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strage-via-damelio-big3di Nicola Tranfaglia - 19 luglio 2014
Ventidue anni fa nel pomeriggio di una calda giornata di luglio ebbe luogo la strage in via Mariano D'Amelio (che era stato, guarda il caso ai suoi tempi il presidente della Corte di Cassazione nell' Italia precedente alla dittatura fascista) a Palermo nella quale il giudice Borsellino con il capo scorta Agostino Catalano e gli agenti Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e prima agente della Polizia di Stato a cadere in servizio),Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
L'unico sopravvissuto fu l'agente Antonino Vullo, risvegliatosi in ospedale dopo l'esplosione in gravi condizioni. Nonostante il giudice fosse al corrente che un carico di esplosivo era arrivato a Palermo per essere utilizzato contro di lui, non è stata ricostruita fino ad oggi l'organizzazione della strage. L'agenda che il giudice portava sempre con sé e con la copertina rossa non è mai stata ritrovata. Il magistrato quella domenica si era recato a far visita alla madre e fu realizzata per mezzo di una bomba radiocomandata a distanza a bordo di una Fiat 126 rubata che conteneva cento chili di tritolo. Si parlò subito dopo da parte dei testimoni di "decine di auto distrutte dalle fiamme, di altre che continuavano a bruciare, di proiettili che a causa del calore esplodono da soli, di gente che urla chiedendo aiuto nonché di alcuni corpi orrendamente dilaniati". L'esplosione causò inoltre danni gravissimi agli edifici ed esercizi commerciali della via che ricaddero sugli abitanti.

Non è possibile raccontare nello spazio di un breve articolo i tre processi sulla morte di Paolo Borsellino che si sono svolti nel 1994, nel 1996, nel 1998 e hanno preceduto il cosiddetto Borsellino Quattro che si è aperto il 22 marzo 2013 a Caltanissetta dopo la confessione e la decisione di collaborare nel 2008 con gli inquirenti del mafioso della cosca Brancaccio-Ciaculli, Gaspare Spatuzza, che ha smentito il "balordo" della Guadagna Vincenzo Scarantino che aveva detto di aver rubato lui la 126 e organizzato la strage e ricostruito il ruolo centrale che la cosca palermitana attraverso il boss Giuseppe Graviano ha avuto nella organizzazione, come nell'esecuzione di quell'eccidio. Dinanzi alla Corte d'Assise di Caltanissetta compari
ranno come imputati Vittorio Tutino, Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta, Calogero Pulci e il boss Salvatore Madonia, Madonia e Tutino sono accusati di aver assunto un ruolo importante nella preparazione della strage mentre gli ex pentiti Pulci, Andriotta e Scarantino sono incriminati per calunnia aggravata.
Nel 2007 la procura della repubblica di Caltanissetta ha aperto un'indagine per scoprire se persone legate ai servizi di sicurezza civili dello Stato (il SISDE) possano aver ricoperto un ruolo della strage. E c'è stata un'aspra polemica tra l'ex ministro Nicola Mancino, oggi accusato nel processo palermitano sulla trattativa ,tuttora in corso, di falsa testimonianza, e il fratello del giudice ucciso Salvatore Borsellino che ricorda che il fratello gli disse di aver incontrato il ministro a Roma qualche giorno prima della strage mentre l'ex ministro lo nega ancora oggi.
Il fatto è che, dopo più di vent'anni, non sappiamo ancora, perché il giudice è stato assassinato con così grande dispendio di esplosivo e di mezzi e chi sono stati i mandanti se il suo assassinio è stato compiuto da Cosa Nostra per punirlo della sua battaglia contro l'associazione mafiosa o se altre persone o gruppi o pezzi di istituzione avessero deciso di eliminarlo o ancora-ed è questa finora l'ipotesi per molti aspetti più attendibile o comunque da approfondire-era in corso una trattativa tra Cosa Nostra e parte della classe politica e dirigente italiana e Borsellino si era messo di traverso a questa ipotesi.
Questo è quello, per far soltanto un ultimo esempio, che sostiene il bel libro dell'avvocato di mafia Rosalba Di Gregorio e della giornalista Dina Lauricella che è appena uscito presso l'editore Castelvecchi ("Dalla parte sbagliata. La morte di Paolo Borsellino e i depistaggi di via d'Amelio") e che lega strettamente l'eccidio a una trattativa in corso tra Cosa Nostra e lo Stato. E' la medesima tesi che sostengono oggi molti amici che oggi sfilano a Palermo per ricordare il giudice ucciso, uno dei grandi simboli ormai, con l'amico Giovanni Falcone,di quella guerra che, dopo più di un secolo, non riusciamo a vincere o forse abbiamo già perduto.

ANTIMAFIADuemila
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