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matacena-amedeo0di Enrico Fierro e Lucio Musolino - 17 giugno 2014
Lo rivela il colonnello della finanza Costantini: “Il tenente Humaid della polizia di Dubai raccontò dell’insistenza italiana in favore dell’ex deputato”
C’è un solido sistema di protezione a garanzia della latitanza di Amedeo Matacena (in foto). Un sistema che parte dall’Italia e arriva a Dubai. Nomi eccellenti di personaggi sistemati in posti importanti della politica, della finanza e dell’economia. Il 6 giugno scorso ne ha parlato al sostituto procuratore della Dna Francesco Curcio, Paolo Costantini, colonnello della Guardia di finanza, fino al 15 gennaio di quest’anno capo centro dell’Aise, il servizio segreto estero, a Dubai.

“Nel caso dell’arresto di Matacena nell’agosto scorso – fa mettere a verbale il colonnello – venni prontamente informato dalla polizia locale . Mi dissero che era un ricercato con mandato di cattura internazionale. Naturalmente in seguito approfondii la questione e compresi per quali ragioni il Matacena era ricercato”. Era un giovedì, giorno prefestivo per gli arabi, il colonnello dovette aspettare per avere altre informazioni dalla polizia degli Emirati. “A questo punto – si legge nella deposizione dell’ufficiale – il giorno seguente successe un fatto che ancora adesso mi lascia perplesso”. Di cosa si tratti non è dato saperlo, perché il verbale viene interrotto da un vistoso omissis. Ma proseguendo nel racconto, si riesce a capire meglio il complesso delle pressioni che arrivavano dall’Italia in favore dell’ex deputato berlusconiano Amedeo Matacena. “In seguito all’arresto – continua il colonnello –, circa tre o quattro settimane dopo, come spesso facevo, mi incontrai con i responsabili della Polizia di Dubai, fra cui il tenente colonnello Majed Sultan Humaid. Dopo aver fatto il punto della situazione e dopo i soliti convenevoli, il Majed, molto imbarazzato, mi disse che in modo del tutto inusuale per insistenza, modi, tempi, il suo ufficio stava ricevendo continue pressioni in favore del Matacena di cui si intendevano garantire le migliori condizioni possibili di permanenza nel Paese”. Chi faceva pressioni sugli alti gradi della polizia e dell’intelligence di Dubai, quali ambienti si stavano muovendo anche con modi del tutto inusuali per favorire un latitante condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, non è dato saperlo. Perché anche in questo caso nomi e ambienti dei soggetti intervenuti sono coperti da omissis.

Il responsabile della nostra sede dei servizi a Dubai smentisce anche tutte le ricostruzioni fantasiose nate attorno alla povertà della latitanza dell’armatore Matacena. La moglie Chiara Rizzo ce lo ha raccontato solo e senza mezzi, lui stesso ha parlato di un suo impiego da maitre nei ristoranti di Dubai, Claudio Scajola ha fatto mettere a verbale le sue preoccupazioni per le condizioni dell’amico. Il colonnello ci offre altri scenari. “Sulla base della mia esperienza posso dedurre che il Matacena, per venire a Dubai, avesse degli specifici interessi economici. Non ho elementi concreti, però per affermarlo. Posso dire, tuttavia, che un soggetto che ho appreso dai giornali essere molto legato a Matacena, ovvero a sua moglie Chiara Rizzo, Francesco Bellavista Caltagirone, ha possibili collegamenti economici, quantomeno indiretti, a Dubai. Sua figlia Giulia ha sposato un finanziere arabo, tale Azamoudeh, che vive a Londra, ma in passato ha avuto forti interessi finanziari a Dubai”. E nella deposizione dello 007 spunta anche Vincenzo Speziali, il faccendiere calabro-libanese, nipote di un senatore del Pdl, che si era attivato per trasferire Matacena in Libano ed evitargli così l’estradizione in Italia. Per il colonnello “si tratta di un frequentatore di Dubai, nell’autunno del 2013 mi fu detto che questo Speziali aveva fatto visita in ambasciata e non per i soliti motivi di visto”. Quali fossero i motivi delle visite in ambasciata dello Speziali rimane anche questo un mistero coperto da omissis. Qualcosa in più si potrà capire quando verrà analizzato l’archivio di Matacena, faldoni e carte custodite dalla sua segretaria Maria Grazia Fiordelis. Sfogliandoli spuntano i nomi di Marcello Dell'Utri e di Silvio Berlusconi.

Nel garage della donna la Dia ha trovato una carpetta con dentro un’agenda “intitolata Camera dei Deputati” in cui sono riportati numerosi nominativi tra i quali, ci sono gli ex ministri Scajola e Alfredo Biondi. L’agenda era vicino a un porta-documenti di plastica dove Matacena aveva appuntato i nomi di alcuni politici e i loro numeri di telefono. Tra questi Ignazio La Russa, Cesare Previti, Beppe Pisanu, Vittorio Sgarbi e Giancarlo Galan.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 17 giugno 2014

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