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tranfaglia nicola web6di Nicola Tranfaglia
Di fronte a quel che succede in questi mesi e settimane in Europa ci si può chiedere con una certa ansia, almeno da parte di chi, come chi scrive, resta fedele ai principi fondamentali della costituzione repubblicana, c'è da chiedersi quale è il migliore osservatorio per rendersi conto del punto è la crisi della politica e che cosa ci attende nei prossimi anni.
Da questo punto di vista, leggere quello che adesso - con spiacevole anglosassone neologismo - chiamano semplice e-book per indicare un saggio di dimensioni limitate (quaranta-cinquanta pagine), come ad esempio Populismi contemporanei XIX-XXI secolo della catanese politologa Sara Gentile ha pubblicato la Fondazione Feltrinelli di Milano, ha un sicuro interesse, anche se risente del presentismo ad ogni costo che gli scienziati politici coltivano molto più degli storici e con crescente successo nelle università occidentali.

Ed io che ho scritto con largo anticipo (ormai due anni fa ed è uscito l'anno scorso dall'editore romano Castelvecchi con il semplice titolo Il populismo ) ho potuto leggere sul suo blocco un articolo intitolato L'emergenza populismi che pone la Francia al centro del fenomeno europeo. Da parte mia  vorrei sottolineare quanti aspetti simili si possono trovare nel nostro Paese.
Sara Gentile afferma, ed ha ragione, che due visioni si fronteggiano nella Francia contemporanea: "Il Front National di Marine Le Pen inasprisce il suo discorso contro gli immigrati, continua a parlare di invasion e vola nei sondaggi che prefigurano la sua presenza al secondo turno nelle imminenti elezioni regionali; la deputata Morano, dei Les Republicains , il partito di Sarkozy, afferma che la Francia è "un paese di razza bianca" con un sostanziale assenso o indulgenza etica da parte dei leader del suo partito; Sarkozy, dal canto suo,
ripropone la sua immigration choisie versione "moderata" di una ostilità all'immigrazione che è il tono di fondo dell'estrema destra. Il partito socialista, da parte sua, sembra intrappolato nelle sue contraddizioni: la direzione del partito chiama all'unità per evitare un tracollo elettorale mentre il presidente Hollande e il governo Valls attuano politiche economiche neoliberali molto apprezzate dal padronato e scelte di politica sociale di tipo populista molto apprezzate dagli imprenditori e scelte di politica sociale di tipo populista (lotta ai Rom, accompagnamento degli stranieri alla frontiera dopo rigidi controlli già in aeroporto in una miscela che si può definire nazional-liberista. La verità è che i partiti e i movimenti populisti disegnano una società di esclusione chiusa in se stessa, ostile al diverso e portano una sfida costante alla democrazia nei suoi principi tradizionali, alle élite politiche inadeguate e corrotte, alla rappresentanza politica inceppata e spesso vuota.
I populisti hanno un grande fiuto e corrono là dove si preparano o sono in atto grandi processi di trasformazione sociale ed economica. E non possiamo perciò far finta di niente e attendere che i processi si compiano senza difendere la nostra democrazia. Questo allarme c'è anche in Italia e basta sfogliare i libri di due scienziati politici come Mauro Calise ("La democrazia del leader" edito da Laterza) e Paolo Mancini ("Il post partito", il Mulino editore) per non avere dubbi sulla somiglianza della crisi nei due paesi europei, la Francia e l'Italia. 

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