Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

della-volpe-santo-webb0di Santo Della Volpe -18 ottobre 2013
Ora l’ipotesi di cambiare la legge sulla diffamazione e’ diventata realta’. La Camera dei Deputati ha finalmente approvato, dopo lunghe attese, un testo di modifica della vecchia legge che risaliva al dopoguerra. Ma di fronte ad alcuni importanti passi in avanti, i parlamentari italiani non sono riusciti, o non hanno voluto, togliere la mannaia delle querele temerarie  in sede di causa civile, che pende sul lavoro dei giornalisti italiani che vogliono far luce su corruzione, mafie e malaffare italiano. E di fronte all’importante introduzione di deterrenti a querele per diffamazione in sede penale, nelle richieste di risarcimento per centinaia di migliaia di Euro in sede civile, la Camera si e’ fermata. Anzi si e’ rischiato di far saltare l’intera legge, di fronte al no ad un emendamento ,per altro firmato anche dall’esponente Pdl Mariastella Gelmini che voleva introdurre una deterrenza in sede civile alle querele temerarie. Ora  la battaglia riprenderà’ in Senato; perche’ c’e’ spazio per introdurre  di nuovo questo emendamento.
Ma andiamo con ordine: Innanzitutto va rilevato  che vi sono aspetti positivi nelle modifiche approvate alla Camera. In primo luogo l’abolizione del carcere per i giornalisti accusati di diffamazione.  Era un controsenso una legge a tutela della libertà’ di stampa che prevedeva la privazione della libertà’, anche se limitata a casi limite. Vi e’ poi la esclusione dei blog dal controllo di questa legge che dovrebbe riguardare solo i siti giornalistici sul web registrati come organi  di informazione presso il tribunale.  C’e’ poi l’innovazione dell’inclusione nella legge di una forma di deterrenza per il ricorso alla legge sulla diffamazione,  con la presenza di  una “multa” per il querelante decisa dal giudice. Ma ,come dicevamo, e’ solo introdotta in sede penale . E poi la cifra proposta, va da 1000 a 10000 Euro’ ed e’ troppo bassa per essere una vera deterrenza. Andrebbe alzata almeno  arrivando “da 3000 a 30000 Euro”.

Va poi introdotta una forma di forte deterrenza anche per le cause civili di risarcimento che saltano la fase penale. Sono  le vere Querele Temerarie che si abbattono come intimidazioni vere e proprie  sui giornalisti, soprattutto giovani e precari, che fanno inchieste e giornalismo investigativo contro mafie e corruzione.  Avevamo così’  proposto, come gruppo di lavoro dello Sportello contro le Querele Temerarie, l’aggiunta di un comma alla legge che prevedeva la possibilità’ per il giudice della sezione civile del tribunale, di  condannare il querelante ad un risarcimento che andasse, in percentuale, dal 10 al 50% della cifra inizialmente richiesta al querelato, nel caso sia dimostrata la manifesta infondatezza della querela e risarcimento connesso,inizialmente richiesto. In questo modo diminuirebbero, secondo gli esperti civilisti, le “tentazioni” di  ricorrere alla richiesta di risarcimento per impedire articoli scomodi. Ma l’emendamento che prevedeva espressamente un “Controrisarcimento” del 50% del querelante a favore del giornalista ingiustamente querelato,  firmato da deputati distanti tra loro,come un esponente del PdL e di Sel, e’ stato  fatto ritirare d’imperio.Un fatto grave, cui si dovra’ porre rimedio al Senato.
C’è’ poi la questione della rettifica, terzo punto critico della riforma, a nostro avviso. Nella modifica della legge, si introduce giustamente l’obbligo della rettifica,a difesa dei cittadini che si sentono diffamati: ma si esclude il commento del giornalista o direttore alla rettifica richiesta. Perché non lasciare la discrezionalità al giornalista unita all’estinzione del procedimento penale e/ o civile? In poche parole basterebbe introdurre per legge che la rettifica pubblicata senza commento  chiude la vicenda con soddisfazione del ” diffamato”. Ma se il giornale ha solide prove in mano a sostegno di quanto scritto in precedenza, perche’ non può tranquillamente controreplicare, ben sapendo che in questo caso si va poi in tribunale a ” vedere le carte”?
Infine altre due questioni del testo di modifica lasciano perplessi.  Innanzitutto, rispetto al testo Costa inizialmente usato come base di partenza della discussione, e’ sparito il tetto di 30.000 Euro come tetto massimo del risarcimento che dovrebbe pagare il giornalista ritenuto ” diffamatore”. Si lascia libera discrezionalità al giudice. Ma in questo modo aumenta il peso di quella ” spada di Damocle” che grava sul giornalista che conduce una inchiesta delicata, con nomi pesanti e potenti, il quale sa di poter incorrere in una vera e propria  batosta economica , con danni per di più’ non quantificati ma discrezionali. il che aumenta l’ansia e l’incertezza ,togliendo comunque serenità’ di giudizio a chi sta conducendo il lavoro giornalistico.  Una questione a parte riguarda il Giurì proposto inizialmente e’ poi sparito: ci chiediamo  innanzitutto chi e quali forze l’hanno cosi’ precipitosamente accantonato. Come mai appena si arriva a questa forma di autoregolamentazione  e decisione su possibili errori nella professione giornalistica, entrano in scena forze significativamente coese che fanno di tutto per evitare  una forma di autonoma disciplina interna? Forse si saldano automaticamente persone e pensieri che  da tempo affermano a gran voce che di CSM in Italia ce n’e’ gia’ uno per i magistrati  ed e’ sin troppo…
Resta da capire allora come intervenire  nell’ambito della professione giornalistica per sanzionare i comportamenti scorretti .  La legge prevede solo multe salate? È perché la multa e’ così bassa per le querele temerarie mentre non ha un tetto nel caso di condanna del giornalista?  La proposta di riforma della Diffamazione mette poi ,positivamente , sullo stesso piano Giornalisti Professionisti e Pubblicisti nel caso di difesa delle fonti e rispetto del segreto professionale. Ma allora andrebbe almeno scritto nella legge, se non si vuole fissare un tetto, che la sanzione pecuniaria al giornalista deve essere proporzionale al reddito del giornalista stesso, almeno per salvaguardare i giovani cronisti precari ( e pubblicisti,in molti casi) che spesso per 5 Euro scrivono articoli in terre di mafie e che rischiano querele e multe capaci di metterli sul lastrico.  Da parte  nostra, come giornalisti, va affrontata da subito una discussione per rafforzare l”Ordine dei giornalisti, per riformarne il ruolo in senso deontologico,eliminandone gli aspetti più vecchi e desueti. E’ l’altro aspetto della riforma della Diffamazione che noi dobbiamo esser capaci di offrire alla Pubblica Opinione, in difesa della dignità dei cittadini’ e delle garanzie costituzionali della nostra Societa’.

Osservazioni e criticita’. Ovviamente tralasciando le innovazioni positive,che pure ci sono nel testo in discussione alla Camera, ci aspettiamo ora che i legislatori tengano conto di queste osservazioni e proposte in sede di conversione definitiva della legge al Senato  E ci aspettiamo  interventi che tengano sempre presente il punto di partenza di queste proposte,ora come sempre: il diritto dei cittadini ad essere informati  correttamente e senza diffamazione  si deve coniugare con il diritto- dovere dei giornalisti ad informare senza alcun condizionamento , in piena libertà di coscienza, nel rispetto della propria deontologia professionale.

Tratto da: liberainformazione.org