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di Umberto Lucentini - 5 gennaio 2012
Otto protagonisti della lotta contro il crimine organizzato e il loro ideale 'decalogo' affinché il nuovo anno porti strumenti più idonei ed efficaci nella battaglia per la legalità
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Un promemoria di impegni destinato a chi vuole realmente combattere le mafie. Un vademecum per l'anno che si apre e che fa tesoro di errori, limiti, omissioni e denunce con cui si è chiuso il 2011. Proposte concrete come l'approvazione di nuove e più efficaci norme contro Cosa nostra, 'ndrangheta e camorra e i loro rapporti con la parte malata della politica. Indicazioni utili per aprire un dialogo tra addetti ai lavori per contrastare l'infiltrazione dei clan nel mondo dell'imprenditoria.

L'appello alle istituzioni europee affinché si dotino degli strumenti più idonei per sbarrare la strada alle cosche sempre più internazionali. E la speranza, o la richiesta, perché si faccia luce sulla stagione delle stragi che hanno insanguinato l'Italia tra il 1992 e il 1993 e che restano coperte da misteri sui quali con difficoltà si sta facendo luce. Il tutto firmato da otto protagonisti di primo piano nella lotta contro le organizzazioni criminali.


PENTITI, TESTIMONI, INTERCETTAZIONI
POTENZIARE LE ARMI CONTRO I CLAN
Antonio Ingroia
Procuratore aggiunto della Procura di Palermo

«Se davvero si volesse dare una svolta all'impegno antimafia, favorendo un salto di qualità alle indagini, un settore nevralgico sul quale intervenire per migliorarlo è certamente quello degli strumenti investigativi. E siccome lo strumento investigativo principe è quello che riesce a far avere più notizie dall'interno di organizzazioni segrete come la mafia, occorre innanzitutto dare un incentivo ad un più ampio fenomeno di collaborazione con la giustizia. Per incoraggiare la collaborazione di boss mafiosi di spessore che consentano di conoscere quali siano attualmente organigrammi, strategie economico-criminali e complicità esterne, andrebbe innanzitutto rivista la legislazione vigente, ripristinando effettivi meccanismi premiali che favoriscano la dissociazione dalle mafie e la contestuale collaborazione.
Andrebbe rivista poi anche la legislazione di protezione dei testimoni di giustizia, dei cittadini - cioè - che, in quanto testimoni o persone offese, rendano dichiarazioni contro la mafia. La normativa andrebbe resa più efficace per vincere resistenze ed omertà, garantendo al cittadino-testimone contro la mafia uno Stato che lo protegge e che persegue i colpevoli.
Altro straordinario strumento investigativo da potenziare è quello delle intercettazioni. Basterebbe provvedimenti semplici ed immediati, ad esempio dotando le forze di polizia della strumentazione più moderna ed efficiente per le intercettazioni ambientali, oggi principale risorsa di indagini e arresti, visto che attualmente gli uffici di Procura e di Polizia sono costretti a rivolgersi a società private per il noleggio (assai costoso) delle apparecchiature. Insomma, a volte basta poco. Per fare le cose bene ci vuole conoscenza dei problemi e volontà politica di risolverli... ».



VENTI ANNI DOPO LE STRAGI
FARE LUCE SULLA TRATTATIVA
Salvatore Borsellino
ingegnere, promotore del movimento «Agende Rosse»

«Il 2011 è stato sicuramente un anno di svolta nelle indagini sulla strage di Via D'Amelio e sui motivi che hanno affrettato l'assassinio del giudice Paolo Borsellino. Finalmente a Caltanissetta ci sono dei magistrati che piuttosto che prestarsi ad avallare improbabili depistaggi che per vent'anni hanno occultato la verità stanno cercando di sollevare il pesante velo nero che finora ha coperto i veri responsabili, morali e materiali, di quella strage. Anche le indagini sulla scomparsa dell'Agenda Rossa di mio fratello Paolo, questo simbolo di una giustizia violata e di una verità negata, potranno forse essere riaperte. Intanto anche i magistrati della Procura di Palermo stanno procedendo sulla strada della verità mettendo in luce quella ignobile e scellerata trattativa tra Stato e anti-Stato per potere portare avanti la quale Paolo ha dovuto essere eliminato ed eliminato in fretta prima che, come ultima ratio, potesse rivelarla all'opinione pubblica. Quei "lampi nel buio" di cui parlavo in uno mio scritto del 2010 che lasciavano intravedere qualche squarcio di verità in mezzo alle tenebre dei depistaggi e dell'occultamento, stanno diventando degli squarci di luce sempre più ampi che lasciano intravedere sempre più chiaramente i responsabili morali e materiali di quel peccato originale che macchia indelebilmente le origini di questa disgraziata seconda Repubblica. Dal 2012 mi aspetto, e saranno passati 20 anni dalla morte di Paolo e dei suoi ragazzi, che si rompa la congiura del silenzio che ha coperto finanche l'esistenza di questa trattativa e che la verità cominci ad affiorare anche in sede giudiziaria. Solo allora potremo sperare di diventare veramente un paese libero».


