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di Riccardo Orioles - 1° novembre 2014
Raramente questo Paese è stato così diviso com’è ora. Non c’entra la geografia e manco la politica, che a questo punto è rimasta molto indietro. La spaccatura è secca e bruta, alla Bava Beccaris, fra una plebe e una Corte. Disoccupazione al 12,5 per cento, ma “in netto rialzo Piazza Affari”. Persi, fra i 25 e i 34enni, due milioni di posti di lavoro: ma non scemano affatto i consumi di lusso. Siamo, teoricamente, al terzo governo “risolutivo” ma la governanza reale, in realtà, è da tempo passata in altre mani.
Le manganellate di Roma sono, in questo contesto, il punto di svolta. Non che sia successo nulla di straordinario: negli anni Cinquanta la polizia di Scelba picchiava abbastanza spesso gli operai. E’ che eravamo convinti di essere nel 2014, fra tweet, telefonini, economie planetarie e lìder sofisticati e volitivi. Invece siamo proprio negli anni Cinquanta, con gli operai e i padroni, nonché i disoccupati e gli emigranti (che ormai sono di nuovo di più, dopo un secolo, degli immigrati).
Gli operai, i padroni, i ricchi, i poveracci, il manganello: vedete che linguaggio arcaico, proprio vetero-coso? La colpa però non è mia, è delle cose. Nel medioevo sociale che stiamo attraversando non potete ormai pretendere altre parole. L’Europa, l’euro, i peppegrilli, i leopoldi son roba da fantascienza, da post-Duemila. Nel nostro mondo reale – che con stampa e tv non c’entra un fico: e anche questo fa molto anni ’50 – siamo ancora alle prese coi borboni. E come ci vorrebbe un Garibaldi!
Le Due Sicilie si son molto allargate (senza peraltro riuscire a diventare Europa): Milano è la Catania del nord e Reggio Emilia è sulla Sila; Torino è finita a Detroit e a Firenze su’ Altezza il Granduca, uomo di mondo, ammonisce i cortigiani che “ci vole l’orologgio, oggimai, ‘un gli è più tempo di clessidre! S’è mica meno moderni deì giacobbini!”.
(Applausi, manganellate sul pubblico e sipario)
Tratto da: isiciliani.it
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