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tsipras-varoufakisdi Nicola Tranfaglia - 18 febbraio 2015
La Grecia è con l’acqua alla gola. O entro giovedì risponderà (così ha detto il presidente olandese Dijselbloem), accettando gli aiuti dell’Ue, o ci saranno tempi molti duri per un Paese che è stato la culla della civiltà moderna. E al leader di Syriza, Alexis Tsipras, si chiede con insistenza di rivedere tutte le promesse elettorali e di proseguire una politica basata sull’austerità. Ma quest’ultimo ha soltanto un paio di giorni di tempo per chiedere un’estensione del programma di aiuti e poi potrà chiedere la flessibilità. Il portavoce della Commissione di Bruxelles, Margaritis Schinas, ha dichiarato che “la decisione dovrà essere concordata da tutti i 19 membri dell’eurozona”, e questo ieri lo ha detto con la massima chiarezza l’Eurogruppo. Ma proprio ieri Nikos Chountis, viceministro degli Esteri greco, ha dichiarato: “Non accettiamo proposte ricattatorie né ultimatum sull’estensione del piano, il governo è determinato a onorare il mandato popolare del quale è investito… il governo è concentrato nella ricerca di una soluzione positiva con i partners europei attraverso il dialogo”.

Lunedì scorso, durante i colloqui, gli altri ministri hanno proposto al titolare delle Finanze di Atene, Yanis Varoufakis, di firmare un accordo in base al quale “le autorità greche hanno espresso la loro intenzione di richiedere una estensione tecnica di sei mesi dell’attuale programma come passo intermedio. Ma il ministro ha subito respinto la formulazione che imputava ad Atene la responsabilità del nuovo piano di aiuti con i relativi gravosi impegni. “Le autorità greche – diceva un comunicato – hanno indicato che intendono chiudere il programma con successo tenendo conto dei piani del nuovo governo. In questo contesto intendiamo fare il miglior uso della flessibilità esistente nell’attuale programma”.  Non è abbastanza per un esecutivo che ha promesso di aumentare il salario minimo, di garantire la sanità pubblica a chi è sotto la soglia di povertà, di abolire l’attuale tassa sulla proprietà immobiliare e di riassumere i dipendenti pubblici “licenziati illegalmente” dal governo del predecessore di Tsipras, Antonis Samaras. “Il problema della Ue – dice Varoufakis – è che ora c’è un programma fatto dall’Europa e la nostra difficoltà è convincere l’Europa a sostituire un programma che non ha funzionato".

In realtà, al di là del pessimismo esterno, si intravvedono significativi passi avanti. L’Eurogruppo ha detto di essere pronto ad usare flessibilità, a garantire tempo e soldi al Partenone, a rivedere gli obiettivi di bilancio e a discutere un nuovo programma con la Grecia sostituendo alcune misure chieste dalla Troika con parte dei provvedimenti promessi da Syriza in campagna elettorale. In cambio chiede impegni precisi: mantenere in ordine il bilancio e non fare atti unilaterali senza consultarsi con i creditori. Certo, ci sono temi – specialmente la riforma del lavoro e le privatizzazioni – rispetto ai quali le posizioni sono distanti anni luce. Ma Bruxelles non chiede la luna. Anzi i segnali di fumo inviati dal presidente olandese hanno ricordato ai più smaliziati osservatori del negoziato tra l’Unione Europea ed Atene l’apertura a nove colonne della scorsa settimana di Avgi, il quotidiano di partito della sinistra di Tsipras che diceva: “Moratoria”. “Salveremo la Grecia, anche se lo faremo in zona Cesarini”, ha detto il ministro delle Finanze Varoufakis. E anche a noi non resta che nutrire una speranza simile.

Foto © AP

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