STRONCHIAMO IL RACKET
E I BARONI DELL'USURA
Claudio Barone
segretario generale della Uil Sicilia

«Sono cresciute le denunce contro il racket da parte delle imprese siciliane. Ma si tratta ancora di una minoranza. E sempre dati alla mano si è, invece, bloccata l'emersione del lavoro nero. La colpa è da attribuire soprattutto al tessuto economico isolano, ancora oggi, troppo fragile. Ha chiuso, infatti, la Fiat a Termini Imerese. In Sicilia resistono le grandi gruppi industriali solo nella raffinazione e nell'elettronica mentre la maggior parte delle piccole aziende, che operano su mercati locali, soffrono di problemi di credito e la difficoltà nel reperirlo le consegna spesso nelle mani della mafia. Per questo è una priorità assoluta garantire facilità di accesso al credito. La Uil ha chiesto al Governo regionale la creazione di un Istituto di medio credito efficace e interventi che assicurino le banche, decise a esporsi a favore delle imprese isolane. Bisogna poi operare sulla capacità di spendere le risorse della Comunità europea, le uniche disponibili per fare investimenti dato che i bilanci pubblici sono in rosso. Vanno spese, però, in modo trasparente ed evitando di disperderle in opere inutili che tanto piacciono ai mafiosi. E' necessario, quindi, decidere quali sono le infrastrutture veramente prioritarie per lo sviluppo dell'Isola e non assecondare i politici che comprano il consenso con appalti poco trasparenti. Abbiamo già ottenuto l'istituzione delle Stazioni Uniche per superare la frammentazione dei soggetti appaltanti ma siamo ancora lontani dai risultati attesi. Chiediamo, quindi, che Istituzioni e parti sociali concordino gli interventi necessari per rendere completamente trasparente ed efficiente il sistema degli appalti in Sicilia».



IMPRENDITORI, SINDACATI E MAGISTRATI
UNITI PER LIBERARE IL MERCATO
Antonello Montante
delegato di Confindustria nazionale per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio

«Un tavolo nazionale di confronto permanente, nel rispetto dei rispettivi ruoli, tra imprenditori, magistrati, forze dell'ordine, sindacati. Un luogo fisico – che è il modo migliore per semplificare i confronti - in cui elaborare soluzioni e proposte pratiche da affidare alla politica. Il tutto con un obiettivo concreto: l'approvazione di leggi nuove con cui si prevedano sanzioni per gli imprenditori che distorcono il mercato creando concorrenza sleale e premi per gli imprenditori che denunciano realmente collusioni ed estorsioni. Oggi bisogna partire da un dato ormai noto: l'impresa che sceglie di combattere contro le distorsioni del mercato e contro la concorrenza sleale di chi si allea con le mafie è di fatto estromessa da un "cartello" illegale che crea benefici per chi vi aderisce e può portare al crollo del giro d'affari di chi ne prende le distanze. In un momento di crisi economica come quella attuale non si può consentire alle mafie di fagocitare le imprese già in difficoltà. Ecco perché è questo il momento per trovare soluzioni giuridiche concrete al fine di ampliare il numero di aziende che vogliono rifiutare l'abbraccio mortale della più grande impresa italiana, il "cartello" delle mafie. E ridare spazio alle imprese che vivono di vero mercato».



COLPIRE LE COLLUSIONI CON LA POLITICA
SERVONO REGOLE PIù SEVERE

Nino Di Matteo,
sostituto procuratore antimafia a Palermo, autore con Loris Mazzetti di «Assedio alla toga» (Aliberti editore)

«Per operare un vero salto di qualità nella lotta alle mafia, ci si deve rendere conto che è necessario incidere più efficacemente sul rapporto mafia politica, e su quello altrettanto pericoloso tra mafia e impresa. In queste direzioni si potrebbero muovere passi importanti con la previsione di poche ma decisive nuove leggi. Penso a norme più rigorose in tema di reati contro la pubblica amministrazione, la corruzione, l'abuso d'ufficio, in genere quelle condotte che costituiscono la chiave d'accesso con la quale Cosa Nostra penetra il mondo delle amministrazioni pubbliche. Penso alla previsione di un'apposita norma incriminatrice che sancisca la rilevanza penale degli accordi politico-elettorali tra un candidato e la mafia, a prescindere dall'effettivo adempimento dei favori promessi in cambio del sostegno delle cosche. Penso all'introduzione nel nostro sistema del cosiddetto auto-riciclaggio, che finalmente consentirebbe di punire più duramente coloro i quali all'interno dell'organizzazione rivestono il ruolo specifico di riciclatori dei soldi sporchi. Penso quindi ad una politica in grado finalmente di riappropriarsi della funzione di primo presidio contro la mafia e il metodo mafioso ormai diffuso nell'esercizio del potere».



IMPEDIRE LA CANDIDATURA DEI CONDANNATI
CREIAMO UN'ANTIMAFIA EUROPEA
Sonia Alfano
deputato del gruppo Alde al Parlamento Europeo

«Il 25 ottobre 2011 il Parlamento Europeo ha approvato a larghissima maggioranza la risoluzione sul crimine organizzato nell'Unione Europea di cui sono relatrice. Alla luce del Trattato di Lisbona e col Parlamento Europeo nel nuovo ruolo di legislatore in ambito "Giustizia e Affari Interni", la risoluzione assume un rilevante significato politico e traccia un chiaro piano di azione per un contrasto al crimine organizzato e alle mafie a livello UE. La risoluzione, frutto di un lavoro parlamentare di un anno, è espressione dei contributi di numerosi magistrati, studiosi ed esperti. Per la prima volta nella storia istituzionale europea si fa riferimento ai sistemi criminali mafiosi in un testo ufficiale, a testimonianza di un'acquisita consapevolezza politica della necessità di adeguate forme di contrasto: confisca e riutilizzo a scopi sociali dei patrimoni criminali, riconoscimento del reato di associazione mafiosa nei 27 Stati membri, norme sul controllo e la trasparenza dei fondi pubblici, contrasto al riciclaggio di denaro, non-candidabilità dei condannati per reati gravi, istituzione di una Commissione parlamentare antimafia. Proprio quest'ultimo punto assume un'importanza notevole poiché tale Commissione assumerebbe il ruolo di guida politica e di stimolo dell'attuazione tempestiva delle raccomandazioni del Parlamento Europeo a livello legislativo e operativo. Adesso spetta alla Conferenza dei presidenti (composta dal Presidente del Parlamento Europeo e dai presidenti dei gruppi politici) prendere atto della posizione della plenaria del 25 ottobre e istituire nei primi mesi del 2012 la Commissione speciale del Parlamento Europeo sulla criminalità organizzata e le mafie».



PIU' RISORSE PER LE FORZE DELL'ORDINE
CATTURARE GLI ULTIMI LATITANTI
Giovanni Assenzio
Segretario generale provinciale Siulp Palermo

«Negli ultimi due anni il comparto sicurezza e difesa ha subìto oltre 3 milioni di euro di tagli, con pesanti ricadute negative sull'organizzazione della sicurezza da parte delle forze di polizia impegnate sull'intero territorio nazionale. I tagli hanno determinato anche situazioni paradossali come la mancanza di carta negli uffici di polizia a Palermo che non ha consentito in più occasioni di ricevere le denunce dei cittadini. Si è stati costretti nel 2011 anche ad attingere alle "riserve" dei buoni benzina per far fronte alla mancata fornitura di carburante, per non parlare della totale assenza di fondi per acquisto di toner, computer, fax e fotocopiatrici. Ma denunciamo l'imminente taglio al monte ore dello straordinario destinato a tutta la questura di Palermo, di circa 7.000 ore mensili (pari al 20% circa). Tale scelta, oltre ad influire negativamente sull'ordinario funzionamento di tutti gli uffici della questura, pregiudicherà e sicuramente condizionerà negativamente l'attività investigativa della Squadra Mobile, soprattutto il pool di investigatori che lavorano con enormi sacrifici per la cattura del super latitante Matteo Messina Denaro».



LE DIOCESI DIANO L'ESEMPIO
PER GESTIRE I BENI TOLTI AI BOSS
Domenico Mogavero
vescovo di Mazara del Vallo, autore con Giacomo Galeazzi di «La chiesa che non tace » (Bur Rizzoli)

«Le voci isolate rimarranno tali nella lotta alla mafia, quello che serve, invece, è un impegno corale di tutti, al di la delle parole, con la concretezza delle azioni e dei fatti. A Mazara del Vallo la Diocesi è impegnata in prima persona nella gestione dei beni confiscati alla mafia tramite la sua "Fondazione San Vito Onlus". A Salemi un rudere del boss Calogero Musso è stato trasformato nell'agriturismo "Al Ciliegio", ora alimentato coi pannelli solari, e dove è stato rimesso in produzione il vigneto abbandonato. A giorni in Prefettura a Trapani costituiremo una cooperativa sociale che vedrà insieme "Libera" e la Diocesi tramite il "Progetto Policoro" e gestiremo venti ettari di uliveto confiscati a Castelvetrano al boss Gaetano Sansone. Un esempio di messaggio concreto contro le organizzazioni criminali che, è il nostro augurio, altre Prefetture possano seguire in altre parti d'Italia».

Umberto Lucentini (L'Espresso, 04 gennaio 2012)


Tratto da:
19luglio1992.com

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