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roccuzzo antonio c paolo bassanidi Antonio Roccuzzo
Sciolto il Comune di Brescello, provincia di Reggio nell’Emilia, per infiltrazioni mafiose. Italia capovolta e unita. Nel male più che nel bene. Insomma: come se il parmigiano-reggiano fosse prodotto in Sicilia o la mozzarella sulle Alpi. Come se improvvisamente si scoprisse che Totò Riina è il maggior investitore della Borsa di Milano.

Alfano ha firmato il decreto, il Consiglio dei ministri ha approvato, il Presidente della Repubblica firmerà a breve. Ben fatto. Era ora. Le statue in bronzo di Peppone e don Camillo, ai due lati di quella simbolica piazza italiana, chiesa e municipio che si guardano in cagnesco, non possono impallidire o piangere, ma se potessero lo farebbero e farebbero bene. La storia di questo pacifico paese della Bassa reggiana è nobile, orgogliosa, rivendica le sue radici letterarie e civili. Ma nel recente passato è cambiata. E ha incontrato il mostro. Ora lo ha davanti e deve affrontarlo. Guardarlo negli occhi, non far finta che non ci sia.

Sospese le elezioni comunali, se ne riparla fra 18 mesi, dopo il commissariamento e – come impone la legge al commissario – la rimozione delle cause delle infiltrazioni mafiose. Cade un “mito” civile italiano? No, viene riconosciuto un fatto evidente che da almeno 15 anni molti si ostinavano a negare, soprattutto nella politica locale, e ricomincia (riparte) una storia civile nel cuore dell’Italia migliore. Negava perfino il parroco, don Evandro Gherardi, il discendente in linea diretta del prete di Guareschi: “Un bravo cristiano”, diceva nei giorni delle polemiche del boss Grande Aracri, cittadino condannato in via definitiva per reati di mafia. “Fa le elemosine e viene a messa”, come un prete delle campagne siciliane degli anni 60, “non ho le prove che qui si paghi il pizzo, e gli amministratori collusi con la mafia? Non mi pare”, dice ancora ora, dopo lo scioglimento del Comune, don Gherardi.

Hanno negato in molti, per anni. Nel Pd – spaccato a metà – di questa Emilia di grandi tradizioni civili, non tutti ammettevano o rimuovevano. Per vergogna, per paura, per imbarazzo e in qualche caso perché molti avevano scambiato un boss mafioso, di mestiere imprenditore edile, per una persona “gentile” e “onesto lavoratore”. Lo disse Marcello Coffrini, giovane sindaco, che per questo si è dovuto dimettere nel giugno scorso. Francesco Grande Aracri vive da decenni a Brescello-Cutrello, quartiere abitato da soli cutresi, e costruito grazie a una variante al piano regolatore di qualche decennio fa.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

Foto © Paolo Bassani

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