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lampada-lampadine-effdi Nicola Tranfaglia - 28 novembre 2014
Esiste, o potrebbe esistere un'alternativa ai populismi che hanno invaso il vecchio continente europeo? (A cominciare dall'Italia in cui i leader sembrano racchiudere in sé la dottrina e i comportamenti degli iscritti e fanno di tutto per sbarrare la strada ai loro prossimi concorrenti come se fossero la peste o il pericolo a cui sfuggire). La risposta di Podemos in Spagna, che ha scelto un celebre cantante come Pablo Iglesias, è interessante. Guardiamo ad un Paese come il nostro nel quale, nelle recentissime elezioni regionali in Calabria e in Emilia Romagna, il tasso di astensionismo degli elettori è stato molto alto e dove i partiti attuali sono caratterizzati da contrasti interni così forti da far pensare che le ragioni che tengono insieme iscritti e dirigenti siano in difficoltà di fronte alla sindrome oligarchica e del capo unico e supremo che sembra aver contagiato, senza distinzioni, destra e sinistra (come se facessero parte di una specie comune al di là delle idee diverse che, per fortuna, continuano più o meno a sostenere).

Nadia Urbinati, una collega che insegna-se non sbaglio-filosofia politica ha ricordato in un suo intervento su un quotidiano della capitale che Roberto Michels aveva sostenuto in un suo libro, agli inizi del Novecento, che i partiti politici difficilmente possono sfuggire a tendenze oligarchiche privilegiano pochi rispetto ai molti e alle masse e che si tratta di una direzione cui è quasi impossibile sfuggire. Ma occorre cercare di capire perché proprio oggi, nei nostri tempi, una simile tendenza si afferma in maniera cosi invincibile e inevitabile.
E allora occorre tirare in ballo non soltanto l'incapacità propria del nostro tempo di affrontare e risolvere alcuni dei problemi che incombono su di noi e ci impediscono di superare le angosce e le difficoltà che affliggono i più giovani ma anche molti anziani, chi ha difficoltà a combinare il pranzo con la cena ma anche chi non accetta le differenze che ci contraddistinguono da quelle sessuali a quelle di comportamento sociale e così via. Insomma se, nei partiti politici attuali, le tendenze oligarchiche hanno ampio spazio e prevale anzi, per molti aspetti, una tendenza molto forte al leaderismo ad ogni costo; se i criteri della rappresentanza devono fare sempre i conti nelle leggi elettorali con quelli della più facile governabilità e il mito dell'uguaglianza si profila sempre di più come una meta lontana, immensamente lontana e difficile da realizzare, c'è da stupirsi se una dottrina semplice e quasi elementare come quella di porre in un popolo genericamente inteso come buono e aperto la sovranità popolare e affidarsi a un leader che sostiene poche e semplici idee positive. A quanto pare no, se si constata- come chiunque può fare senza difficoltà - che all'interno dei partiti politici, come dei movimenti, le regole democratiche si fermano di fronte a quel che dice il capo e chi si oppone a questo sommario vangelo va incontro all'espulsione e all'emarginazione. Di qui la difficoltà di creare rapidamente un'alternativa ai populismi che hanno invaso la scena in Italia come in gran parte di Europa e del continente americano. Bisogna, io credo, capire bene le ragioni dell'involuzione e poi si potrà agire.

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