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mattarella primo piano
di Nicola Tranfaglia
Ora che il passaggio di Sergio Mattarella dalla Corte costituzionale al colle del Quirinale è avvenuto con tutte le forme previste dal nostro ordinamento al nuovo capo dello Stato si pongono una serie di problemi che egli stesso è lontano da poter sottovalutare non soltanto perché ha insegnato a lungo proprio Diritto parlamentare: dalla nuova legge elettorale altrimenti nota come Italicum alle riforme istituzionali a quella molto discussa non solo dai costituzionalisti sul Senato, dai quattro decreti attuativi del Jobs Act a quelli della discussa delega fiscale (con la clausola anch'essa discutibile del 3 per cento).

Senza contare le tensioni che non accennano a sopirsi tra il governo Renzi e la magistratura, quella organizzata ma anche la maggior parte dei giudici se si ha occasione, come capita a volte a chi scrive, che parlano tra loro di "un parlamento svilito". Si sa ormai che ci sono stati, in questa ultima legislatura, soltanto di 15 disegni di legge di iniziativa parlamentare, appena l'0,36 (fonte è l'associazione Open Polis) degli oltre quattromila proposti. L'ex sindaco di Firenze ha battuto ogni record grazie al ricorso alla fiducia per oltre il 50 per cento dei provvedimenti, rispetto al periodo dal 1996 ad oggi. L'Italicum, secondo il presidente dell'associazione nazionale dei costituzionalisti Alessandro Pace e per tutti i giuristi che si sono finora pronunciati su giornali e riviste," è un'emerita porcheria. Soprattutto, a mio avviso, è palesemente incostituzionale, confermando tutti i profili di incostituzionalità ai quali la Corte ancora la decisione presa anni fa sul Porcellum. Sempre Pace, a proposito della riforma del Senato, ha osservato: "Se il Senato è inutile e dannoso, occorre ricordare che il bicameralismo ci ha salvato tante volte quando una Camera riparava i danni dell'altra. Sui decreti attuativi del Jobs Act ,è la riforma del lavoro che ha modificato tra l'altro l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori circoscrivendolo ai licenziamenti discriminatori. L'impianto della riforma piace a Confindustria ma non a CGIL e a UIL (la CISL nella sostanza lo condivide sia pur con qualche distinguo interno). Solo pochi giorni fa il sindacato guidato da Susanna Camusso è tornato ad esprimere forti critiche sul provvedimento, ritenuto "non equilibrato" e "non rispondente al mandato della delega". Critiche che arrivano da importanti giuslavoristi tra i quali Michele Tiraboschi. Secondo il direttore di Adapt (il centro studi fondato anni fa da Marco Biagi, il giurista emiliano ucciso dalle Brigate Rosse) il Jobs Act rischia di causare un "apartheid" visto che il doppio regime porterà "lavoratori che hanno le stesse mansioni" ad avere "tutele differenti". Il senatore Miguel Gotor, della minoranza di sinistra del partito democratico, lo ha indicato come "regressivo" e come "la stanca riproposizione di un nucleo ideologico liberista importato in Italia da Giulio Tremonti". E sulle ferie dei magistrati vi è stata una polemica diretta tra il presidente del Consiglio e il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati Sabella che, di fronte alla critica di Renzi che trova eccessivo da parte dei magistrati prendersela per l'accorciamento di quindici giorni delle ferie, ha replicato duramente: "Il problema non sono i magistrati ma le promesse mancate, la timidezza in materia di prescrizione e corruzione, la proposta alla vigilia di Natale di depenalizzare l'evasione fiscale fino al 3 per cento." Che sembra di particolare importanza proprio per l'uomo di Arcore decaduto da senatore per frode fiscale e che potrebbe, dati i suoi interessi aziendali, di nuovo prima o poi nella medesima condizione. E allora le conseguenze finirebbero per avere un rilievo politico eccezionale.

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