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provenzano-bernardo-web1di Enza Galluccio - 31 marzo 2014
Qualche mese fa, sulla scia delle parole di Sonia Alfano, scrivevo che Provenzano era lucido almeno fino alle ultime visite in carcere dell’europarlamentare, che durante quegli incontri - cercando di far leva sull’età e sugli affetti famigliari -  gli suggeriva di pensare ad una collaborazione con i magistrati. In quell’occasione il Capomafia, a sorpresa,  aveva risposto con una domanda molto significativa: “è fattibile…?”.

Poi le misteriose cadute in cella, i lividi e il tentato suicidio per soffocamento con un sacchetto di plastica. Episodi davvero strani per un uomo al 41 bis sorvegliato 24 ore su 24.
Da allora Bernardo Provenzano è stato sottoposto a diverse perizie mediche in cui è stato definito “un soggetto impossibilitato a interloquire validamente, comprendere quanto accade intorno a lui, relazionarsi al contesto” e ancora, a proposito della sua presenza al processo di Palermo “un paziente affetto da condizioni di grave disabilità motoria e cognitiva tali da non consentigli alcuna partecipazione al dibattimento”.
In questi giorni apprendo dai quotidiani che, nonostante le tre principali Procure (Caltanissetta, Palermo e Firenze – n.d.a.) che continuano a indagare su di lui abbiano esplicitato parere contrario, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha prorogato il regime carcerario previsto dal 41 bis proprio a Bernardo Provenzano, 83 anni relegato ad un letto , alimentato da un sondino nel naso e con lo sguardo perennemente fisso nel vuoto.
Lungi da me voler essere permissiva in tema di revoche al carcere duro, ma la storia c’insegna quanto sia stato facile non rinnovarlo a boss mafiosi in piena salute da parte dell’ex ministro Conso nel lontano 1993, che decise tutto certamente “in solitudine”, come ha dichiarato lui stesso negando ogni trattativa. Per questi motivi viene spontaneo chiedersi come mai oggi si usi tanta prudenza con un uomo in quelle condizioni di salute, talmente gravi da impedirgli di presenziare al processo di Palermo …
Già lo scorso anno, la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo aveva negato qualunque violazione dei diritti umani nei suoi confronti, e la Dna aveva colto l’occasione al volo per il rinnovo del carcere duro.
Dobbiamo quindi dedurre che, allora come oggi, Provenzano sia ritenuto in grado di comunicare con l’esterno, ma non di testimoniare ad un processo…
A complicare la lettura di questi fatti, si aggiunge l’ulteriore notizia della revoca del 41 bis per il pericoloso capo di Cosa nostra catanese Aldo Ercolano, nipote prediletto di Nitto Santapaola e attualmente condannato al carcere a vita per l’omicidio del giornalista Giuseppe Fava, avvenuto nell’84.
Visto che la famiglia degli Ercolano risulta essere ancora uno dei principali riferimenti per la mafia, com’è possibile che si ritenga innocuo proprio Aldo Ercolano e non si dubiti che, in condizioni carcerarie normali, egli non ritorni tranquillamente a “governare” il suo territorio, impartendo ordini e curando i propri sporchi affari?
Com’è possibile che in un’unica nazione, si usino due pesi e due misure nel delicatissimo tema dell’applicazione dell’isolamento e del carcere duro previsti dal 41 bis?
Se si pensa veramente che Bernardo Provenzano sia in grado di interloquire con l’esterno per continuare nel suo ruolo di capo criminale, ma non in condizioni di rispondere alle domande dei Pm di Palermo… Chi ha paura delle sue parole?