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bandiera europadi Nicola Tranfaglia - 14 agosto 2015
La giornata non era incominciata neppure tanto male.
A parte la narcisistica soddisfazione dell'attuale presidente del Consiglio e segretario del partito democratico, Matteo Renzi, che è persuaso sulla facilità della ripresa del suo governo di larghe intese dopo Ferragosto, e forse spero che la nostalgia dell'uomo di Arcore possa favorire un accordo parlamentare con le opposizioni, non si profilavano - eccetto alcuni sanguinosi avvenimenti di cronaca - novità particolarmente negative. Anzi, si era concesso persino una breve gita a Pontassieve, paese di origine nella provincia di Firenze che gli ha dato i Natali, convinto di aver superato i primi cinquecento giorni in maniera eccellente e di poter attendere la ripresa con notevole ottimismo. Settimanali e telegiornali a loro volta non hanno fatto che confortare il suo permanente ottimismo.

Eccetto che, proprio agli inizi del pomeriggio, sono arrivate notizie economiche e finanziarie che dovrebbero indurre il nostro capo del governo, ma forse anche i gruppi dirigenti centrali che guidano l'Italia, a riflettere su quello che sta succedendo e ad assumere decisioni non sempre piacevoli per le popolazioni nel loro complesso. La Banca Centrale, infatti, proprio nella giornata di oggi, il venerdì della settimana che precede l'imminente fermata di Ferragosto, ha ammesso esplicitamente che l'introduzione della moneta comunitaria oggi in circolazione, l'euro, non ha conseguito i risultati sperati nel far convergere i tassi di sviluppo degli Stati. Spagna e Portogallo non sono riusciti a colmare la distanza e la Grecia - come è del tutto evidente da quel che sta accadendo - è rimasta in una posizione di evidente arretratezza. Ma quale è il Paese europeo che ha conseguito i risultati peggiori?
Su questo la BCE non ha dubbi. E' stata la penisola "inizialmente un paese a più alto reddito". E individua le cause del risultato negativo in una maniera che ci interessa comprendere e sul quale è necessario riflettere a fondo per poterne uscire meglio.
"In primo luogo - continua il rapporto - le condizioni istituzionali non erano favorevoli all'innovazioni e alla crescita sottostante della produttività. In secondo luogo, le rigidità strutturali e la scarsa concorrenza hanno contribuito a determinare distorsioni nell'allocazione del capitale e questo a sua volta ha impedito al potenziale di offerta dell'economia di allinearsi alla domanda.
In terzo luogo, il brusco calo dei tassi di interesse ha favorito una forte crescita del credito e ha fatto salire la domanda dando origine a illusioni sul futuro", mascherando la debolezza di paesi come Spagna e Grecia. Ora "per garantire una convergenza monetaria in Europa (con le conseguenze positive che anche noi in Italia aspettiamo) appare fondamentale assicurare la stabilità macroeconomica e, più in particolare, una solida politica fiscale, un grado elevato di flessibilità nei mercati dei beni e servizi e del lavoro nell'economia, a sostegno della crescita della produttività totale dei fattori e un ricorso più forte a strumenti di policy nazionale per evitare cicli di forte ascesa e repentino calo dei prezzi delle attività e del credito".
L'analisi si compie mentre Berlino e Bruxelles cercano di mettere a punto una politica fiscale comune nominando un ministro delle Finanze unico e con un budget comunitario più ampio di quello attuale. 

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