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di Marco Lillo
Promemoria sulle stragi. Verbali del pm Tescaroli

La storia delle indagini sulle stragi era un tabù già 21 anni fa. A beneficio di chi ha scoperto ora l’esistenza dell’indagine fiorentina per le stragi del 1993 a carico di Silvio Berlusconi e Marcello dell’Utri tornano utili due verbali di Luca Tescaroli del 2001 e 2002 che ricostruiscono la genesi della prima indagine della Procura di Caltanissetta sul ruolo presunto di Berlusconi e Dell’Utri nelle stragi. Firenze e Caltanissetta, hanno viaggiato con tempi diversi su due binari paralleli. Due volte ciascuna le due procure hanno indagato Berlusconi e Dell’Utri per strage in relazione ai fatti del 1992 e del 1993 e hanno sempre chiuso con richieste di archiviazione accolte dal gip. Il terzo giro è partito con le intercettazioni delle conversazioni in carcere del 2016-17 del boss Giuseppe Graviano (condannato per le stragi del 92-93) che parla di Berlusconi e Dell’Utri. Stavolta solo Firenze ha iscritto e Caltanissetta no.
Tescaroli nei suoi verbali del 2001-2002, resi a Catania in un’indagine su una presunta fuga di notizie, ci offre la sua versione di quel che accadde nel 1997, quando l’inchiesta sulle stragi del 1992 partì. Racconta che il procuratore capo di allora a Caltanissetta, Giovanni Tinebra, scomparso nel 2017, non voleva iscrivere Berlusconi e Dell’Utri dopo le dichiarazioni del pentito Salvatore Cancemi e manifestò disappunto e l’intenzione addirittura di denunciarlo per calunnia. Per queste e altre affermazioni di Tescaroli, Tinebra fu iscritto per favoreggiamento di Berlusconi e Dell’Utri ma la Procura di Catania chiese l’archiviazione e il gip la concesse il 23 luglio 2006, perché Tinebra tra l’altro “non ha voluto favorire Berlusconi e Dell’Utri ma ha agito con la dovuta prudenza e attenzione al fine di non arrecare inutili danni e provocare situazioni meramente scandalistiche e strumentalizzazioni politiche”. Rileggere oggi quella vicenda aiuta a capire l’atteggiamento di molti magistrati, giornalisti e politici rispetto al tema. Quell’inchiesta, come le consecutive a Firenze e Caltanissetta, non fu inutile. Le dichiarazioni dei pentiti o le intercettazioni dei mafiosi andrebbero sempre riscontrate velocemente (anche per escludere responsabilità inesistenti) soprattutto quando i collaboratori tirano in ballo personaggi di primo livello. Invece scatta una sorta di tabù che impedisce di indagare sulle storie più gravi.
Tescaroli ha raccontato ai pm di Catania che solo dopo un lungo braccio di ferro, Tinebra accettò l’iscrizione con un accorgimento: Dell’Utri e Berlusconi furono iscritti come Alfa e Beta (a Firenze Autore 1 e 2). Infine quando, nel marzo del 2001, furono archiviati, Tinebra fece consegnare la richiesta alle difese un giorno prima del decreto del gip. Tutto giusto secondo il gip di Catania: Tinebra è stato “magistrato da sempre impegnato con successo nella lotta alla mafia”.
Il pm Luca Tescaroli ricostruisce così quella che, per i giudici, è una dialettica fisiologica nell’ufficio: “Era stato il collaborante Tullio Cannella nel 1997 il primo a muovere delle accuse contro imprenditori milanesi, identificati in Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi”. Poi, prosegue Tescaroli, “nel gennaio del 1998, il collaborante Salvatore Cancemi rese ulteriori dichiarazioni accusatorie”. Nino Di Matteo allora era pm con Tescaroli in quella trincea e nel 2017, audito dalla commissione parlamentare antimafia, ha ricordato: “Cancemi in quattro udienze affermò che nel contesto temporale del giugno ’92, Riina si assunse la responsabilità di uccidere Paolo Borsellino, che in quel momento citava Berlusconi e Dell’Utri come soggetti da appoggiare ora e in futuro e rassicurava che fare quella strage sarebbe stato un bene per tutta Cosa nostra… a seguito di queste dichiarazioni io e il pm Tescaroli chiedemmo al procuratore Tinebra che venissero iscritti per concorso in strage Berlusconi e Dell’Utri”.

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Il procuratore aggiunto di Firenze, Luca Tescaroli © Paolo Bassani


Tescaroli ricorda che anche il procuratore aggiunto Carmelo Petralia “segnalava l’opportunità di iscrivere al registro notizie di reato i nominativi di Dell’Utri e Berlusconi”. Il procuratore capo Tinebra - poi nominato dal governo Berlusconi capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria - però non voleva saperne. Anche perché Cancemi ha ricordato solo in ritardo molte cose importanti come il suo ruolo nella strage di via D’Amelio. All’inizio Tinebra frena poi, “solo dopo numerose riunioni (…) si dispose l’iscrizione del Dell’Utri e del Berlusconi a modello 21, il 22 luglio del 1998”. Nel 2002, Tescaroli dettaglia così le divergenze interne: “Il 29 gennaio 1998 il procuratore Tinebra mi aveva addirittura prospettato la possibilità di iscrivere per calunnia Cancemi per le dichiarazioni accusatorie che lo stesso aveva reso nella stessa data nei confronti dei predetti Berlusconi e Dell’Utri”.
Ci vollero mesi per far cambiare atteggiamento a Tinebra. Cancemi fu risentito ad aprile, poi il procuratore aggiunto Petralia il 3 luglio 1998, ricorda Tescaroli “mi consegnò una copia della relazione conclusiva del lavoro” nella quale si diceva favorevole all’iscrizione per proseguire l’inchiesta. Alla fine Alfa e Beta furono iscritti. Nel luglio 2000 Tescaroli incontra Tinebra che gli chiede di scrivere la bozza della richiesta di archiviazione. Lui concorda. Non ci sono elementi per sostenere l’accusa in giudizio. “Nella circostanza - spiega Tescaroli nel 2002 ai pm di Catania - gli feci presente l’opportunità di effettuare uno stralcio per meglio approfondire le vicende relative alle ipotesi di trattative che si diceva essere intercorse tra i vertici di Cosa nostra e rappresentanti delle istituzioni”. Proprio così. Tescaroli voleva indagare sulla Trattativa, addirittura nel 1998: “Era necessario valutare se i comportamenti posti in essere erano idonei ad integrare il delitto di cui all’art. 338 Codice Penale”. La sentenza di condanna in primo grado per quel reato è arrivata 20 anni dopo.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

Foto di copertina © Imagoeconomica