando di sentire come persona informata dei fatti proprio Silvio Berlusconi. Non solo lui. L’ipotesi investigativa è quella dell’esistenza di una struttura in grado di garantire la latitanza all’estero di personaggi importanti di un certo orientamento politico.

È la tesi anche del gip di Reggio, Olga Tarzia, nella sua ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Vincenzo Speziali, nipote di un ex senatore del Pdl che ha sposato una nipote dell’ex presidente del Libano, Amin Gemayel, capo delle Falangi cristiano-maronite. Speziali è accusato di aver garantito la latitanza di Matacena. «Siamo di fronte a un comportamento allarmante in ragione degli evidenziati elementi di analogia tra le due vicende, Dell’Utri e Matacena - scrive il gip - e la sicura esistenza di una rete di rapporti e basi logistiche in grado di supportare la condizione di latitanza di soggetti la cui notorietà, per il contesto politico di provenienza, è tale da richiedere entrature e condivisione di interessi ad alti livelli».
Berlusconi. Non solo. In questa inchiesta è già indagato l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, uno dei protagonisti di quel «sistema ancora non messo interamente a nudo», per dirla con il gip di Reggio Calabria, che «opera nell’ombra e sostiene interessi economici e imprenditoriali illeciti, frutto di intese e cointeressenze coinvolgenti svariati settori».
L’inchiesta del pm reggino Giuseppe Lombardo era partita sul riciclaggio della potente cosca dei De Stefano. Si era imbattuta sulla Lega Nord del cassiere Francesco Belsito e aveva poi incrociato Claudio Scajola. Gli investigatori calabresi hanno deciso di non fermarsi ancora.

Tratto da: La Stampa del 10 maggio 2015