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ingroia-antonio-web15di Rossella Guadagnini - 19 novembre 2012
L'ex procuratore aggiunto del capoluogo siciliano fa il punto, per MicroMega, sul dibattimento in corso, nella prima intervista rilasciata dal Guatemala, dove ora dirige un'unità investigativa contro il narcotraffico per incarico dell'Onu.

Martedì 20 novembre e quello successivo, il 27, si riapriranno le porte dell'aula bunker dell'Ucciardone, il carcere di Palermo, per celebrare la terza e quarta giornata dell'udienza preliminare per il processo sulla trattativa Stato-mafia, che vede sui suoi banchi 12 imputati, tra rappresentanti delle istituzioni all'epoca delle stragi del '92 e del '93 e capi mafiosi. Un processo complesso, che lentamente entrerà nel vivo dopo aver superato le fasi tecniche e al cui orizzonte già si stanno assiepando, a detta degli stessi protagonisti, molte minacce. Perché è un processo che va alla ricerca di verità difficili. Abbiamo raggiunto l'ex procuratore di Palermo Antonio Ingroia in Guatemala, dove ora dirige un'unità investigativa contro il narcotraffico per incarico dell'Onu. Tra una riunione e l'altra, ha accettato di illustrarci, per quanto gli fosse possibile, alcuni dei nodi processuali più intricati di questa prima fase dibattimentale.

Dottor Ingroia, e' difficile capire da fuori il reale andamento del processo sulla Trattativa Stato-mafia, tanto più che la stampa non ha accesso all'aula. E probabilmente continuerà a non esserci. Ci può chiarire alcuni punti, al di fuori degli inevitabili tecnicismi giuridici?
Sì, volentieri, qualche chiarimento lo posso dare.

La richiesta di stralcio della posizione dell'ex ministro dell'Interno, Nicola Mancino, è stata respinta. Continuerà ad esserlo o questa posizione potrebbe mutare nel corso del processo? Qual è, insomma, il senso della posizione assunta dal gup?
Il gup Piergiorgio Morosini, in sostanza, ha rigettato la richiesta di separazione della difesa sulla base della conoscenza degli atti fino ad ora. Ma, dice, potrebbe cambiare la sua decisione, a seconda dell'eventuale conoscenza di ulteriori atti.

C'è il rischio che il processo possa essere portato via da Palermo? Specie in considerazione delle intenzioni manifestate dai legali del senatore Marcello Dell'Utri...

Il rischio di un trasferimento del processo in altra sede giudiziaria esiste nel caso si ritenga valida l'incompetenza territoriale di Palermo. Esiste in quanto alcune difese solleveranno eccezione di incompetenza che, tuttavia, la Procura ritiene infondata. Lo dico perché la Procura valuta che sia ben radicata la competenza a Palermo, per ragioni esplicitate nella nostra memoria, depositata già prima del mio trasferimento.

E' stato detto che a questo processo manca un pentito. Non un pentito di mafia, ma un pentito di Stato. E' così a suo avviso?
In effetti solo un "pentito di Stato" potrebbe raccontare tutta la verità e i retroscena della trattativa. Il compito della magistratura è di ricostruire la trama, la figura dei protagonisti e i passaggi della trattativa sulla base del complesso e comunque univoco quadro indiziario. Ma se un uomo dello Stato dell'epoca raccontasse quanto sa, il quadro si chiarirebbe nei suoi particolari e dettagli. Al momento, però, mi sembra difficile che ciò possa accadere.

Pochi giorni fa è avvenuto l'arresto condotto dalla Dia di Cosimo D'Amato, il pescatore di Palermo che ha fornito il tritolo utilizzato nelle stragi del '92-'93 . Chi ha messo le bombe è dentro, ma chi le ha volute è fuori.
Le indagini sui cosiddetti "mandanti occulti" delle stragi, quelli che Piero Vigna chiamava "i mandanti a volto coperto" sono molto più difficili delle indagini sui "manovali delle stragi". E lo sono per la stessa ragione: si sono pentiti molti 'manovali' dello stragismo, ma non si è pentita nessuna 'mente'.

Una nuova formazione, a sinistra del Pd, cambiaresipuò l'ha indicata come possibile candidato premier. Anche il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, suo ex collega passato alla politica, ha detto che non vedrebbe nulla di strano nel fatto che lei diventasse ministro di Giustizia. Che ne pensa?
Ringrazio le tante persone che manifestano stima e apprezzamento nei miei confronti e nei confronti di quelle idee che non ho mai avuto paura di manifestare. Anche a costo di pagarne il prezzo. Ma oggi sono qui: vivo e lavoro in Guatemala. Un lavoro che mi impegna e mi affascina, al quale intendo dedicare le mie migliori energie. Certo non dimentico né la parte migliore dell'Italia, né i tanti italiani onesti. Quanto a De Magistris lo ringrazio, ben sapendo che il suo è il giudizio, generoso, di un amico.

Come appare l'Italia dall'altra sponda dell'Atlantico?
Lontana. Lontana per le sue beghe di potere, le cricche, le mafie e le caste che l'hanno fatta da padrone per troppo tempo. Nel mondo c'è tanta gente che soffre e muore per un nonnulla. Un maggiore senso di responsabilità da parte delle classi dirigenti dei Paesi ricchi, a cominciare dall'Italia, potrebbe davvero cambiare le cose. Da noi e nel mondo. Ma occorrerebbe cambiare profondamente le classi dirigenti dei Paesi ricchi. A cominciare dalla nostra.

Tratto da: temi.repubblica.it



UN’ALTRA GIUSTIZIA È POSSIBILE
UN SAGGIO DI
INGROIA NEL NUOVO NUMERO DI MICROMEGA

Il ventennio berlusconiano ha lasciato macerie sul terreno della giustizia. Una vera e propria Baghdad, distrutta dai bombardamenti a tappeto della valanga di leggi-vergogna. C’è oggi bisogno di molto più che una vera riforma della giustizia. Nel nuovo numero di MicroMega in edicola da giovedi 22 novembre Antonio Ingroia, magistrato simbolo della lotta alla mafia, descrive i provvedimenti minimi, necessari a restituire giustizia alla Giustizia italiana.

 

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