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ricchezza povertadi Nicola Tranfaglia
Le disuguaglianze nel mondo stanno crescendo a vista di occhio. Anche nell’Europa “assediata dai migranti” in fuga dal pianeta dopo la popolazione è destinata ad aumentare vertiginosamente fino a raddoppiare entro i prossimi trent’anni. Del resto i numeri parlano chiaro. Se il rischio di povertà tra i cittadini dell’Unione Europea oscilla tra il 10 e il 23 per cento, per i migranti siamo intorno al 40 per cento. In pratica i migranti aumentano proprio mentre peggiora la propensione europea a garantire il proprio sostegno ai più deboli. Non è quindi difficile intravvedere nell’incrocio tra i due fattori una bomba ad orologeria da disinnescare.

L’economista tedesco Marcel Fratzsher sostiene: “Non vedo ancora un piano. Credo che la necessità sia ancora quello di riconoscere che la crescente disuguaglianza sociale non sia solo una sfida politica ma anche una fida economica che deve essere indirizzata attraverso migliori istituzioni,miglior educazione, accesso all’educazione che è una chiave per l’Europa. Ma c’è un secondo elemento su cui gli europei sono spesso ipercritici: si lamentano quando molti profughi vengono in Europa per ragioni economiche e dicono che non li vogliono ma devono capire con la popolazione africana che nel 2050 avrà raggiunto i 2,5 miliardi(ora sono 1,2 miliardi) e il numero dei poveri cresce, o accogliamo più profughi o aiutiamo più attivamente a incrementare la crescita economica anche in Africa, riducendo la povertà e quindi anche la migrazione in Europa”.

L’ex cancelliere federale austriaco Wolfgang Schussel, oggi presidente dell’Associazione United Europe, ritiene necessario e fattibile un investimento annuo di 10-15 miliardi di euro da destinare ai Paesi di origine dei migranti o a quelli che ospitano i principali campi dei profughi.”E’ un decimo del bilancio dell’Unione Europea. per me è possibile ma richiede il consenso politico. Se non c’è, sarebbe impossibile affrontare il problema.” Come ricorda il giornalista Martin Caparros,nel 1970 i membri delle N azioni Unite si erano impegnati a spendere non meno dell0,7% del loro Pil per aiutare i Paesi poveri. L’impegno è stato ribadito nel 2005 ma il contributo è fermo intorno all0,3; al di sopra dell’0,8% ci sono solo i Tre Paesi scandinavi e il Lussemburgo. Al di sotto dell’O,15% ci sono Grecia, Spagna, Corea del Sud e l’Italia,promotrice in questi giorni del piano di intervento UE ribattezzato Migration Compact. Nel frattempo per le massicce speculazioni finanziare, i prezzi delle materie prime hanno subito una impennata con l’esplosione della grande crisi,milioni di persone hanno pagato caro il balzo del costo degli alimenti base. Lo ha certificato anche la Goldman Sachs.

Mentre il vecchio continente continua a interrogarsi sulle strategie per aiutare l’Africa, un quarto della sua popolazione, 123 milioni di europei è “a rischio di povertà ed esclusione sociale, 50 milioni di loro vivono già oggi in stato di deprivazione materiale e non hanno denaro sufficiente a riscaldare le proprie case o a far fronte a spese impreviste”:

Dati del rapporto Osfam 2015 sulla disuguaglianza in Europa sottolineano come questo sia una delle conseguenze della crisi:” Tra il 2009 e il 2013 tali soggetti sono aumentati di 7,5 milioni nei 27 Paesi dell’UE. con un incremento in 19 di essi.”

In particolare,l’Italia si conferma uno dei Pesi più disuguali soprattutto se si guarda al rapporto tra redditi da lavoro e capitale.Nel periodo tra il 2007 e il 2011 l’indice che misura la povertà è salito di tre punti,il quinto maggior incremento nell’area OCSE .Non solo .L’Italia è tra i Paesi dell’ Uedove la povertà estrema è cresciuta di più in termini di percentuale di quanti sono a rischio di deprivazione.

I tre fattori principali della deprivazione “non è la deprivazione ma il cambiamento tecnologico , l’indebolimento delle istituzioni domestiche e una mancanza di equo accesso all’educazione.”

Tra i relatori al convegno c’è anche l’ex presidente del Consiglio italiano Enrico Letta che oggi è preside della International School  of International Affairs di Parigi,Scienze Politiche che ritiene che “il tema delle migrazioni sarà per i prossimi dieci anni la questione chiave che coprirà tutto.Qusto sta accadendo in Italia e ad essa si sovrappone la questione della paura dell’identità e molte altre questioni.

E per Letta la questione essenziale è la necessità “dell’investimento in educazione a livello pubblico e privato . Giacchè la disuguaglianza è soprattutto tra quelli che sentono di avere gli strumenti per stare sull’onda rispetto a quelli che non ce la fanno,non hanno avuto la formazione per farcela.

E, sentendosi spaventati, rispondono con il rifiuto.” Secondo Letta, la chiave non è soltanto un alto livello di spesa pubblica ma anche e soprattutto il grado di progressività dei sistemi fiscali, fondamentale per rimettere in piedi una spesa pubblica redistributiva e attenta alla società nel suo complesso.

Tratto da: articolo21.org

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