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dambrosio-gerardoIntervista a Gerardo D’Ambrosio
di Marco Lillo - 17 luglio 2012
La Procura di Palermo ha rispettato la legge e io al loro posto avrei fatto esattamente lo stesso. Parola di Gerardo D’Ambrosio, 71 anni, senatore della Repubblica nel gruppo Pd. Fu proprio l’allora Procuratore aggiunto di Milano il protagonista del caso invocato come precedente dalle due parti in causa. A favore della distruzione delle telefonate dai giuristi di complemento del Colle. A favore della liceità dell’intercettazione indiretta del Capo dello Stato, dal Procuratore aggiunto Antonio Ingroia. E il verdetto di D’Ambrosio è netto: “Da ex magistrato dico che non esiste una norma che permetta di fare quello che chiede il Quirinale. Non solo. Da politico io sarei contrario a introdurla”.

Senatore D’Ambrosio, lei è stato eletto con i Ds, lo stesso gruppo dal quale proviene il Capo dello Stato ma si occupò del caso nel quale fu intercettata nel 1993 la telefonata tra il presidente Scalfaro e il banchiere Carlo Piantanida. Secondo alcuni politici e giuristi vicini al presidente quel precedente avrebbe imposto la distruzione delle telefonate nel caso Mancino-Napolitano.

Noi depositammo la telefonata perché non esiste una norma che permetta di distruggere le telefonate senza nemmeno sentire le parti. Questa norma non c’era allora e non c’è nemmeno adesso.

Eppure il Quirinale ieri ha emanato un decreto per sostenere che le telefonate del Capo dello Stato, secondo la Costituzione che ne prevede l’immunità, devono essere distrutte tutte, anche quelle intercettate sul telefono di un altro soggetto che parla con il presidente.

Se l’orientamento è questo dovrebbero fare una legge per stabilire che le conversazioni del presidente della repubblica non sono intercettabili né utilizzabili mai, anche se indirette.

Lei oggi è un politico. Come vedrebbe una legge che introducesse il divieto di intercettazione anche indiretta delle conversazioni del Capo dello Stato?

Voterei contro. Secondo me sarebbe eccessivo. L’immunità del presidente riguarda solo la sua non punibilità. La sua immunità da intercettazioni indirette mi sembrerebbe troppo.

Anche allora però il ministro Flick diede ragione all’ex presidente Cossiga e ad altri che fecero interrogazioni contro la sua Procura di Milano sostenendo si trattasse di un illecito.

Quell’interpretazione si basava sul fatto che il presidente della repubblica non è punibile. Ma non c’entra nulla. Il problema è che qualsiasi intercettazione telefonica, anche quella con il Capo dello Stato, può essere usata anche dalla difesa per difendere l’imputato e quindi si possono distruggere solo davanti al gip, nel contraddittorio tra difesa e accusa.

Cosa avrebbe fatto al posto del Procuratore capo Francesco Messineo? Avrebbe distrutto tutto come chiede il Colle?

Anche io non farei nulla del genere senza un cambiamento delle norme.

Secondo Eugenio Scalfari bisognerebbe addirittura interrompere la registrazione appena compare la voce del Capo dello Stato

La regola è un’altra e non si vede perché non debba essere applicata a un’intercettazione indiretta del Capo dello Stato. La legge è uguale per tutti.

Perché allora il Presidente si ostina in questa interpretazione?

Evidentemente ha tenuto conto dell’affermazione del ministro Giovanni Maria Flick, ma quella è un’interpretazione di un politico, autorevole quanto si vuole, che non è vincolante sotto il profilo giuridico per il magistrato.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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