Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

fava-claudio-web7di Alessandra Ziniti - 2 settembre 2014
Il vicepresidente della commissione parlamentare antimafia commenta le affermazioni del superboss, in carcere dal 1993: "Siamo davanti a un cambio di fase, il lungo armistizio con lo Stato per Cosa Nostra non ha pagato"
"Di quello che dice non mi stupisce niente. Forse a stupire è solo il fatto che dopo vent'anni Riina decida di parlare. Perché non c'è dubbio che Totò Riina vuole far sapere quello che pensa. Se sapesse di essere intercettato o se volesse utilizzare il suo compagno d'aria per far uscire fuori dal carcere le sue parole non lo so ma non è che uno che è il capo di Cosa nostra e che non ha mai detto una parola comincia a parlare di tutto solo perché qualcuno, agente provocatore o meno, gli pone delle domande".

L'analisi di Claudio Fava, vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, è tranchant. Lui, anche come sceneggiatore del film "Il capo dei capi", la figura di Totò Riina la conosce bene.

A chi parla Riina?
"Sicuramente al suo mondo, ma forse anche a pezzi malati dello Stato che qualche segreto con i capi di Cosa nostra lo hanno condiviso. Io penso che cose che sono successe più di vent'anni fa, anche prima della stagione delle stragi noi non le sappiamo".

Riina è in carcere dal '93. Perché decide di parlare ora?
"Sicuramente non è una coincidenza. Proviamo a mettere insieme i fatti: e i fatti sono che Riina cambia il suo atteggiamento proprio mentre è cambiato il clima e all'interno di Cosa nostra sembra si sia avviato un dibattito sull'opportunità di cambiare strategia: se finirla con l'inabissamento e tornare a farsi sentire. Ora quello che bisogna capire è se queste parole di Riina si inseriscono in questo cambio di strategia o se lui, sapendo che fuori dalle carceri c'è in atto questo processo e avendo paura di poter essere emarginato, prova a cavalcarlo. Un modo per rivendicare lo status di capo, dicendo, per altro, cose abbastanza ovvie visto che gli obiettivi della sua ferocia, da ultimo Don Ciotti, sono quelli che continuano a rappresentare il fronte nemico. La confisca dei beni, l'insistenza sull'inefficacia della legislazione attuale sono cose che hanno tramortito i capi di Cosa nostra. Così come riaprire le indagini sulla trattativa Stato- mafia: significa riscrivere la storia degli ultimi vent'anni e chi ne è stato protagonista non ne ha certo interesse. Io credo che siamo ad un cambio di fase, questo lungo armistizio con lo Stato per Cosa nostra non ha pagato".

Il processo Trattativa ha già diviso il fronte dell'antimafia. Qual è la sua valutazione?
"Al di là di quello che potrà essere l'esito giudiziario, a me interessa la ricostruzione storica di una serie di fatti. Anche il processo Andreotti, che pure non portò alla condanna, ha accertato fatti di straordinaria gravità e fatto luce su una pagina di storia che non potrà essere archiviata".

Riina parla di tutto e di tutti. C'è il rischio che voglia confondere le acque?
"Al netto di sgrammaticature e confusione, il suo racconto è un racconto estremamente lucido di cui, ripeto, non mi stupisce nulla".

Tratto da: palermo.repubblica.it

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos