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tranfaglia-nicola-web4di Nicola Tranfaglia - 20 gennaio 2015
L'Italia è un Paese, come hanno scritto gli osservatori stranieri (penso a due storici inglesi come Christopher Duggan e Dennis Mac Smith, autori di opere interessanti sull'Italia contemporanea) di un certo interesse nel continente europeo perché, in esso, si specchiano e si riflettono contraddizioni peculiari nello sviluppo politico ed economico degli ultimi duecento anni.
Siamo uno dei paesi avanzati dell'Occidente e facciamo parte di tutte le organizzazioni internazionali, politiche ed economiche che contano dal G20, al G8 all'OCSE, alle Nazioni Unite e così via dicendo. E abbiamo una delle costituzioni più moderne e avanzate del mondo, simile, a quelle nate dalla Rivoluzione americana del 1776 e da quella francese del 1789 che costituiscono, pur in maniere diverse, i modelli esemplari di quello che ha prodotto il costituzionalismo democratico ma, nello stesso tempo, siamo noti al mondo intero per aver inventato e continuato a praticare, nel primo caso per più di un ventennio e, nel secondo, ancora e si direbbe sempre di più, la dittatura fascista che in qualche anno conquistò l'Europa intera e lo sviluppo di quattro associazioni mafiose (mafia siciliana, ndrangheta calabrese e camorra campana) che ormai sono presenti anche nelle due Americhe e fatturano ogni anno più di un grande Stato dell'età contemporanea.

Ma, nello stesso tempo, e qui incominciano le contraddizioni di cui siamo sempre costretti a parlare, per così dire, dalla mattina alla sera. Ebbene, per incominciare ad affrontare il problema che ci interessa, sono già alcuni anni che abbiamo il governo attuale e il parlamento, eletto nelle ultime elezioni del 2013, che si affannano con notevoli e inspiegabili difficoltà a riformare la legge n. 47 del 1948 che regola la diffamazione a mezzo stampa e fare una doppia operazione ormai necessaria: da una parte, adeguare la legge all'attuale situazione del mondo dell'informazione e della comunicazione totalmente cambiato da quel dopo guerra nel quale esisteva soltanto la radio mentre la televisione era ancora da sperimentare, ma, dall'altra, precisare i punti dirimenti che riguardano la rettifica alla notizia, inesatta o lesiva della verità, sui blog che si sono molto diffusi in questo periodo, sulle querele temerarie, sulle multe sostitutive del carcere ma anche sulle responsabilità dei direttori. Questo compito sarà affrontato dalla Commissione Giustizia della Camera e, se sarà necessario, la norma dovrà ritornare al Senato per l'approvazione definitiva.
I punti già accertati riguardano - ad essere sintetici - 1) l'eliminazione della pena detentiva (il carcere) per il reato di diffamazione a mezzo stampa; 2) l'introduzione dell'obbligo, da parte del direttore responsabile, della pubblicazione di informare l'autore dell'articolo della richiesta di rettifica; 3) la prescrizione breve per l'esercizio dell'azione civile di risarcimento dei danni derivanti da diffamazione a mezzo mass media (due anni rispetto all'ordinario termine decennale di prescrizione dell'azione civile); 4) l'eliminazione dell'ulteriore riparazione pecuniaria, attualmente prevista in caso di accertata diffamazione a mezzo stampa ai sensi dell'art. 12 della vigente legge n. 47 /1948; 5) la non punibilità (in ambito penale) in caso di pubblicazione della rettifica, nei termini prescritti dalla legge; 6) L'estensione del segreto professionale anche ai giornalisti pubblicisti.
I punti ancora negativi nella versione approvata dal Senato, sono sicuramente i seguenti a giudizio non soltanto a giudizio di chi scrive ma anche di tutti gli italiani fedeli al dettato costituzionale.
Il primo punto riguarda l'obbligo di pubblicare la rettifica senza alcun commento e integralmente ma questo impedisce al giornalista di difendere la verità accertata e di regalare, all'opposto, una tribuna a chiunque, anche ai peggiori mafiosi, di affermare le proprie posizioni, senza possibilità di intervento di sintesi da parte della redazione del giornale. Il punto 2) riguarda l'obbligo per le testate on line di pubblicare la rettifica entro due giorni ma è chiaro che si tratta di un termine troppo breve per accertare la verità. Il punto 3) concerne la competenza del giudice del luogo di residenza della persona offesa-il querelante-nel caso di presunta diffamazione effettuata tramite internet; 4) l'assenza di una normativa più rigorosa in grado di arginare il fenomeno crescente delle querele o azioni temerarie; quella attuale prevede solo che il giudice "può"condannare il querelante "al pagamento a favore del richiedente di una somma in via equitativa" che resta non specificata e che invece andrebbe comunque indicata. La norma non è sufficiente per una effettiva deterrenza delle querele temerarie. Invece ci sarebbe voluta una modifica più chiara ed esplicita che dicesse pressappoco così: "Se il danno derivante dalla pubblicazione deriva dal fatto che il soccombente ha agito con mala fede o colpa grave, il giudice condanna la parte soccombente, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni in misura sino all'50% della somma richiesta con l'azione."
5) Rimane immutata la norma di cui all'art. 596 c.p. che esclude formalmente la possibilità di dimostrare la verità del fatto attribuito alla persona offesa e che limita enormemente il ricorso a un giurì d'onore. Bisognereb be, invece, valutare meglio la possibilità di potenziare i poteri del giurì per favorire i poteri del giurì per favori re la composizione di contenziosi sia in ambito civile che penale.
6)Il direttore o vicedirettore responsabile può delegare le funzioni di controllo (e quindi ogni responsabilità giuridica) ad uno o più giornalisti professionisti, spesso costretti di fatto ad accettare condizioni di lavoro gravose. Ma questo muta un aspetto fondamentale dell'attuale organizzazione di un giornale e, in genere, di una testata e la responsabilità deve, invece, restare, per la chiarezza dei ruoli, delle responsabilità, degli oneri, a carico del direttore o del vicedirettore responsabile.
Per arrivare a un giudizio sintetico e complessivo è il caso di sottolineare che con l'attuale testo si sottopongono gli organi di stampa come le radio e le tv private e pubbliche a una condizioni di difesa difficile o addirittura impossibili di fronte a personaggi potenti della politica ,dell'economia o della televisione e non si evitano in nessun modo efficace le querele temerarie. In secondo luogo, la possibilità prevista di annullare addirittura l'esistenza di siti e testate che non abbiano adempiute nei tempi brevissimi stabiliti ad alcuni adempimenti richiesti dalla legge introduce, come è già stato scritto un "diritto all'oblio" che non è degno di un ordinamento moderno e democratico.

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