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corte giustizia eu 2di Nicola Tranfaglia
Se qualcuno, non fermandosi al titolo della sentenza, va a leggere il testo della recente pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione europea può scoprire altre cose che vale la pena sottolineare. E' così che si ottiene una visione realistica sul giudizio che del nostro Paese si sono fatti i membri di quel collegio internazionale.

Riportiamo il riassunto della delibera riportata da un quotidiano: "1) La legislazione penale italiana sembra costruita in modo da favorire i delinquenti e garantire l'impunità. 2) Non è possibile per l'Unione europea un intervento globale che faccia dell'Italia un Paese moderatamente civile. 3) La complicità con i delinquenti ha tuttavia un effetto collaterale per l'Unione Europea: le fa perdere un sacco di soldi per IVA frodata, cosa non più tollerabile. 4) Almeno nel settore penale tributario è dunque necessario mettere l'Italia sotto tutela. 5) Ciò si può fare obbligando i giudici italiani a non applicare leggi dissennate che sono in contrasto con i trattati europei. 6) In particolare, essi non devono più, dall'otto settembre in poi, applicare la normativa penale in materia di prescrizione nei processi per frode all'Iva. 
Il governo italiano non deve aver letto la sentenza nella parte in cui dice: "L'articolo 325 prevede che la Unione Europea e gli Stati membri combattano la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell'Unione Europea. "Dunque, non solo la frode prevista agli articoli 2 e 3 della legge 74/2000 ma anche l'attività illegale di cui agli articoli 4 e 5 della stessa legge (dichiarazione infedele e omessa dichiarazione, punite con la risibile pena di anni tre di reclusione, cioè non punite non solo per la prescrizione ma anche per l'ordinamento penitenziario che garantisce l'impunità a pene non superiori a tre anni. Secondo il ministero delle Finanze, l'evasione alle imposte dirette è pari a 150 miliardi di euro all'anno e ammonta a circa 60 miliardi di euro all'anno. Infine il governo non deve aver letto neppure la parte della sentenza in cui ci precisa che, a norma dell'articolo 2 pif, si considera frode grave, meritevole di pene privative della libertà personale (in concreto e non in astratto) quella che supera i 50.000 euro. Considerato che la delega fiscale innalzerà la soglia di punibilità a 150.000 euro e dunque a 300.000 euro annui di "nero", la violazione della Convenzione da parte dell'Italia è duplice: il "nero" dovrebbe essere considerato frode perché sostenuto da documenti e dichiarazione falsi; e frode "grave" anche se il governo italiano nemmeno lo considera reato se inferiore a 300.000 euro all'anno."
Devo dire che, a leggere la sentenza, c'è da trasecolare ed è inevitabile chiedersi come tutto questo possa accadere. Le regole nel nostro Paese sono destinate a restare carta traccia anche (o soprattutto) se sono contenute in una legge dello Stato? L'interrogativo è inevitabile di fronte all'importanza dei problemi (fisco e giustizia) e l'incapacità della politica di provvedervi in maniera adeguata.

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