Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

renzi-consiglio-ministri-governodi Nicola Tranfaglia - 31 agosto 2014
Molto fumo e poco arrosto verrebbe istintivamente da dire di fronte all'ultimo Consiglio dei ministri che si è svolto il 29 agosto sotto la presidenza di Matteo Renzi, con la solita profusione di slide viola che fanno il piacere di chi si dedica alle vignette multicolori di qualche giornale bene illustrato. Ma, di fronte al fiume di parole che giornali e canali televisivi hanno dedicato, nei giorni scorsi, agli annunci della prossima - e ancora futuribile - riforma della giustizia in cui - per fortuna - è stata messa in cassa (ed è sicuramente un buon risultato) il capitolo sul processo civile che, a quanto pare, dovrebbe condurre ad eliminare un gigantesco arretrato accumulato negli ultimi decenni, proprio sul piano dei processi civili.
Oggi, come è noto, ci sono più di cinque milioni e duecentomila processi di cause da realizzare spingendo i cittadini fuori dal perimetro giudiziario dei tribunali in modo che le controversie ancora in atto siano decise da arbitrati privati presi da appositi elenchi predisposti dagli ordini degli avvocati. Un prezzo molto alto - senza dubbio alcuno - che si vuol giustificare con la necessità di dare una mano all'economia che di questi tempi è in grave difficoltà anche per il pessimo funzionamento della giustizia civile.

Quanto agli altri aspetti del progetto del governo sulla giustizia, le critiche arrivano da varie parti e non sospette di essere contrarie in via pregiudiziale alla linea del Partito democratico o di un centro sinistra limpido e degno delle idee fedeli al dettato costituzionale a cui afferma di volersi ispirare.
Mi riferisco, in particolare, a due personalità che, per ragioni diverse, sono di sicuro non lontane dalle idee di fondo di progetti fedeli alla Costituzione repubblicana del 1948 come alle testimonianze straordinarie date negli anni scorsi dai magistrati che hanno sacrificato la loro vita (da Falcone a Borsellino, per limitarmi a due nomi soltanto) in difesa della Costituzione e della lotta contro il fenomeno mafioso.
Così si resta perplessi di fronte all'articolo scritto da ieri dall'ex procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli che ri corda, ad esempio, che le nuove regole concordate dal ministro Orlando con l'NCD non sono soddisfacenti, perché se il processo dovesse estinguersi nel caso che l'appello non finisse entro due anni (dopo la condanna di primo grado che ha interrotto la prescrizione) potrebbero aversi abnormi cancellazioni di responsabilità, come ha sostenuto il professor Giancarlo Grosso su La stampa di Torino. Caselli ricorda ancora che ridurre la complessità del problema alla facile battuta "chi sbaglia, paga" significa commettere uno sbaglio da matita blu, perché si oscura il problema fondamentale della distinzione tra l'errore inescusabile (patologico) e la fisiologica possibilità di valutazioni difformi tra i diversi gradi di giudizio che caratterizzano il nostro ordinamento. Le novità riguardano l'agenzia antimafia, le confische e l'amministrazione dei beni sottratte alle mafie e appaiono decisamente importanti per un efficace contrasto alla criminalità su sempre più decisivo piano economico. Infine la previsione, in sé positiva dell'auto riciclaggio come reato si presta all'obiezione formulata da Galimberti sul Sole 24 ore: nel senso che il presupposto dell'"ulteriore vantaggio in attività imprenditoriali e finanziarie, avrebbe il singolare effetto di escludere la punibilità - ad esempio - in caso di utilizzazione del "nero" fiscale per comprarsi una casa principesca o per trasferire i soldi su un conto estero."
Se queste sono le critiche - nero su bianco - che un magistrato che è successo nel 1992 a Falcone e a Borsellino alla procura di Palermo, anche un altro magistrato come Raffaele Cantone, ora alla guida dell'Autorità nazionale contro la Corruzione si lamenta oggi, su un grande quotidiano della capitale, perché, pur soddisfatto per il decreto sugli appalti, critica la non estensione delle intercettazioni così come sono oggi previste nei processi di mafia ai processi per fatti di corruzione e spera che il parlamento provveda a questo errore.
Insomma, il cammino della riforma sulla giustizia, come chi scrive aveva già messo in luce in precedenti articoli, è tutt'altro che spianato prima delle discussioni parlamentari e vedremo, alla ripresa dei lavori, che cosa effettivamente succederà.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos