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di Stefania Limiti
Nel 1993 la potenza di fuoco degli stragisti mafiosi colpì Firenze nel mese più dolce dell’anno, maggio. Un furgone imbottito di esplosivo saltò in aria nel cuore della notte tra il 26 e il 27 di quel mese in una magnifica via del capoluogo toscano dove sorge una antica istituzione, l’Accademia dei Georgofili.

Ora sappiamo dai resoconti della Commissione Antimafia che esiste un lavoro istruttorio svolto dal II Comitato, quello presieduto da Mario Giarrusso, e che nuove testimonianze e documenti sono stati acquisiti durante un sopralluogo a Firenze fatto dai consulenti dell’organismo parlamentare lo scorso 13 dicembre: si tratta di materiale relativo a “fatti e circostanze connessi alla strage di Via dei Georgofili del 27 maggio 1993”. Un lavoro investigativo riservato che potrebbe avere buon esito. Vedremo.

In questi anni molti hanno riflettuto, discusso o studiato le circostanze dell’ondata stragista di stampo mafioso arrivando a concludere che le incongruenze sono tante. Mancano pezzi. Nel caso della strage dei Georgofili: raccontano i pentiti di Cosa nostra che l’obiettivo era stato individuato “tramite le guide turistiche, i dépliant”, così disse Giovanni Brusca. E così pure Gaspare Spatuzza, il quale ricorda le pubblicità patinate: nella villa di Santa Flavia, raccontò al processo, c’erano Graviano, Tagliavia, Messina Denaro, Lo Nigro ed altri, lui entrò dalla porta secondaria: “Sul tavolo c’erano libri e fotografie di monumenti, ma loro avevano già fatto i soralluoghi”. In realtà, il pentito di Brancaccio, l’uomo che ammazzò don Pino Puglisi, parla, tutt’al più, di ciò che vide, ammette che era solo un soldato, “i capi erano gli altri”.

Che ne sa Gaspare di come venne ai boss la brutale ideale di assalire i monumenti del Continente? Nulla. Brusca disse che il malvagio proposito di mettere in ginocchio lo Stato a suon di bombe contro i beni artistici (furono colpite la chiesa del Velabro e quella di san Giovanni in Laterano a Roma, il Pac di Milano e prima ancora dei Georgofili un proiettile era stato lasciato nei giardini di Boboli di Firenze) era stata suggerita da tal Paolo Bellini, l’uomo rinviato a giudizio proprio pochi giorni fa per la strage di Bologna e che possiede una carta da visita davvero lunga e molto inquietante Dell’ideazione il maxi-pentito non sa nulla.

E poi Spatuzza che ne sa del fiorino bianco imbottito di tritolo lasciato quella notte in via dei Georgofili? Un testimone disse di aver visto il mezzo mezz’ora prima dell’esplosione, era seguito da una Fiat Uno bianca guidata da una donna. La donna delle stragi (come spiego nell’inchiesta La strategia dell’inganno pubblicata da Chiarelettere). Vedremo se il futuro porterà più luce.
(19 febbraio 2020)

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

Foto © Guido Mannucci/Massimo Sestini

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