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testimoni-giustizia-sentinelledi Nicola Tranfaglia - 24 aprile 2015
C'è una questione molto importante che riguarda la lotta contro le associazioni mafiose, che si è rivelata negli ultimi anni purtroppo poco efficace per errori di fondo del governo, che va discussa ed affrontata con determinazione. Alla Camera si lavora per approvare una nuova legge per i testimoni di giustizia che li distingua, anche sul piano normativo, in maniera radicale dai collaboratori di giustizia, o come spesso li chiamano i "pentiti" che collaborano con i magistrati "perché non debba più succedere che si confondano collaboratori e testimoni" e perché si adottino finalmente strumenti di tutela, di assistenza economica e reinserimento lavorativo "che siano come un abito sartoriale sulla vita del testimone e della sua famiglia". Due richieste che sono state avanzate dal coordinatore del V Comitato della Commissione parlamentare Antimafia, onorevole Davide Mattiello, che ha presentato una relazione sui testimoni di giustizia votata il 22 aprile scorso alla Camera. "Ad oggi - ha spiegato Mattiello - a seconda del tipo delle misure speciali a cui si è sottoposti, sono differenti gli strumenti di tutela, di assistenza economica e di reinserimento lavorativo cui si può accedere. Noi diciamo che bisogna superare questa sclerosi del sistema".

E, ha aggiunto il relatore, l'ultimo auspicio è "che si possano trovare quelle strade, quei canali attraverso i quali valorizzare quelle scelte difficilissime di cui la cronaca ci restituisce troppo spesso narrazioni di terrore domestico. Sono le donne, sono i minori, che fanno parte di quei contesti familiari e criminali e che da quei contesti vogliono liberarsi benché non abbiano, talvolta, informazioni utili per l'autorità giudiziaria. Lo Stato deve proteggere queste scelte, costruendo percorsi di tutela e di reinserimento. L'onorevole Giulia Sarti del M5S ha ricordato che "i testimoni di giustizia sono in tutto ottanta. Con i familiari si arriva a circa 350 persone. Lo Stato avrebbe dovuto impegnare vere risorse e assicurare una maggiore attenzione a queste persone non soltanto per la loro sicurezza ma prevedendo delle tutele alla qualità della loro vita: per molti di loro ormai rovinata a causa di un intervento istituzionale errato e traumatico". A sua volta la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi ha precisato: "Riteniamo che dopo la legge del 13 febbraio 2001 e la sua applicazione e sperimentazione da parte dei governi che si sono succeduti nel tempo, sia necessario procedere ad alcune modifiche. Dobbiamo distinguere con chiarezza le figure dei testimoni da quelle dei collaboratori di giustizia per riuscire a portare verso la zona bianca coloro che oggi abitano la zona grigia e che molto facilmente possono invece scivolare verso la zona nera".
Insomma si tratta di una questione complessa e di ardua soluzione ed è necessario intervenire presto per evitare guai maggiori di quelli che si sono già verificati fino ad oggi.

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