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gratteri-nicola-c-giorgio-barbagalloLa relazione
di Beatrice Borromeo - 2 aprile 2015
È difficile decidere quale sia la proposta che farà innervosire di più i criminali, tra quelle presentate dalla commissione guidata da Nicola Gratteri per modernizzare la giustizia penale. Basti pensare alla modifica della prescrizione che, invertendo la tendenza del passato (leggi “salva-Previti”), non sarà più uno strumento utilizzato per eludere le condanne, dato che smetterà di decorrere dopo la sentenza di primo grado. Non sono da meno l’introduzione del reato di autoriciclaggio, l’informatizzazione della macchina giudiziaria e la riorganizzazione del sistema penitenziario, che verrà accentrato in un unico “Corpo di Giustizia” alle dipendenze del Guardasigilli.
Gli obiettivi della commissione sono ambiziosi: garantire la ragionevole durata dei processi e ripristinare l’effetto deterrente delle pene. Per farlo, la commissione ha schiacciato il tasto “update”, partendo da riforme tanto urgenti quanto ovvie eppure mai concretizzate prima. Ecco alcune delle principali novità delle oltre 250 pagine della relazione che, da qualche giorno, è al vaglio del premier Renzi, del sottosegretario Delrio e del ministro della Giustizia Orlando.

La prescrizione “non-salva-più-Previti”
L’Italia è una Repubblica fondata sulla prescrizione, stando ai dati: negli ultimi dieci anni, spiega il ministero, oltre un milione e mezzo di processi sono finiti nel nulla perché non hanno rispettato i limiti di tempo.
La novità più rilevante presentata dalla commissione riguarderà proprio questo istituto: seguendo il modello tedesco, il decorso della prescrizione verrà interrotto “con la formulazione dell’imputazione” (cioè la richiesta di rinvio a giudizio), e cesserà dopo la sentenza di primo grado. A fronte di questa modifica, per tutelare l’imputato, si prevede un “rimedio compensativo non pecuniario” in caso di lentezze eccessive. Ecco come: “In tali ipotesi il processo rappresenta già in sé una sofferenza, che deve essere dunque dedotta – in fase esecutiva – dalla pena ritenuta di giustizia”. Il giudice stabilirà l’ammontare dello sconto.
Il rimedio è parallelo e alternativo rispetto a quello (pecuniario) già previsto dalla legge Pinto sull’eccessiva durata dei processi, “al quale coerentemente il condannato non avrà la possibilità di accedere”.
Il decorso della prescrizione viene poi sospeso in vari casi, per esempio “tra la richiesta di autorizzazione a procedere e l’accoglimento della stessa, quando si verifica la sospensione del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore”.

Stop all’autoriciclaggio dei colletti bianchi
Tra i tasselli fondamentali c’è l’introduzione del reato di autoriciclaggio. Se ne parlava da anni e presto il quinto comma dell’articolo 648 del codice penale potrebbe cambiare così: “Chiunque, dopo aver commesso taluno dei delitti contro la pubblica amministrazione, o che comunque offendono interessi finanziari della Pubblica amministrazione o dell’Unione europea, o delitti in materia tributaria, societaria o fallimentare (...), compie operazioni che determinano la trasformazione, il trasferimento o il reimpiego in attività economiche di denaro, azioni, quote, diritti o valori mobiliari comunque denominati provenienti dai delitti anzidetti, in modo tale da ostacolare l’accertamento della relativa origine delittuosa, è punito con la reclusione fino a 8 anni e con multa da euro 2.000 a euro 10.000”.

Copie (quasi) solo digitali: è il processo 2.0
L’informatizzazione, giura la commissione, è una delle proposte che avrà l’impatto maggiore sul taglio di costi e tempi del processo. Il rilascio delle copie degli atti, in futuro, avverrà quasi solo su supporto informatico, con il cartaceo che verrà utilizzato solo in casi residuali. Questa modifica, assieme all’introduzione del processo penale telematico, mira anche a far fronte all’endemico della carenza di personale negli uffici giudiziari.

Se il giudice cambia le prove restano
Si propone poi di modificare il regime di assunzione della prova, per evitare che – come accade oggi – basti il trasferimento o l’impedimento del giudice del dibattimento perché l’intera istruttoria debba essere rinnovata. Con un enorme spreco di tempo e denaro pubblico e un alto rischio di inquinamento delle prove. Proprio questa situazione – sostiene il pool – è una delle “cause fondamentali della dilatazione della durata dei procedimenti”. La soluzione è semplice: le prove dichiarative assunte in dibattimento saranno videoregistrate e dunque utilizzabili anche dal successivo giudice che emettera la sentenza.

