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gramsci antonio 1937 2007di Nicola Tranfaglia
Nel 1918 sul torinese Grido del Popolo apparve un editoriale del sardo Antonio Gramsci che chi scrive ha letto nell’antologia einaudiana del 1984 dal titolo Il nostro Marx (è proprio il titolo dell’articolo di cui parlo) e che fa capire molto di più di altri scritti dell’autore dei “Quaderni del carcere” quale fosse il marxismo che poteva attribuirsi al giovane uomo che tanto peso avrebbe avuto nella storia del socialismo italiano ed europeo.

In quell’articolo Gramsci diceva.”Marx non ha scritto una dottrinetta, non è un messia che abbia lasciato una filza di parabole gravide di imperativi categorici, di norme indiscutibili, assolute, fuori delle categorie del tempo e dello spazio. Unico imperativo categorico, unica norma: “Proletari di tutto il mondo, unitevi”. E quindi spiega con il suo stile scarno ed essenziale che è proprio del suo scrivere sui giornali del suo tempo: “Marx è stato grande. La sua azione è stata feconda. Non perché egli abbia inventato dal nulla non perché abbia estratto dalla sua fantasia una visione originale della storia ma perché il frammentario, l’incompiuto, l’immaturo è in lui diventato maturità, sistema, consapevolezza. La sua consapevolezza può diventare di tutti è già diventata di molti. Per questo fatto egli non è solo uno studioso, è un uomo di azione, è grande e fecondo nell’azione come nel pensiero,i suoi libri hanno trasformato il mondo così come hanno trasformato il pensiero.

E a queste parole ne aggiunge altre ancora più significative. Marx significa ingresso nella storia dell’umanità, regno della consapevolezza. Marx si pianta nella storia con la solita quadratura di un gigante: non è un mistico nè un metafisico positivista; è uno storico è un interprete dei documenti del passato, di tutti i documenti, non solo di una parte di essi.

Con Marx la storia continua ad essere dominio dello spirito, dell’attività cosciente dell’attività cosciente degli individui, singoli od associati. Ma le idee, lo spirito, si sostanziano perdono la loro arbitrarietà, non sono più fittizie astrazioni religiose o sociologiche. La sostanza loro è nell’economia nell’attività pratica, nei sistemi e nei rapporti di produzione e di scambio. La storia come avvenimento è pura attività pratica (economica e morale). Un’idea si realizza non in quanto coerente all’attività pura ma in quanto trova nella realtà economica la sua giustificazione, lo strumento per affermarsi.  Per conoscere quali sono i fini storici di un paese, di una società di un aggruppamento importa prima di tutto conoscere quali sono i sistemi e i rapporti di produzione e di scambio di quel paese e di quella società. Senza questa conoscenza si potranno compilare monografie parziali, dissertazioni utili per la storia della coltura, non si farà però storia, l’attività pratica non sarà enucleata in tutta la sua solida compattezza.

La ricerca della sostanza storica, il fissarla nel sistema e nei rapporti di produzione e di cambio fa scoprire come la società degli uomini sia scissa in due classi. La classe che detiene lo strumento di produzione conosce già necessariamente se stessa.

La sistemazione della reale causalità storica acquista valore di rivelazione per l’altra classe, diventa principio di ordine per lo sterminato gregge senza pastore. Il gregge acquista consapevolezza di sè, del compito che attualmente deve svolgere, perché l’altra classe si affermi, acquista coscienza che i suoi fini individuali rimarranno puro arbitrio pura parola, velleità finchè non avrà gli strumenti, finché velleità non sarà diventata volontà".

E conclude il suo articolo con un’invocazione adeguata ai compiti che si prefigge: ”Glorificando Carlo Marx nel centenario della sua nascita, il proletariato internazionale glorifica se stesso, la sua forza cosciente, il dinamismo della sua aggressività glorificatrice e si prepara alla lotta finale che coronerà tutti gli sforzi e tutti i sacrifici”.

Ma all’affermazione del fascismo in Italia mancano quattro anni in cui il proletariato nel nostro Paese subisce una sconfitta epocale e Gramsci ha appena il tempo di misurarsi con i suoi avversari politici prima di essere condannato dal tribunale speciale di Mussolini al carcere dove uscirà poco prima di morire.

Tratto da: articolo21.org

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