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grasso-valeria-web0di Valeria Grasso - 9 marzo 2014
Sono qui per spiegare quanto accaduto nelle ultime due settimane e nelle ultime 24 ore, da quando mi è stata proposta la candidatura nella lista Tsipras, “una lista promossa da movimenti e personalità della società civile, autonoma dagli apparati partitici”, come recita l’appello.

Pensavo di essere stata scelta per la mia storia, pubblica e accessibile a tutti, anche ai garanti che hanno accettato il mio nome ed evidentemente la mia stessa storia.
La mia storia che è il mio punto di forza e che rivendico. Così come rivendico la mia capacità di saper stare in tutti i luoghi dell’antimafia, di saper comunicare senza costruire muri.

Io pensavo di poter mettere a disposizione la mia capacità di riuscire a parlare a mondi nuovi, mondi solitamente inaccessibili e diffidenti rispetto a una classe dirigente non più rappresentativa.
Non si spiegherebbe altrimenti la necessità dei garanti e della creazione di un nuovo progetto che ha come regola l’impossibilità di candidature per chiunque abbia ricoperto cariche elettive europee, nazionali e regionali.

Inoltre ho accettato la candidatura nella lista Tsipras perché credo che le politiche europee dell’austerità abbiano rafforzato le mafie e la loro capacità di sostituirsi ad uno Stato senza più liquidità economica, liquidità che certo non manca alle organizzazioni criminali.

La mafia è d’altronde il più grande partito politico d’Italia nonché la più grande multinazionale italiana conosciuta in tutto il mondo ed oggi esportata, anche, in Europa.

Le mafie non hanno colore politico e non guardano in faccia a nessuno.

Non hanno guardato in faccia a Pio La Torre e Peppino Impastato, non hanno guardato in faccia a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E se ancora oggi, dopo 30 e 20 anni di commemorazioni, stiamo qui a discutere di quale sia l’antimafia migliore forse capisco perché continuiamo a uscirne sconfitti.

Da troppi anni la lotta alla mafia non è più una priorità, ci si è limitati a mettere le corone per onorare i morti, questo sì tutti insieme, ma quando si tratta di difendere i vivi siamo bravi solo a fare a gara a chi è il rappresentante dell’unica antimafia giusta.

Per questo non ci ho pensato due volte quando sono stata invitata da Fratelli d’Italia, per questo non ci ho pensato due volte quando sono stata chiamata dal blog di Beppe Grillo, per questo non ci ho pensato due volte quando sono stata invitata a partecipare dal movimento “Legge Illegale” alla conferenza stampa di lancio della manifestazione contro la Fini-Giovanardi, legge promossa dalla stessa parte politica di cui vengo falsamente  accusata di fare parte. Anche se è lampante, ci tengo a chiarire che la causa antiproibizionista e la sua lotta per la legalizzazione delle droghe leggere rappresentano un naturale percorso di contrasto della mafia, nonché un approccio totalmente estraneo a quello perseguito dal partito Fratelli d’Italia.
Allo stesso modo voglio chiarire il contestato video del convegno di Fratelli d’Italia dove ho dichiarato di “Essere orgogliosa di questo progetto”. Di certo non mi riferivo al partito Fratelli d’Italia, ma al “progetto legalità” che stavano mettendo in piedi all’interno del quale erano state accolte delle mie proposte per migliorare la legislazione in tema di lotta alla mafia.

Detto ciò, non so quante volte dovrò ripeterlo ancora, non ho mai avuto la tessera di nessun partito.

All’interno della coerenza del mio percorso, non ho capito cosa ha impedito ai garanti di prendere una posizione di difesa nei miei confronti quando, nelle ultime 24 ore, a mezzo di stampa (repubblica palermo e tgr sicilia) sono a venuta a conoscenza della mia esclusione dalla lista, senza aver ricevuto nessun avviso o chiamata diretta da alcuno dei garanti. Garanti che invece nei giorni precedenti continuavano privatamente a darmi pieno sostegno e rassicurazioni perché convinti che la mia presenza all’interno della lista avrebbe rappresentato quella ricchezza sociale di cui la stessa lista è promotrice.

Il silenzio intorno mi ha fatto sentire sola come quando ho dovuto affrontare le conseguenze delle denunce alla richiesta del pizzo.
Allora ho reagito incatenandomi davanti al Viminale per chiedere l’ingresso nel programma di protezione dei testimoni di giustizia perché pensavo che lo Stato fosse debitore nei confronti di una cittadina che aveva fatto arrestare esponenti della famiglia Madonia, famiglia direttamente o indirettamente coinvolta negli omicidi eccellenti degli stessi Pio La Torre, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, anche loro isolati politicamente e dalle istituzioni.  
Questa volta ho reagito con un gesto simbolico e provocatorio, ritirare la mia candidatura per richiamare l’attenzione sul fatto che, ancora una volta, in questo paese la lotta alla mafia non è più ritenuta una priorità preferendo ad essa la polemica di una mia partecipazione a un convegno.

Mi sarei aspettata un gesto di coerenza da parte dei garanti, così sicuri nel mettermi prima in lista, così insicuri da riuscire a prendere una posizione ufficiale rispetto a quanto comunicato a mezzo stampa.  

Per fortuna il silenzio non è stato di tutti. Continuo a ricevere chiamate e messaggi di coloro che hanno vissuto con entusiasmo la mia candidatura nella lista Tsipras, vedendo in me l’opportunità di far diventare il tema della mafia un punto centrale delle politiche europee. Sono le persone che ho incontrato nel corso dei miei lunghi 6 anni di testimonianza in tutta Italia, da Bergamo a Corleone.

Mi chiedono di ripensarci, tenere duro e accettare l’ennesima sfida impossibile.
Io voglio accettarla, oggi come allora, ma ho bisogno di sapere se posso contare su di voi.      

Questa sono io. Questa è la mia storia,
Valeria Grasso.