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terremoto laquila web0di Nicola Tranfaglia
A sette anni dal terremoto (all'epoca ero deputato e il sindaco di allora mi invitò a visitarla qualche mese dopo quello che aveva semidistrutto la capitale degli Abruzzi) L'Aquila è ancora lontana dall'aver trovato il suo volto storico. Dopo che lo Stato ha speso dodici miliardi lire siamo ancora lontani dall'aver ritrovato una città che ha dato natali a cittadini illustri (Benedetto Croce, per citare soltanto un nome, era nato in un paese molto vicino) e, a parte i 19 nuovi complessi antisismici ed eco-compatibili che l'allora presidente del Consiglio fece realizzare alla periferia del centro abitato, costruiti con la spesa di quasi un miliardo per dare un tetto a circa ventimila degli oltre settantamila cittadini rimasti senza casa dopo il terremoto del 6 aprile 2009, di costruito e ricostruito vi è ben poco. Ed anche quelle strutture realizzate in fretta e furia oggi vertono in uno stato di decadenza. Un aquilano intervistato ieri da un quotidiano della capitale ha raccontato la sua vicenda. Vive ad Assergi, in un appartamento della “new town” più alta della città realizzata sfregiando un pezzo di montagna con un complesso immobiliare che ora cade a pezzi come molti altri sparsi lì intorno dove nonostante gli alberi natalizi e le luci si respira la tristezza dell'abbandono, dell'isolamento e della rassegnazione subentrati negli anni scorsi a poco a poco.
E' quanto avvenuto in una ricostruzione molto costosa ma nello stesso tempo fatta troppo in fretta e lontanissima oggi dall'essere ancora terminata. Un patrimonio edilizio di 4600 alloggi divisi in 185 edifici con una totale assenza di pianificazione urbanistica e privo di servizi efficienti e infrastrutture adeguate che è diventato nel tempo sempre di più un vero e proprio ghetto per anziani e immigrati arrivati nella zona del disastro. E' stata una condanna per questa città che rimarrà tale per molte altre generazioni. Innanzitutto per gli alti costi di gestione e di manutenzione. L'esistenza di tanta disponibilità di appartamenti, oltre ai moduli provvisori delle casette di legno dei villaggi sparsi anch'essi all'interno del perimetro del sisma, sta infatti stravolgendo il mercato immobiliare già compromesso dalla fuga di tante famiglie della città a causa del terremoto.
Gli iscritti al Liceo Classico sono diminuiti di oltre ottocento unità mentre sono centinaia i cartelli di messa in vendita che spuntano dai balconi dei primi palazzi ristrutturati. Segnali di una pericolosa "bolla immobiliare" di cui non si comprende ancora la portata.

E che aumenterà certamente gli effetti quando alcuni alloggi del progetto Case, secondo le intenzioni del Comune, diventeranno Campus universitari togliendo la possibilità a molti aquilani di affittare agli studenti fuori sede. Un mercato rimuneratissimo fino al 2009, quello delle locazioni che costituiva una risorsa primaria per tantissimi aquilani e che ora pare destinata ad andare in fumo. L'Aquila si sta spopolando. Grazie a una misura del governo di allora, qualora l'edificio risulti distrutto, al singolo proprietario è riconosciuta la possibilità di acquistare un'abitazione equivalente a quella principale anche fuori dell'area del Comune,della provincia e della regione. Sembra che siano più di 500 i casi sinora registrati di persone che incassano il contributo andando felicemente a sistemarsi altrove. Con tanti saluti alla sospirata rinascita de L'Aquila, una città che comincia sempre di più ad essere il fantasma di sé stessa. E al Comune del capoluogo mantenere il patrimonio immobiliare post-sisma costa secondo l'assessorato al Bilancio almeno 3,5 milioni di euro all'anno, forse anche di più considerando che molti di questi immobili cadono a pezzi compromessi da infiltrazioni di acqua e di umidità e difetti di costruzione su cui non si può intervenire.
L'Aquila è ancora oggi il cantiere più grande di Italia. Oltre 810 cantieri nella città sono attivi tra periferie e centro storico con settemila operai al lavoro nei 56 comuni del cratere sismico secondo i dati della Cassa edile. Ciononostante, la ricostruzione resta un inquietante buco nero che ha bruciato finora, stando alle stime di alcuni esperti, più soldi dell'Irpinia, dove il terremoto del 1980 fece 2914 morti e distrusse cento Comuni. Ma dopo sette anni il centro storico della città è rimasto praticamente come era all'indomani della grande scossa di allora. Da allora ci sono state decine di inchieste, di arresti di profittatori, è arrivata persino la 'Ndrangheta ma la città è l'ombra di sé stessa, un fantasma che non ha più vita e vive faticosamente con quelli che son rimasti ancora là, giorno dopo giorno.

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