L’udienza preliminare diventa un super-filtro
Perché il giudice decida se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio – sostiene la commissione – deve avere accesso a informazioni più complete già durante l’udienza preliminare. Questa fase processuale verrà dunque potenziata, così da incarnare sempre più la sua funzione di filtro. La novità più significativa è la possibilità di assumere le prove, come l’esame in contraddittorio di testimoni e periti, già durante l’udienza preliminare. In sostanza, il giudice avrà più elementi per decidere un eventuale proscioglimento. Ma se dovesse decidere per il rinvio a giudizio, le prove acquisite nell’udienza preliminare entrerebbero automaticamente nel fascicolo del dibattimento, senza inutili ripetizioni.
Dopo il rinvio a giudizio, fino a tre giorni prima della data fissata per il dibattimento, le parti potranno presentare memorie per replicare alle richieste di prova degli avversari. L’obiettivo è concentrare la discussione sull’ammissione delle prove nella prima udienza dibattimentale “attraverso il pre-confezionamento dei temi su cui verterà” il contraddittorio delle parti.

Un freno ai ricorsi “inammissibili”
Uno dei principi più trascurati nella prassi è quello della “immediatezza-concentrazione” dei processi. Gratteri, in attesa di una necessaria riforma più approfondita, propone:

1. Un ampliamento delle decisioni in camera di consiglio (a porte chiuse), in particolare per le contravvenzioni (i reati meno gravi) e i delitti puniti con la sola pena pecuniaria, con l’incentivo del non pagamento delle spese processuali qualora le parti non chiedano di partecipare;

2. La possibilità della “dichiarazione d’inammissibilità” per evitare l’inutile inoltro degli atti al giudice d’appello e di Cassazione;

3. Verrà poi eliminata la facoltà per l’imputato di presentare personalmente ricorso in Cassazione, atto di particolare tecnicità che non appare espressione del diritto di autodifesa dell’indagato, ma costituisce anzi uno dei momenti più qualificanti della difesa tecnica. L’obiettivo è l’abbattimento dei ricorsi alla Suprema Corte (e per evitarne l’uso dilatorio, viene suggerita anche l’introduzione di un’imposta).

Sì alle intercettazioni ma pubblicarle è vietato
La commissione considera le intercettazioni come “lo strumento investigativo più importante nella lotta alla criminalità”, e prevede novità che interessano sia le guardie che i ladri. Da un lato si disciplinano le “intercettazioni epistolari e le intercettazioni di comportamenti tramite ripresa video (...) da effettuare in luoghi riservati o di privata dimora”. Quest’ultimo è “uno strumento già legittimato dalla Corte costituzionale”, un “mezzo di ricerca della prova atipico, subordinato alla sola autorizzazione del pubblico ministero”, mentre la proposta affida la decisione al giudice. Quanto alle intercettazioni epistolari “attraverso cui vi è la possibilità di prendere cognizione del contenuto della corrispondenza in forma clandestina, con il successivo recapito della stessa al destinatario, senza procedere al sequestro”, si tratta di “strumento assimilabile a tutti gli effetti alle intercettazioni di comunicazioni orali – diversa è solo la forma con cui si esprimono gli interlocutori – sicché vi è una perfetta conformità alle prescrizioni costituzionali dal punto di vista del difficile bilanciamento fra obbligatorietà dell’azione penale e diritti alla riservatezza”.
Dall’altro lato, però – e qui le polemiche non mancheranno – ci sarà un notevole potenziamento delle garanzie dell’intercettato, tutelato con una nuova fattispecie di reato: “Pubblicazione arbitraria delle intercettazioni”, punito in modo particolarmente severo con la reclusione da due a sei anni e la multa da 2.000 a 10.000 euro. Il divieto rivolto all’autorità giudiziaria è inedito e destinato a incassare consensi bipartisan, anche se potrebbe cozzare con la praticità: “In qualsivoglia richiesta o provvedimento (a eccezione delle sentenze) non può essere inserito il testo integrale delle intercettazioni, a meno che la riproduzione testuale dell’intera comunicazione intercettata non sia rilevante ai fini della prova”. La volontà di preservare la privacy degli intercettati riguarda dunque sia giudici e pm sia i cronisti, cui verrà vietata l’“illecita divulgazione dei dati” raccolti dalle cimici. C’è poi un dettaglio di particolare rilievo. Nella disciplina degli ascolti “è abrogato il riferimento alla attività criminale in corso di svolgimento quale presupposto per l’esecuzione delle intercettazioni (...) in luoghi di privata dimora”. La ratio è sottoporre tutte le tipologie di reato al medesimo regime giuridico, dato che già oggi per molti reati gravi, primi fra tutti quelli di criminalità organizzata, il requisito della “consumazione domiciliare” non è richiesto.

