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di AMDuemila
Il fondatore di Libera intervenuto durante il sit in a Montecitorio

"La mafia più pericolosa è la mafia delle parole, è immobilismo, la burocrazia, il promettere e non fare. La lotta alle mafie non può diventare un esercizio retorico, uno strumento di facile consenso". E’ un messaggio chiaro, conciso e diretto alle istituzioni, quello di don Luigi Ciotti. Il fondatore di Libera ha organizzato per questo pomeriggio un sit in davanti a Montecitorio per chiedere risposte concrete di giustizia per i famigliari delle vittime di mafia. "Centinaia di familiari di vittime innocenti delle mafie provenienti da tutta Italia si sono riuniti a piazza Montecitorio per un presidio dove è stato illustrato un manifesto con una serie di richieste di giustizia e di rispetto dei diritti stabiliti per legge. Mentre alla Camera si vota la fiducia al Milleproroghe frutto di faticosi compromessi - ha spiegato don Ciotti - noi siamo qui in piazza in silenzio ad esprimere la nostra sfiducia. Ma non dobbiamo mai dimenticare le cose positive di questi anni, vogliamo continuare a dare fiducia alla politica seria. Però noi dobbiamo alzare la voce quando qualcuno sceglie il silenzio. Non possiamo stare zitti e inermi". Nel manifesto illustrato in piazza si chiede alla politica di dare delle risposte alle istanze dei famigliari delle vittime. “Riteniamo sia una priorità modificare il senso stesso delle misure previste a favore delle vittime, in quanto ad oggi vengono definite 'benefici', mentre sarebbe giusto e culturalmente opportuno definirle diritti”, ha detto il fondatore del Gruppo Abele. "I familiari delle vittime meritano considerazione - ha sottolineato don Ciotti - e sono 25 anni che chiedono le stesse cose. Ora basta!”. Il messaggio è chiaro: più fatti, meno parole. Per questo la manifestazione indetta a Montecitorio non è solo un simbolo di protesta fine a se stesso contro la negligenza di una certa politica, ma è una chiara sollecitazione agli organi competenti fatta di richieste precise e concrete che devono essere una volta per tutte assecondate.

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Ad esempio viene chiesto il riconoscimento dello status “vittima di mafia” anche “alle persone che hanno perso la vita a causa di eventi delittuosi di stampo mafioso in data antecedente al primo gennaio 1961 e per le quali ricorrano i presupposti per il riconoscimento medesimo; l'equiparazione delle vittime del dovere e delle mafie alle vittime del terrorismo, al fine di evitare ulteriori disparità tra le vittime in base alla tipologia dell'evento delittuoso; che riguardo all'estraneità della vittima e dei suoi familiari fino al 4 grado, così come previsto dalle norme, sia effettuata una valutazione caso per caso, relativamente alle frequentazioni del superstite e dei familiari della vittima e non sul grado di parentela". Inoltre Libera chiede che "in materia di prescrizioni e decadenze, previste anche da una recente circolare del ministero dell'Interno, sia fatta un'attenta ed urgente riflessione per evitare interpretazioni ingiustamente restrittive; un riordino ragionato di tutte le norme che disciplinano i diritti (benefici) previsti a favore delle vittime delle mafie, al fine di rendere effettiva la fruizione che rispetto ad alcuni punti fondamentali resta molto spesso solo sulla carta; così come chiediamo che i tempi della valutazione delle singole istanze non si dilatino a dismisura; che l'attenzione alla vittima venga posta al centro della riflessione del legislatore, al fine di rendere operative anche in Italia le direttive europee in materia di tutela della vittima e dei suoi familiari, ad essa equiparati, in particolare rispetto alla stessa posizione dei familiari delle vittime nel processo, visibilmente limitata rispetto a quella del reo, dato anche l'approccio reocentrico del nostro sistema processuale". Per ultimo va assicurato “sostegno alle vittime dei reati intenzionali violenti”.

Foto © Imagoeconomica