Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

la-torre-pio-web1di Vito Lo Monaco - 17 maggio 2012
Le fanfaronate sul Codice Antimafia, annunciate dal precedente governo, sono state ridimensionate grazie a una repentina controffensiva nel luglio del 2011 di un vasto schieramento, rappresentativo delle associazioni antimafia, di impresa e sindacali, nel quale il Centro Studi La Torre ha giocato un qualche ruolo propulsore. Infatti, grazie a quell’azione, non è stata cancellata dalla memoria legislativa del Paese la storica legge Rognoni-La Torre.

Il governo comunque ha rifiutato le articolate posizioni del movimento antimafia fatte proprie invece dalle commissioni Giustizia della Camera e del Senato. A meno di un anno tornano in evidenza i nodi grazie anche alle sollecitazioni della Confindustria e alle prese di posizione della Ministra dell’Interno e del segretario nazionale di Magistratura Democratica.

Riepiloghiamo brevemente le nostre posizioni: le procedure di sequestro o di confisca non possono essere confuse con le ordinarie procedure fallimentari; il ruolo propulsivo dell’Agenzia dei beni confiscati non può essere burocratizzato né essere avulso dai rapporti col sindacato, le associazioni d’impresa e le associazioni antimafia sia per il riuso sociale dei beni che per il loro rilancio produttivo nella legalità.

Tra le tanti questioni presenti c’è anche l’eventuale vendita dei beni confiscati. Fuori da ogni pregiudizio pseudoideologico il vero tabù deve essere il riuso sociale del bene confiscato e la sua restituzione alla società e a un mercato libero dalla mafia.  In quest’ottica si può anche vendere se non c’è altra soluzione. Ma chi stabilisce se non c’è altra soluzione? Ci può essere un controllo sociale  nella destinazione dei beni e nel rilancio aziendale? Chi elabora i piani industriali? Quali competenze economiche, amministrative, tecniche si rendono necessarie? E ancora, è possibile praticare tutto ciò senza alcuna interruzione per la vita del bene che giustamente va distinto se è un immobile (la villa con piscina o il magazzinetto di periferia)  o un’azienda (di un settore obsoleto o tecnologicamente avanzato)?

Abbiamo esempi di gestione di aziende confiscate molto alternativi. La Villa S. Teresa di Bagheria ha risanato i conti con tariffe pari a un quinto di quelle delle quali si  avvantaggiava l’ex proprietà mafiosa e ha realizzato un polo d’eccellenza. La Riela Group, azienda di trasporti di eccellenza, invece va a chiudere e mette nel lastrico 22 capifamiglia. Stesse procedure, stesse norme, probabilmente la qualità professionale degli amministratori giudiziari a cui è stata affidata la gestione è profondamente diversa.

Inoltre tra le priorità da affrontare c’è quella di rendere compatibile i tempi brevi imposti per la confisca dei beni e i tempi lunghi del processo.
Di quanto accennato se ne discuterà martedì 12 giugno a Roma in una conferenza dibattito nella quale interverrà la ministra Cancellieri e promosso dal Centro Studi La Torre e da ANM, Cgil, Confindustria, Libera, Legacoop, Cna, Osservatorio Legalità Unipa, Osservatorio Fillea, con l’adesione di varie personalità politiche e istituzionali.
È stato annunciato un ddl di concerto tra le due ministre della Giustizia e dell’Interno, ne discuteremo con grande interesse proponendo le nostre articolate posizioni che prevedono il miglioramento del Codice Antimafia, la semplificazione della gestione dei beni confiscati, una buona legge contro i nuovi reati finanziari e anti corrotti, ai quali estendere le norme penali antimafia, compreso la confisca dei beni.

Va adeguata la Rognoni-La Torre?
Noi del Centro Pio La Torre lo proponiamo da tempo perché vogliamo renderla ancora più penetrante nell’attuale fase di economia finanziarizzata e globalizzata. Oggi probabilmente ci sono condizioni migliori del recente passato. Nell’Ue si è fatta strada l’idea che occorra una legislazione antimafia europea; all’Onu sulla questione della criminalità economica transazionale sono maturati orientamenti positivi di contrasto e infine al Governo non ci sono uomini sospettati di compiacenza verso la mafia, e non è poca cosa. Recuperare efficienza nella legislazione antimafia significa sicuramente recuperare capitali per la crescita del paese.

Occorre un messaggio forte di tutto lo Stato democratico, affinché nell’anno durante il quale si celebrano i trentennali dei delitti politico-mafiosi di Mattarella, La Torre, Dalla Chiesa, Chinnici e i ventennali delle stragi di Capaci, via d’Amelio e i funerali di Stato per Placido Rizzotto, dimostri che è unito nell’azione legislativa e politica per contrastare la mafia e si sta adoperando perché non ci siano mai più collusi con la mafia nelle assemblee elettive del Paese e nella sua classe dirigente.

Tratto da: articolo21.org