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berlusconi-disperatodi Nicola Tranfaglia - 4 ottobre 2013
Il voto a maggioranza della Giunta del Senato presieduta dal CinqueStelle Stefano dopo sei ore di camera di consiglio e un tentativo in extremis del PDL di stretta osservanza berlusconiana guidato dall'ex presidente del seanto Schifani - tuttora con un processo aperto a Palermo per concorso esterno a Cosa Nostra - ha segnato, dopo polemiche da due mesi al centro della politica nazionale, una prima tappa importante per la decadenza dell'uomo di Arcore dal parlamento italiano e per la futura incandidabilità. Entro venti giorni l'assemblea plenaria del Senato sarà chiamata a decidere definitivamente per il sì o il no alla decadenza di Berlusconi (foto).
Certo, all'imprenditore di Mediaset, fino a oggi protagonista indiscusso della politica italiana dal 1994, sarà consentito, come fa Beppe Grillo, di guidare dall'esterno la nuova Forza Italia che è stata appena rifondata. Ma non si può confrontare il ruolo del comico genovese con quello di Berlusconi nella destra populista italiana.
Il Cavaliere, al suo esordio, ha unificato fascisti di vecchia data e populisti-qualunquisti orfani dei partiti storici, dispone di un grande potere mediatico ed economico, è circondato da maggiordomi e camerieri che non possono facilmente sostituirlo per ottenere i voti di quella parte degli italiani ossessionati dalla sinistra, postcomunista e non, che lo ha battuto negli ultimi anni (tra il 1996 e il 2001 la prima volta, dal 2006 al 2008 la seconda). C'è il rischio che la sua presenza indiretta e attenuata faccia crollare e disperdere la rappresentanza di quella parte presente tra gli industriali, i professionisti e i ceti popolari che vogliono collocarsi a destra.

Di qui la battaglia furibonda per battersi contro la decadenza e giocarsi il tutto per tutto pur di evitarla. Questo lo sa lui ma lo sanno anche moltissimi dei parlamentari e degli uomini del PDL che hanno fondato la propria fortuna politica e personale sull'uomo solo al comando e che, dobbiamo dirlo, rinverdiscono una tradizione politica e culturale italiana che è ancora dura a morire e che si fonda sui metodi mafiosi così estesi nella nostra società, sui vizi risorgenti di clientelismo e trasformismo, sull'odio per la democrazia e per l'integrazione nell'Europa e nel mondo del ventunesimo secolo, contro i principi fondamentali della costituzione repubblicana.
Di qui l'importanza della  battaglia in corso e la soddisfazione perchè la prima tappa almeno oggi è andata in porto.