Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

battaglia caporettodi Nicola Tranfaglia
La battaglia di Caporetto o dodicesima battaglia dell’Isonzo, in tedesco Shacht von Karfreit , fu la più grave disfatta delle truppe italiane nella prima guerra mondiale con le forze austro-ungariche e tedesche che vi si opponevano. Lo scontro cominciò alle ore 2.00 del 24 ottobre 1917, due giorni fa è stato il novantanovesimo anniversario della battaglia.
Nella lingua italiana Caporetto è diventato il sinonimo di una disastrosa sconfitta di ogni genere. Con la crisi della Russia dovuta alla rivoluzione, Austria-Ungheria e Germania potettero trasferire consistenti truppe dal fronte orientale a quello occidentale e italiano. Forti di questi rinforzi, gli austro-ungarici con l’apporto di reparti di èlite tedeschi, sfondarono le linee tenute dalle truppe italiane che, impreparate a una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti battaglie dell’Isonzo, non ressero all’urto e dovettero ritirarsi fino alla linea del fiume Piave.
La sconfitta portò alla sostituzione del generale Cadorna (che cercò di nascondere i suoi gravi errori tattici imputando le responsabilità della sconfitta alla presunta viltà di alcuni reparti italiani) con il generale Armando Diaz. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austroungariche e tedesche nella prima, successiva battaglia del Piave, riuscendo a difendere ad oltranza la nuova linea difensiva su cui Cadorna aveva fatto ripiegare l’esercito italiano.
In generale la ritirata italiana per ordine di Cadorna, il 30 ottobre 2017 il re Vittorio Emanuele III nominò Vittorio Emanuele Orlando e si giunse subito dopo alla formazione del primo governo Orlando. Lasciato al suo posto Sidney Sonnino come ministro degli Esteri, Orlando avocò a sé le prerogative di ministro dell’Interno e sostituì il ministro della Guerra Gaetano Giardino con Vittorio Alfieri. La sera stessa il nuovo presidente del Consiglio telegrafò a Cadorna per esprimergli il suo appoggio ma in realtà fin dal 28 ottobre aveva discusso con il Re e con Giardino di una sua possibile rimozione dall’incarico a favore di Armando Diaz, allora capo del XXIII Corpo di Armata della III Armata.
Le due ragioni di fondo della sconfitta italiana risiedettero nell’inettitudine dei vertici militari e il mancato uso dell’artiglieria. Le colpe maggiori di ordine tattico e strategico non possono che essere attribuite al comando supremo di Cadorna,al comando d’armato di Capello, ai tre comandanti dei corpi di armata coinvolti (Cavaciocchi, Badoglio e Bongiovanni).
Ci fu uso improprio dell’artiglieria (che i lavori specialistici spiegano bene). Ci fu un conseguente esodo di civili friulani e veneti e tassi di mortalità molti alti nella popolazione. Nel dicembre 1917 ci fu la riorganizzazione dell’esercito italiano L’8 novembre di quell’anno Diaz sostituì Cadorna che ebbe come sottocapi di Stato maggiore Gaetano Giardino e Badoglio nei primi giorni di dicembre. Furono momenti decisivi nella crisi complessiva italiana, che si sarebbe conclusa con l’avvento del fascismo, la battaglia di Caporetto e le scelte successive che fecero il sovrano e i nuovi governanti italiani per affrontare l’ultima parte della prima guerra mondiale.
La situazione nel Paese è plumbea. Testimoni diversi per formazione e posizione come il colonnello Gatti e il corrispondente di guerra Alessi registrano in novembre timori diffusi per un nuovo, imminente cedimento. Quanto alla popolazione civile, le notizie non sono più confortanti se il 24 novembre 1917 Diaz scrive ad Orlando per ricordargli “come il contegno delle popolazioni rurali nel Veronese, nel Mantovano e nel Padovano, sia ostile alla guerra”. Nello stesso periodo, un rapporto dei carabinieri sullo spirito pubblico in dodici province di Lazio, Toscana, Umbria e Sardegna conferma il permanere dell’ostilità o almeno della freddezza, degli italiani verso la prosecuzione del conflitto, giacché in dieci province su 12 (fanno eccezione Roma, sede del potere politico e Pisa) il malcontento è vivo e i carabinieri lo attribuiscono, oltre alla sempre presente “propaganda sovversiva” all’insufficienza dell’approvvigiona mento alimentare.
(27 ottobre 2016)

Tratto da: articolo21.org

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos