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caselli-gian-carlo-web1di Antonella Mascali - 12 novembre 2013
Dalla lotta al terrorismo al pool di Palermo, il procuratore capo di Torino va in pensione
Gian Carlo Caselli appende al chiodo l’inseparabile toga cinque mesi prima della pensione per legge. Lo fa solo per motivi strettamente personali e a malincuore. Lascerà la magistratura il 28 dicembre. I suoi sentimenti, da buon sabaudo, li accenna con pudore in una mail che ha scritto ai magistrati e a tutto il personale della procura di Torino, che è tornato a guidare nel 2008.

“Ecco una notizia che non avrei mai voluto comunicarvi, ma tant’è: ormai ci siamo. Ho formalizzato – prosegue Caselli - la domanda di pensionamento. Mi spiace lasciare il lavoro di Procura, ma ancor più (credetemi, non è frase fatta!) lasciare tanti amici, cioè voi tutti che, ciascuno nel proprio ruolo, avete fortemente contribuito, in maniera decisiva, a fare del nostro ufficio un sistema funzionante a livelli di eccellenza. Ve ne sono e ve ne sarò sempre immensamente grato. Auguro ad ognuno di voi tutto quel che spera dal suo futuro... Un grande abbraccio”.

Il procuratore lascia la magistratura dopo 46 anni passati sempre in trincea. Quella contro il terrorismo e quella contro mafia e politica. Una vita sotto scorta, piena di sacrifici personali e della sua famiglia per le continue minacce di morte.

DURANTE GLI ANNI del terrorismo contribuisce allo smantellamento delle Brigate rosse e di Prima Linea. È Caselli che raccoglie le dichiarazioni del pentito Patrizio Peci, il quale permetterà, tra l’altro, l’arresto dei responsabili del sequestro e del-l’omicidio di Aldo Moro.

Dopo le stragi del 1992, a Capaci e via D’Amelio, chiede di essere trasferito a Palermo per guidare la procura.

Sono gli anni delle inchieste non solo contro i mafiosi ma anche contro i loro protettori. Vengono arrestati centinaia di boss, tra cui Giovanni Brusca, che schiacciò il telecomando a Capaci. Viene processato per associazione mafiosa il sette volte presidente del Consiglio, l’uomo più potente d’Italia: Giulio Andreotti.

Sarà in parte condannato e prescritto, per i legami con Cosa nostra fino al 1980 e in parte assolto con la vecchia insufficienza di prove per gli anni seguenti. Con la guida di Caselli si celebrano anche i processi all’ex numero 3 del Sisde Bruno Contrada, condannato definitivamente per mafia e all’ex senatore Marcello Dell’Utri, condannato nel settembre scorso anche in appello bis.

Quei processi di mafia e politica fruttarono a Caselli quella che lui stesso ha definito una legge “contra personam”. In piena corsa per la guida della Procura nazionale antimafia, il Parlamento, nel 2005, cambia le regole e stabilisce che non si può essere nominati se si ha 65 anni di età. Come Caselli. Al suo posto, senza il concorrente favorito, fu nominato dal Csm Piero Grasso.

Negli ultimi due anni la sua scorta è stata rafforzata per le minacce in seguito alle indagini contro la frangia violenta dei No Tav.

In primavera il magistrato aveva chiesto al Csm una tutela per le dichiarazioni di Grasso in Tv sui “processi mediatici” a Palermo, quando Caselli era il capo. Tutela negata. L’ultima polemica riguarda le dimissioni da Magistratura Democratica. L’agenda 2014 di Md ha pubblicato un testo di Erri De Luca che giustifica gli anni di piombo. Per Caselli, intollerabile.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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