Più spazio al rito abbreviato e al patteggiamento
Non si possono ridurre i tempi dei processi senza incentivare il ricorso ai riti alternativi. La commissione, per favorire l’utilizzo del giudizio abbreviato (nel quale la sentenza arriva in udienza preliminare, con una riduzione della pena di un terzo), mette sul tavolo un aumento dello “sconto di pena” anche per le contravvenzioni (questa via, per i reati minori, è di solito ignorata). Si intende poi dilatare l’arco temporale entro il quale l’imputato può richiedere il patteggiamento: un più ampio “periodo di riflessione” dovrebbe avere effetti favorevoli soprattutto nei maxi-processi alla criminalità organizzata.
Si suggerisce poi di ampliare lo spettro dei reati patteggiabili mentre, per il giudizio immediato (in cui si va al dibattimento saltando l’udienza preliminare), si propone di allargare il campo applicativo dell’“immediato cautelare” anche ai latitanti. La ratio è semplice: se l’imputato sottoposto a misura restrittiva (carcere o domiciliari) ha diritto a un processo celere, deve valere anche per chi si è sottratto alla cattura.

Videoconferenza per i mafiosi
L’introduzione della videoconferenza nei processi a detenuti in regime di alta sicurezza, “irrinunciabile” per la commissione, permetterebbe (secondo le prime stime) di abbattere tempi e costi del 40-50 per cento con un risparmio per lo Stato circa 70 milioni di euro all’anno.
Parteciperanno al processo, come regola, solo in videoconferenza, così da rendere “la gestione dei procedimenti penali più efficiente e spedita, coniugando tale esigenza con quella di evitare continui trasferimenti di imputati detenuti per gravi reati”, riducendo così costi e rischi di fuga di detenuti in regime di alta sicurezza. Allo stesso modo, anche ai collaboratori di giustizia verrà permesso di partecipare a distanza, limitando la presenza fisica ai soli casi in cui sia strettamente necessaria.

Pene più severe per i reati ambientali
Dagli anni Ottanta il traffico illecito di rifiuti è uno dei principali settori in cui le mafie ricavano profitti enormi. Eppure la tutela penale dell ambiente è ancora del tutto inefficace.
Gratteri propone l’aumento delle pene per il traffico; la trasformazione di contravvenzioni in tema di rifiuti in delitti (più gravi); l’introduzione della confisca dei profitti illeciti dei reati ambientali; la previsione di aggravanti specifiche, dell’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di tali reati e di pene aggiuntive nei casi in cui l’equilibrio naturale del suolo, delle acque o dell’aria venga compromesso in modo rilevante. Più ampio il ricorso alle intercettazioni, oggi escluse.

Colpire clan mafiosi e terroristi transnazionali
In materia di criminalità organizzata e terrorismo, la squadra di Gratteri intende intervenire sull’aggravante della transnazionalità (oggi si applica soltanto a uno dei casi che qualificano il reato transnazionale).

Operazioni sotto copertura contro corrotti e riciclatori
La commissione è intervenuta in materia di operazioni sotto copertura, ritenendo che la crescente professionalità dei colletti bianchi contro e dentro la pubblica amministrazione (unita all’esponenziale lievitazione di questi reati) imponga un massiccio intervento normativo per stare al passo con le tecnologie criminali.
L’idea è di estendere la disciplina delle operazioni sotto copertura a un tassativo elenco di reati contro la pubblica amministrazione, e anche ai conseguenti reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego dei relativi proventi. In parallelo, si prevede di allargare la sfera dei soggetti legittimati ad assumere il ruolo di “persona interposta”, al fine di permettere all’autorità responsabile dell’investigazione di poter scegliere, fra una platea di professionisti, quelli che più si adattano alla peculiarità del ruolo.

Punire il voto di scambio anche senza intimidazioni
Oltre a suggerire l’aumento delle pene per molti reati mafiosi, la commissione ha voluto concentrarsi sullo scambio elettorale politico-mafioso. Si propongono due modifiche dell’articolo 416-ter del codice penale, che oggi punisce non il semplice accordo politico-elettorale del candidato, bensì quello in quello in cui il gruppo malavitoso si impegna ad attivarsi nei confronti del corpo elettorale con le modalità intimidatorie. La risposta punitiva dello Stato è necessaria anche negli altri contesti.
La commissione intende poi equiparare la pena per la condotta di scambio elettorale politico-mafioso – particolarmente grave – a quella prevista per la partecipazione all’associazione di stampo mafioso. Oggi la pena è “da 4 a 10 anni” e verrebbe sostituita dalla reclusione “non inferiore a 10 anni”. Con buona pace dei criminali, che non potranno più nemmeno sperare nella lentezza dei processi.

Twitter: @BorromeoBea

Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 2 aprile 2015

Foto © Giorgio Barbagallo

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