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ambrosoli-giorgio-webdi Nando Dalla Chiesa - 22 marzo 2012
Se gliel’avessero detto. Se avessero detto a Giorgio Ambrosoli che più di trent’anni dopo il suo assassinio la Regione Lombardia avrebbe vietato al figlio Umberto di ricordarlo in un corso di educazione alla legalità rivolto a giovanissimi studenti. Davvero ci sono comportamenti leciti che pesano e offendono più dei reati. Umberto Ambrosoli, ormai affermato avvocato penalista, ruba da anni tempo ai propri affetti e svaghi per portare ovunque, ma soprattutto nelle scuole, parole di decoro morale, di senso del dovere, di legalità. Ossia per diffondere la lezione del padre che egli ha fatto propria.

Chiunque lo abbia sentito anche una sola volta sa che ripudia qualsiasi sconfinamento nelle logiche politiche. Nessun nome di partito né di ministro o di consigliere regionale. Come fanno praticamente tutti i familiari che si sentano eredi di un patrimonio comune. Ma alla regione Lombardia, tempestata dalle inchieste giudiziarie, questo non lo sanno. Non lo hanno mai visto all’opera. Anche perché nessun insegnante si sognerebbe mai di chiamare a un corso di formazione qualche eccellenza regionale. Pensate alle domande degli studenti o degli stessi insegnanti: perché sono indagati tanti consiglieri regionali? Come mai ci sono tanti suoi colleghi che frequentano i boss della ‘ndrangheta? Qual è il rapporto tra morale e politica? Lei che cosa fa per impedire che altri politici rubino? I governanti lombardi hanno giudicato Umberto Ambrosoli solo in base alla convinzione, da lui espressa alla stampa poche settimane fa, che dopo questa marea di inchieste e arresti sarebbe meglio se il consiglio regionale si sciogliesse. Puro senso del decoro, nessuna dichiarazione di voto. Ma questo basta per decidere che non potrà parlare dei valori di suo padre dopo la proiezione del film “Un eroe borghese”. Di cui il padre è protagonista, e in cui lui stesso compare bambino. Ora intento ad ascoltare furtivamente di notte i timori di suo padre. Ora sgambettante accanto alla madre Annalori che ha già letto casualmente (e segretamente) la bellissima lettera-testamento del marito (quella in cui Umberto viene indicato con affetto infinito come il figlio che saprà farsi onore). Ora sgomento in lacrime ai funerali, in quel giorno di luglio del ’79, tra parenti e amici senza lo straccio di un politico di governo. Oggi la politica che governa, la politica che non si vergogna di quel che fa e dice, invece c’è. E lo mette all’indice, lo insulta negli affetti. Non gli riconosce i titoli per formare gli studenti, proprio mentre fatica ore a trovare la mosca bianca, ossia un componente dell’ufficio di presidenza della Regione non inquisito da mandare a salutare i ragazzi. È il capovolgimento totale dei valori. E’ l’ultimo scandalo che si consuma in una istituzione senza più bussola morale. Uno scandalo più grande di quelli destinati ai tribunali, perché è una dichiarazione di appartenenza ideale, un calcio alla storia migliore del paese. Il segno di una bulimia di immoralità che spiega tutto il resto.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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