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IMG 8451di Gian Carlo Caselli - 22 marzo 2015
Vent’anni fa, il 25 marzo 1995, nasceva Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Un’idea di Luigi Ciotti, che tuttora ne è il presidente. Sono ormai oltre 1.600 le associazioni, i gruppi e le realtà di base – insieme a più di 4.000 scuole e 60 facoltà universitarie – che Libera coinvolge in un mare di iniziative preziose sul versante dell’educazione alla legalità e della lotta alla mafia, alla corruzione, all’usura e al gioco d’azzardo.

Il barometro della lotta alla mafia segnala tempo cattivo. Le mafie, pur subendo duri colpi, grazie a una struttura di base solida hanno saputo cambiare nella continuità. Intrecciano un persistente radicamento territoriale con attività illecite di dimensione globale e reticolare. Sono forti grazie a collusioni con pezzi del mondo politico ed economico. Manovrano per creare situazioni di monopolio che rendano conveniente stare dalla loro parte. Senza mai rinunciare alla violenza anche estrema se ritenuta utile, come dimostrano le notizie di progetti di attentato contro Nino Di Matteo. Un quadro cupo.

Com’è cupo – per certi profili – anche quello dell’antimafia, a causa dell’affacciarsi di alcuni sciacalli: mafiosi che hanno realizzato che anche l’antimafia possa essere conveniente, se usata come lasciapassare per ambienti e salotti “rispettabili” e infilarsi in affari lucrosi. Una realtà che non merita sconti e che fa risaltare in tutta la sua intensità la luce positiva che irradia da Libera, per il suo sforzo costante di costruire impegno sociale e nuove forme di cittadinanza partecipata. Così da recuperare una dimensione etica della convivenza, respingendo la tentazione di rifugiarsi nel proprio recinto personale per rapportarsi invece alla polis, spinti da interessi collettivi e da progetti di cambiamento verso possibili mondi alternativi, al di là delle condizioni esistenti.

Sono stato spesso testimone diretto di questo impegno. Nella autentica resistenza che ha consentito alla nostra democrazia – dopo le stragi degli Anni 90 – di non soccombere alla strategia mafiosa, un peso decisivo hanno avuto i cittadini. Quelli che appendevano lenzuoli bianchi alle finestre e ai balconi di Palermo e quelli che riempivano le strade e le piazze di tutt’Italia, in solidarietà alle forze dell’ordine e alla magistratura. Un percorso culminato nella creazione di una struttura permanente di organizzazione della società civile. Libera, appunto, il cui appoggio – costruttivo e anche critico quando necessario – ha tra l’altro ridotto la tradizionale separatezza rispetto alle forze responsabili dell’ordine pubblico, deboli se lasciate sole.

L’attività di Libera si è sviluppata con interventi nelle scuole, convegni, manifestazioni, studi, denunce e proposte. Alla liturgia antimafia si preferiscono la concretezza e la coerenza fra teoria e pratica. Come provano alcune straordinarie esperienze. Prima fra tutte la raccolta di firme per ottenere una legge per destinare a scopi socialmente utili i beni confiscati alle mafie. Alla fine le firme furono un milione: una forza di pressione irresistibile, che “costrinse” il Parlamento ad approvare la legge (n. 109/96) all’unanimità.

Poi l’organizzazione del lavoro sui beni confiscati, formidabile strumento di inclusione e restituzione sociale. La pasta, l’olio, il vino prodotti su quei beni sono la dimostrazione che l’antimafia è recupero di legalità che “paga” anche in termini di opportunità di lavoro e iniziative imprenditoriali libere. Sono manifestazione tra le più significative di quell’antimafia “sociale” indispensabile perché i successi della repressione si consolidino e non risultino effimeri, facendo dei cittadini (restituendo diritti prima intercettati dalla mafia e trasformati in favori da ricambiare) degli alleati dello Stato.

Un altro formidabile impegno di Libera si è sviluppato con l’attenzione prestata a vari importanti processi di mafia. La forza della mafia è sì basata sulla sua organizzazione, ma anche sui silenzi e le disattenzioni che l’accompagnano. Libera va in controtendenza testimoniando con grande coraggio una solida coscienza civica. Come Procura di Torino lo abbiamo sperimentato nel corso del difficile processo “Minotauro” riguardante gli insediamenti della ‘ndrangheta nella provincia della città. Decisiva si è rivelata la quotidiana partecipazione di Libera alle udienze dibattimentali, sia con gli avvocati di parte civile, sia soprattutto con i giovani del presidio di Libera/Piemonte.

Per nulla intimoriti dal fatto di avere di fronte gli imputati ristretti nelle cosiddette “gabbie” e quell’“esercito” di parenti (sicuramente non animati da spirito benevolo verso l’Associazione) che affollavano l’aula.

Dunque, buon compleanno, Libera. Con l’augurio che i prossimi anni (ne serviranno ancora perché il nostro Paese cancelli certe “anomalie”) producano sempre buoni risultati.

Sostiene Luigi Ciotti che oggi la mafia uccide meno persone, ma uccide sempre più la speranza. La frase si può completare dicendo che per tenere in vita la speranza proprio l’impegno delle donne e degli uomini di Libera si rivela decisivo.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 22 marzo 2015

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

Foto © Paolo Bassani

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