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di Nicola Tranfaglia
Non ci si può distrarre, neppure per un momento. Perché, essendo il bel Paese, quello dei dossier e dei servizi di sicurezza che, in più di un occasione, hanno collaborato (così ci dice la storia del passato recente) con terroristi o attentatori della legalità costituzionale - ogni giorno, si può dire - arrivano novità che riguardano quelle che nei film definiti thriller entrano illecitamente nella vita individuale di politici, magistrati e giornalisti e fanno il loro mestiere di spie.
Fino a qui nulla di particolare ma le cose si fanno più interessanti quando riguardano un periodo storico che è soltanto ieri o l'altro ieri e si scopre che ci sono ancora questioni aperte sul piano giudiziario prima di quello che dovremmo definire storico.
L'organizzazione di Niccolò Pollari e Pio Pompa che erano allora ai vertici del SISMI - i servizi di sicurezza militari riformati dopo lo scandalo del SID che era l'unico servizio in vita negli anni Settanta e Ottanta quando l'Italia era percorsa dai terrorismi italiano e internazionale - fu scoperta nell'estate 2006 (secondo governo di Romano Prodi), insieme a centinaia di fascicoli riservati dalla Procura di Milano che indagava sul sequestro di Abu Omar. Siamo all'inizio di una vicenda che rischia di concludersi con un nulla di fatto perché - a quanto pare - il governo di Matteo Renzi (dopo quello di Prodi, di Berlusconi e di Letta) sembra deciso a porre il segreto di Stato.
Nel 2007 il fascicolo arriva alla Procura di Roma ma siccome nell'elenco delle persone nominate ci sono alcuni magistrati della capitale va subito dopo a Perugia e il pubblico ministero Sergio Sottani chiude le indagini e contesta a Pollari e a Pompa due reati: peculato per aver distratto "somme di denaro, risorse umane e materiali" per fini diversi da quelli istituzionali come il dossieraggio "sulle presunte opinioni politiche, sui contatti e sulle iniziative di magistrati, funzionari dello Stato, associazioni di magistrati anche europei, giornalisti e parlamentari"; e l'indebita intrusione nella vita privata delle persone schedate con la "violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza elettronica dell'associazione di magistrati Medel, oltre all'accesso abusivo al sistema informativo dell'associazione" e alla violazione della privacy. Il 1° febbraio 2013 il giudice dell'udienza preliminare di Perugia ha prosciolto sia Pollari che Pompa ritenendo che quelle attività esercitate facessero parte dei loro compiti (in quanto "indispensabili alle finalità istituzionali dei servizi segreti") e quindi le accuse di peculato "per l'esistenza del segreto di Stato" e di violazione della corrispondenza "per intervenuta prescrizione". Ma la Corte di Cassazione ha annullato il proscioglimento. E ancora il generale Pollari, diventato nel frattempo consigliere di Stato, davanti ai giudici di Perugia ha esibito una lettera di Giampiero Massolo con la quale il direttore generale del Dipartimento informazioni per la Sicurezza (Dis) di Palazzo Chigi ha confermato che vige tuttora il "segreto di Stato" e che ha informato il presidente del Consiglio. E che intende rivolgersi alla Corte Costituzionale proponendo un ricorso per conflitto di attribuzioni a tutela del segreto di Stato". A questo punto il processo è condannato e i tempi si allungano con l'arrivo inevitabile della prescrizione.

 

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